Il termine
"araldica" trova la sua origine dalla pratica degli araldi (nel medioevo,
ufficiali della corte reale o feudale o del comune, incaricati di rendere
pubbliche le decisioni e le leggi del signore o delle autorità comunali e sim.) di controllare, prima dei tornei, la conformità delle armi e delle
insegne dei partecipanti.
Nasce
così lo stemma, fregio di famiglie titolate, realizzato assemblando elementi
essenziali quali lo scudo e le figure, la corona, il cimiero, l'elmo, il
cercine, il manto, gli svolazzi ed altri ornamenti.
Il
segno distintivo dello stemma rimane, tuttavia, la corona, la quale per prima
indica il titolo nobiliare del casato che la espone. Si useranno, pertanto,
corone d'oro formate da un cerchio brunito o rabescato, gemmato, cordonato ai
margini e sostenente le insegne del titolo o dignità.
Gli
stemmi appartenenti al casato De Filippis Delfico sono sormontati da due
corone differenti:
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corona cimata da quattro fioroni d'oro (tre visibili) alternati da dodici
perle disposte tre a tre in quattro gruppi piramidali (due visibili). Tale
aspetto equivale alla corona di Marchese (stemma Delfico).
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Stemma
famiglia Delfico |
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corona cimata da sedici perle (nove visibili) sostenute (fig.a sx) o meno (fig a
dx) da punte, corrispondente al titolo di Conte (stemmi De
Filippis Delfico, De Filippis). |
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Stemma famiglia De
Filippis Delfico |
Stemma famiglia De
Filippis (Palazzo
Delfico,
Teramo) |
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Per
entrambe esistono ulteriori fogge tollerate, riportate qui di seguito:
Tollerate
di marchese:
Tollerate di conte:
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Fig.5
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Fig.6
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Fig.7
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Fig.8
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Fig.9
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La Costituzione della
Repubblica non ha abolito o soppresso i titoli nobiliari, li ha semplicemente
disconosciuti: non pone, infatti, alcun divieto all'uso pubblico o privato da
parte di chi ne sia investito; diversamente accade per i pubblici ufficiali, i
quali hanno il dovere di omettere ogni indicazione del titolo nobiliare negli
atti da essi formati.
Nessun organo statale, dunque, sia amministrativo sia giudiziario, potrà
ulteriormente attribuire ufficialmente titoli nobiliari, né gli aventi diritto
avranno "la facoltà di esperire un'azione giudiziaria diretta, in via
principale, ad ottenere una sentenza accertativa della spettanza di un titolo
nobiliare".
Così
precisato dagli articoli 6, 7 e 8 del Codice Civile: tutela del diritto al nome
anche sotto il profilo dell'affermazione della propria identità storica
familiare: "il cognome indica l'appartenenza di un individuo ad un
determinato gruppo familiare; nel nostro ordinamento repubblicano non trova
tutela alcuna l'interesse a vedersi riconosciuta l'appartenenza attraverso la
famiglia, ad una determinata classe o casta sociale, o un determinato attributo
nobiliare, ma si giustifica invece la tutela del nome completo, servendo questo
ad individuare uno specifico gruppo familiare che può avere tradizioni
storicamente e socialmente rilevanti".
Così già
nel 1915 la Suprema Corte: "Secondo il significato che gli storici
attribuiscono alla parola cognome, deve intendersi per esso quel nome dopo il
proprio che è comune alla discendenza, ma, dove diversi siano i rami nei quali
un'antica famiglia si sia frazionata, è naturale che gli appartenenti ai
medesimi sentano il bisogno di meglio distinguere le loro nuove rispettive
formazioni con appellativi speciali (...). Per questo si trova nei migliori
lessici italiani attribuito alla parola cognome anche il significato di titolo
d'onore col quale altri sia cognominato. E, se così è - per cognome deve
intendersi non la sola denominazione comune di varie famiglie discendenti da un
medesimo stipite, ma l'indicazione specifica destinata a farle meglio
distinguere l'una dall'altra - non si potrà sul serio contestare che anche il
titolo nobiliare sia un elemento interessante l'efficienza del cognome".
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