Dalla neurofisiologia allo studio della filosofia
intellettuale |
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di Eleonora Gabriele |
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L’age des lumieres è
anche rivoluzione scientifica che affonda le proprie radici nel seicento
e procede, magnis itineribus, per tutto il settecento con un continuo
fiorire di ricerche, sperimentazioni ed invenzioni che determineranno il
destino delle conoscenze e delle potenzialità scientifiche dei secoli a
venire. Dall’elaborazione del metodo sperimentale di Galileo con la
conferma della teoria eliocentrica, alla formulazione della legge di
gravitazione universale di Newton, ai francesi Cartesio e Pascal, i
tedeschi Keplero e Leibniz, all’italiano Torricelli, che con la
dimostrazione dell’esistenza del vuoto, pose fine alle discussioni
filosofiche sull’horror vacui e lavorò alla riscoperta del
rinascimento delle teorie di Archimede, il progresso conoscitivo
più consistente è, senza ombra di dubbio, di matrice illuminista. Anche
la Medicina conquista traguardi d’importanza fondamentale; tra tutti
corre l’obbligo di ricordare le sperimentazioni dell’inglese Jenner con
l’introduzione del vaccino contro il vaiolo. In un contesto così ricco
di fermento intellettivo, il nostro Delfico, vero rappresentante in
Italia del secolo dei Lumi, secondo Eugenio Garin (filosofo e
storico italiano), oltre a rivolgere la sua attenzione verso ciò che
maggiormente ha caratterizzato il suo operato in veste di politico,
filosofo ed economista, propone (1) un approccio innovativo alle teorie
medico-scientiche dell’epoca ed una sostanzialmente inedita visione
della indissociabilità tra corpo e mente incentrata sullo studio di una
primordiale neurofisiologia, dalla quale prenderanno le mosse tutte le
conquiste conoscitive successive in materia (corre l’obbligo di
ricordare le splendide tavole anatomiche dell’incisore Bernard
all’interno dell’Encyclopedie di Diderot e D’Alembert).
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Encyclopédie (1751-1767) di Diderot
e D'Alembert. Tav. XI "Visione anteriore del corpo umano spellato". Dal
ciclo Anatomia (incisore Bénard). |
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Egli incentra, comprensibilmente, le proprie riflessioni
sulla ragione, questa distinta proprietà della specie umana,
che nei suoi gradi di perfezionamento fa il maggior distintivo
degl’individui, ed afferma che, benché dietro
l’autorità d’illustri nomi fosse già molto estesa la dottrina
che le cognizioni tutte siano un processo della sensibilità, e
che per mezzo dell’intiero sistema nervoso ci facciamo strada
nell’intendimento, questa verità fondamentale non fu
generalmente compresa ed accettata, con grandissimo danno
de’progressi della ragione. Con questa affermazione, il
Delfico sembra riferirsi alle indicazioni di filosofi come Locke
e Condillac, i quali, sebbene avessero intuito l’importanza
della sensibilità quale elemento non secondario della conoscenza
(teorici del sensismo), conservavano un posto di
prim’ordine all’anima, descritta come luogo originario di ogni
attività dell’uomo. L’intuizione della genesi neuromediata
del pensiero è, per converso, parte integrante degli studi del
medico, fisiologo e filosofo francese Cabanis, il quale, insieme
a Destutt de Tracy, aderì alla Società des Observateurs de
l’homme, alla quale il Delfico non partecipò effettivamente, ma
ne fu un convinto sostenitore (testimonianza ne sia il carteggio
tra Melchiorre Delfico e Destutt de Tracy del quale si riporta
uno stralcio).
