Allorchè i Fortis, i Bertola, i Torcia, i Codronchi e gli
altri dotti viaggiatori sul declinare del passato secolo XVIII.
visitavano Teramo, rimanevano sorpresi dallo stato di coltura, in
cui vi rinvenivano le scienze e le lettere. È fama che reduce
l'ultimo dagli Apruzzi in Napoli, e dal Re Ferdinando interrogato
cosa in queste provincie avesse osservato, rispondesse di aver
trovata Chieti ricca, Aquila
bella, Teramo dotta:
e si vuole che il primo ministro Acton chiamasse Teramo l'Atene
del Regno. Qualora di fatti ci ricorderemo delle già copiose
librerie, delle tre collezioni numismatiche, raccoglieremo sotto
un solo punto di vista gli uomini illustri sparsi nei diversi
paragrafi della presente biografia, appartenuti all'indicato
tempo, e ad essi aggiungeremo parecchi altri quì non compresi per
non aver eglino curato di rendere di pubblica ragione veruna
testimonianza del loro sapere, segnatamente Giuseppantonio
Pompetti valoroso poeta e giureconsulto dottissimo, defonto in
età di 80. anni a' 6.
Aprile 1807: e D.
Giacinto Tullj arcidiacono
Aprutino, che a' 20. Marzo 1815.
consumò la vita di 73. anni
nel leggere e ruminare; saremo convinti essere stato allora che le
scienze e le lettere comparvero fra noi nel massimo splendore.
Sembra che abbia ad ascriversi la primiera cagione di ciò
alla saggia risoluzione del sig. Berardo Delfico d'inviare i suoi
tre figli Giambernardino,
Gianfilippo e Melchiorre
(6) a compiere gli studj in
Napoli, sotto la vigilanza di D. Mosè Monti di Torricella lor
primo istitutore; poichè ripatriando tutti e tre ricchi di
cognizioni, divennero incoraggiamento e stimolo a' concittadini.
Ecco come lo straniero misterioso filosofo, di cui si fe' cenno
nel cap. XCVII. sotto il finto nome di Ambrogio
Fiorini
(7)
nel
1794. descrisse i progressi delle lettere e delle scienze in
Teramo nell'opuscolo intitolato Notizie spettanti all'elogio di Giovanfilippo Delfico, senza
indicazione del luogo della stampa: «Dapprima si eccitarono gli
animi colla Poesia, indi si destò un affetto più esteso per le
belle Lettere, poscia per la Storia, per l'Antiquaria, per la
Musica, per lo Disegno, e per tutto ciò che ordinariamente
comprendesi sotto i nomi di buon senso e di buon gusto...
Finalmente colà omai non mancano nè chiari Psicologi e Giuristi,
nè valenti Chimici e Matematici, nè Politici ben noti a tutta
l'Europa. E quasi tutto ciò da loro si è ottenuto
vicendevolmente rinfrancandosi, soccorrendosi, prestando libri,
non di rado supplendo con incredibili fatiche al difetto di
maestri, e sempre mai proponendosi il sapere per unico premio al
sapere».
Gianfilippo, nato in Teramo nel dì 10. Gennajo 1743.
avrebbe potuto percorrere lo stadio delle cariche e degli onori,
anche per l'estensione de' suoi lumi in giurisprudenza: fermo però
nel proposito di menar vita privata, compiuto appena il corso
degli studj, fe' dalla capitale ritorno alla patria. Quindi a lui
il sedicente Fiorini applicò
quei versi di Orazio: Virtus
repulsae nescia sordidae -
Intaminatis fulget honoribus -
Nec sumit, aut ponit secures -
Arbitrio popularis aurae
(A). Tuttavia le cognizioni
di giurisprudenza non andarono nel Delfico perdute, tenendolo
cittadini e contadini come magistrato di pace ed arbitro nei
litigi. «Con quella sua gravità, dolcezza e pazienza sembrava
nato per isvolgere le loro quistioni... Possedeva la grand'arte di
dar loro il torto in guisa che si arrendessero, e di dare la
ragione senza che inferocissero». In tal modo ei rendevasi utile
alle famiglie; mentre quanti beni pubblici avesse nella città
nostra promossi, si vide già in più luoghi del cap. XCVI: ove
pur si accennò di essere stato Gianfilippo trascelto presidente
della società, oggi appellata economica,
eretta nel 1789. Da quell'epoca voltosi esclusivamente alle
scienze, scrisse ben molto per adempiere al suo incarico: un sodo discorso
nella solenne apertura della novella società, un prospetto degli oggetti, cui essa dovea dirigere le attenzioni,
l'agricoltura cioè, le arti ed il commercio: ed altrettante memorie
quante furono le tornate. Ci duole che la stampa abbia
conservata soltanto la Memoria per la conservazione e riproduzione de' boschi nella Provincia
di Teramo letta nell'adunanza di Agosto 1792. nè sarebbesi
conservata, se il Comi non l'avesse inserita nel vol. 6. art. 1.
del giornale scientifico. Niun altro monumento del valor suo a noi
rimane, tranne le Riflessioni
sulle tavole di Eraclea, comprese dal marchese Grimaldi negli
annali del Regno (to. 3. epo. I.). Ivi costui lo dichiarò molto
versato negli studj profondi della scienza economica, ch'egli sa
condire con belle ed eleganti cognizioni dell'erudizione antica e
moderna: elogio breve ma di peso, come quello che uscì dalla
penna di un Grimaldi. Avverte il nominato Fiorini che Gianfilippo
avea scritto intorno agli Stucchi, o sia alla servitù
del pascolo, giudicata intoppo ai progressi dell'agricoltura: ma
che poscia si era determinato ad animar più tosto «il suo minor
fratello Melchiorre onde
trattasse il soggetto medesimo, ed indagasse que' nuovi lumi e
quelle nuove ragioni che poi questi à prodotte per lo vero bene
del Pubblico e del Regnante, e che dalla sovrana sapienza sono
state sì graziosamente accolte». Prosiegue a narrare che nel
1791. avea Gianfilippo dato grave tracollo alle affievolite sue
forze, visitando le montagne, affine di trattare con conoscenze
sicure il mentovato argomento concernente i boschi: che in
Settembre 1792. il bisogno di riposo lo indusse a rivedere per
pochi dì il casino di Montesilvano: ma che quivi colto da morbo,
incontanente si rimise in viaggio, e sbattuto da replicate sincopi
potè giungere a pena in Notaresco, ove morte il rapì nel dì 21.
dello stesso mese. «Il suo temperamento era quello dei grandi
ingegni, cioè il colerico: la corporatura era scarna, la statura
giusta, l'andamento dritto, nobile e disinvolto, la carnagione
delicata, la faccia lunga, bianco-pallida, offesa ma non
difformata dal vajuolo, gli occhi azzurri ed ampia la fronte.
Serio di aspetto e melanconico anzi che no, pur fra gli amici
senza correre, come altri suole, all'opposto estremo, riusciva ad
uopo e tempo amenissimo e gioviale. Non era un di coloro che si
arrogano il dritto di dare il tuono alle conversazioni: non
cercava nè sfuggiva i rincontri di dotto trattenimento: e senza
vaghezza di essere nè primo nè ultimo a parlare, sosteneva
mirabilmente il suo carattere, del pari scostandosi e da quelli
che affettano saccenterìa e da quelli che peccano di troppo
spirito... Soleva dire che si dee fare il bene a chi ne vuole, ed
a chi non ne vuole»
(8).
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