Il fondo privato della famiglia Delfico, poi De Filippis Delfico,
conservato presso l’Archivio di Stato di Teramo, è un vero e proprio
scrigno che contiene un prezioso patrimonio documentario compreso tra la
metà del XVI e la fine del XIX secolo e della cui importanza e valore si
è già scritto in diversi ambiti e occasioni.
Con il seguente contributo si vuole invece dare rilievo ad alcune
singolari "testimonianze" emerse dall’esame di diversi registri di
amministrazione e contabilità redatti, con certosina precisione tra il
1825 e il 1846, da Gregorio de Filippis marito di Marina Delfico. Sono
dei veri e propri diari dai quali emergono informazioni sulla vita della
famiglia e dei rapporti con la moglie e i figli e sulle loro quotidiane
attività, sui viaggi intrapresi, sugli interessi e gli impegni culturali
e politici.
Ebbene, tra queste infinite annotazioni di spese e appuntamenti si
trovano anche delle "ricette" e dei "rimedi", che si riportano di
seguito trascritti, quali testimonianze degli usi e delle abitudini del
tempo.
Surrogato di the
"Si può surrogare il the prendendo un pugno di gusci di mandorle si
pestano un poco, si fanno bollire per mezzora, poi si filtra a traverso
d’una tela di lino sottile. Questa bibita sana e balsamica ha un gusto
soavissimo di vaniglia".
Sciroppo di vino
"Si pesano due libre di zuccaro bianco purissimo, ed una libra di
buon vino di Bordeaux, si frantuma lo zuccaro in minuti pezzi, lo
s’introduce in una bottiglia di vetro sottile, vi si aggiunge il vino,
che deve essere primieramente filtrato in un imbuto coperto, si chiude
il collo della bottiglia con pergamena, in cui si fanno con uno spillo
minutissimi fori, e si fa riscaldare. Allorché lo zuccaro è squagliato,
lo sciroppo è confezionato; si leva la bottiglia dal fuoco, si lascia
raffreddare, si passa da una stamigna (1), e lo si conserva in
bottiglia pulitissima, per servirsene a due cucchiai per volta dentro
l’acqua".
Aceto
"Si ponga un pezzo di legno di tasso (2) nel vino, e ben
presto questo liquore sarà convertito in aceto".
Racahout (3)
"Prendosi fiore di farina d’avena lib.1 – Cioccolate lib.1 – Zuccaro
alla vaniglia lib.1. Facciasi una esatta mescolanza, si passi una o due
volte allo staccio, e tengasi questa polvere su una boccetta chiusa
ermeticamente. Si fa cuocere al fuoco, sciogliendola prima nell’acqua,
dimenando sempre sino a che bollirà; aggiungasi un pizzico di sale
bianco prima di ritirarla dal fuoco – altra – polvere bianca di patate
mezza libra – Fiore fino di frumento mezza libra – Cioccolate lib.1 –
Zuccaro polverizzato un quarto – Cannella in polvere 10 a 20 grani. Si
mescoli ecc."
"Si prenda un pugno di gusci di mandorle dure ben frantumati, fateli
bollire nell’acqua per una buona mezzora, ed in quest’acqua filtrata con
tela sottile stemperate un cucchiaio di fecola di patate, aggiungete del
latte e dello zuccaro; fate bollire un momento, e troverete in questa
preparazione il sapore e le qualità del racaou".
Pel dolore di denti
"Si mescolano once sedici di spirito di vino a 40 con altrettanto di
sugo di fiori di crescione di Para (4) (Spilanthus oleracea)e si
filtra per carta: si mescolano poi al liquore filtrato once 2 di carbone
animale (5) e si lascia agire per 2 giorni, avendo cura di
agitare spesse volte. Questa tintura è meno amara di quella che è
direttamente preparata con i fiori, ed è perciò preferibile. Volendo
servirsene si fa inzuppare un pizzico d’esca con preparata la quale
s’applica sul dente afflitto."
Pel dolore di denti cariati
"Acetato di piombo (6), solfato di zinco (7), 20 grani di ciascuno –
tintura d’oppio (8) mezzo grosso. Si triti ben bene per formarne una
pasta della quale si mette una quantità eguale a due volte la grossezza
d’una spilla sopra un piccolo pezzo di cotone che introducesi nel dente rennovandolo due volte in 24 ore."
Per togliere le macchie
"In moltissimi casi basta per far iscomparire le macchie d’imbeverle
colla saliva essendo a digiuno. L’essenza di trementina che si vende da
farmacisti è anche d’un uso generale; ma specialmente s’adopra per le
macchie di grasso. L’essenza di sapone può anche bastare per togliere la
maggior parte delle macchie, ed anche per lavare varie parti di
vestiario e renderle come nuove: esso si prepara con un litro di spirito
di vino di 30 gradi, once 10 di sapone bianco tagliato a minutissimi
pezzi, e due once di potassa (9); il tutto bene mescolato insieme
coll’aiuto d’un moderato calore d’un fuoco pur moderato. Si lascia
riposare, si chiarifica, si filtra e si conserva: = Si umetta
leggermente la macchia con questa essenza, la si ricopre quindi con la
terra argillosa, detta da’ droghieri terre smanie (10) ecc. si frega
leggermente col dito; si lascia seccare e si spazzola. Se la macchia
ricomparisce, si rinnova l’operazione. Quando poi le macchie sono
tenacissime, come quelle di olio cotto, non si possono togliere che
rammollendole ad un foco leggero, nel tempo stesso che si applicano le
materie atte a farle scomparire" = "Le macchie di vino, di caffè, cioccolatte,
more, ciliegie, liquori ecc. se non se ne vanno con una buona
insaponatura si lavano con acqua di favelle (?), o con acqua nella quale
si è posto dell’acido solforico (11). Si può far uso
semplicemente del vapore di zolfo (12): si bagna la macchia e si espone a questo
vapore. La macchia di ruggine nera si toglie ricoprendo la macchia con cremor
di tartaro (13), ridotto in finissima polvere, quindi si bagna,
si lascia agire per qualche tempo questa polvere umida, dopo di che se
frega con la massima cura. Quando la rugine è fortissima e color rosso
si adopera l’acido d’acetosella (14), tratto dall’acetosella e dallo zuccaro.
Le macchie d’aceto e d’altri acidi deboli, si tolgono bagnandole
coll’ammoniaca, o alcali volatile (15)".
Modo di nettare i guanti di color chiaro
"Allorché i guanti sono succidi mettonsi sopra una mano di legno che
le tenga esattamente tesi, o sulla propria mano e poscia prendasi una
piccola spugna, ed inzuppatola di latte tiepido, e stropicciatola poi
sul sapone bianco, si fa scorrere sulla superficie de’ guanti con
diligenza ed in fretta; si stropiccia quando è umido ancora con un
pannolino morbido senza premere molto. Vuolsi per mente di non bagnar
troppo il guanto, perciocché diverrebbe molle ecc.". |