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Destutt de Tracy a
Melchiorre Delfico, 23 settembre 1816 |
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Destutt de Tracy a
Melchiorre Delfico, 23 settembre 1816 |
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Lo dimostrano gli scritti in materia che costantemente riportano
all’importanza dello studio del sistema nervoso per la comprensione del
pensiero. Egli afferma, infatti, che: "…or se il più prezioso
fenomeno della vita umana è il pensiere, e lo studio della fisiologia è
quello che ne fa conoscere i primi elementi, e fino a un certo punto si
conduce a vedere come esso nasca in noi, come si elevi, si estenda e
diffonda su tutti gli oggetti, coi quali siamo in correlazione, ciò
prova visibilmente l’importanza della cosa, anzi la necessità di
dirigervi la più energica attenzione". Il Delfico non manca di
sottolineare come anche l’Antropologia non possa prescindere dallo
studio delle meravigliose funzioni per comprendere il processo
di graduale civilizzamento, nel quale, se compariscono le tracce
dell’antico stato, si travedono pure ben fondate le speranze di una
possibile migliore esistenza. Risulta, inoltre, estremamente
interessante ed innovativo il suggerimento per il quale appare
necessario uscire dal retaggio oscurantista del passato al fine di
proiettarsi verso un’epoca positivista in grado di scuotere gli animi e
garantire i necessari progressi: "…ciascun infatti conosce che se da
più di un secolo possiamo essere lieti nel vederci liberi dalla
schiavitù delle sette, le quali sotto le insegne dell’ignoranza e del
pregiudizio facevano eterna guerra alla verità, pure l’Europa è ben
lontana ancora dal vedere combinate le opinioni in modo da elevarsi a
quelle unità di principj, che il culto di tal Diva assolutamente
richiede". Pertanto: "…se dai sensi le sensazioni
derivano e ne sorgono le idee, è ben giusto il prevedere, che le
sistematiche dissensioni a poco a poco si andranno dileguando, secondo
che avanzeranno le cognizioni positive, le quali furono sempre le
foriere della ragione". Nell’ottocento, infatti, le conoscenze
anatomiche tradizionali si embricheranno con gli straordinari sviluppi
dell’istologia che culmineranno nella formulazione della cosiddetta "teoria
del neurone" e del "sensorium commune", entrambe primordi
delle conoscenze sulla natura dell’impulso nervoso. Primo tra tutti,
Galvani, già nel secolo dei lumi, superò la dottrina della "vis
nervosa", intuendo che l’impulso nervoso è un fenomeno di natura
elettrica e fondando le basi per gli studi di Matteucci, il quale giunse
a dimostrare l’esistenza di un flusso di corrente elettrica e,
conseguentemente, di una “differenza di potenziale”, nonchè il
fondamentale concetto del “potenziale d’azione”. Altrettanto rilevanti
risultano le intuizioni di Gall, la cui fama è legata soprattutto alla
sua teoria delle funzioni cerebrali. Egli, traendo spunto
dall’organologia di Bonnet e dalla fisionomica di Lavater, suddivise la
corteccia del cervello e cervelletto in tanti territori differenti e
interpretò ogni area corticale come organo distinto. Il Delfico,
intuendo l’importanza di tutto ciò che di lì a poco sarebbe scaturito in
maniera inarrestabile, ribadisce che: "…è ben da sperare perciò che
la Fisiologia giunga presto a conoscere completamente tutta la serie
de’fatti e de’rapporti che costituiscono la vita, che fanno nascere la
ragione e ci possono guidare alla virtù; poiché così la specie umana
potrà facilmente rientrare nel sentiero della perfezione, e liberandosi
a poco a poco dagli effetti degli antichi falli e delle successive
aberrazioni, corra lieta la strada della sua destinazione...onde
ottenere il finale intento di mens sana in corpore sano, e soddisfare
pienamente alle condizioni della creazione. Tutto è da sperarsi dai
travagli vostri e di tanti illustri Colleghi sparsi sulla superficie
dell’Europa con quella distinta marca d’onore che vi dichiara Ministri e
Sacerdoti di Sofia". Il Delfico chiude le sue riflessioni a
riguardo con un appello accorato agli scienziati, agli studiosi, ma
soprattutto ai politici dell’epoca, perché investano risorse ed impegno
nel processo riformatore tutto, che consenta un concreto sviluppo
culturale, sociale ed antropologico al fine di raggiungere quel grado di
civilizzazione degno della Creazione.
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