Le provincie in Abruzzo, occupate dagli Appennini e dalla loro numerosa
famiglia fino alla spiaggia dell’Adriatico, non presentano allo sguardo
vaghezze di aspetto, e fertilità di suolo; non facilità di comunicazioni
commerciali e civili, non ricchezze spontanee della natura; ma in tali
poco felici circostanze, le pregevoli qualità degli abitatori le rendono
degne di qualche particolare sguardo, onde migliorare la loro condizione
nelle stesse circostanze in cui furono collocate dalla provvidenza. E
poiché ognuno dev’essere persuaso, che non sono ignote quelle teorie,
dalle quali la scienza delle pubbliche cose trasse i principj
fondamentali della politica economia, e delle grandi operazioni della
medesima; sarebbe inutile ed importuno il riportar ad esame le tante
quistioni fatte su l’uso delle famiglie in materie di finanze, poiché
ciascuno intende, che non le massime generali o i principj assoluti, ma
le condizioni delle circostanze di luogo, di tempo, di persone possono
influire sul bene o il male della cosa immaginata.
Ma, le cognizioni particolari a tal uopo necessarie, non potendo essere
facilmente presenti a coloro che non hanno fatto particolari
osservazioni sopra un qualche oggetto, sarà bene discorrere a fare
aperto, e chiaro lo stato delle cose. I naturali progressi del
civilizzamento de’ popoli fece presto provar loro nuovi bisogni, a
soddisfare i quali o si negava il proprio suolo, o non era sufficiente
la loro industria. Fu d’uopo perciò rivolgersi altrove; quindi
successivamente la necessità de’ mercati, degli Emporj,
delle Fiere, dove riuscire facile il provvedersene.
Or in tutto l’esteso litorale di queste provincie benché abbondino tali
stabilimenti, non sono però in grado di soddisfare tutti i bisogni. In
tale stato di cose, non essendovi in tutta questa parte d’Italia altro
grande Emporio o fiera franca che quello di Sinigaglia nello stato della
Chiesa, stabilito da secoli; esso attrae di necessità il concorso di
tutti i negozianti, mercadanti, e molti proprietarj ancora delle nostre
provincie, benché la fiera sia sul colmo della stagione estiva, ed il
luogo di aria sospetta, se non malsana.
Tanto basta, per comprendere, quanto debba esser dannosa per questi
popoli non meno che pel Reale Erario, questa annuale emigrazione, la
quale sotto l’apparenza di funzioni commerciali depaupera queste
provincie; dove n’è tanto scarsa la circolazione. Comprendo, che se si
trattasse di generi o di merci esotiche, solamente, all’Europa, o di
qualche paese privilegiato, l’uscita del numerario potrebb’essere presso
a poco la stessa; ma il trasportarsi da luogo assai lontano dalla
patria, e far i trasporti delle persone e delle merci o per terra, o per
mare, e ciò sopra legni stranieri, e tutte le spese che porta seco il
non breve soggiorno in tali luoghi, dove il concorso rende caro il
mantenimento; e le seduzioni a spendere oltre il bisogno sono di tante
sorte; si riconoscerà manifestamente, che la straregnazione del
numerario debba esser maggiore assai di quella occorrente per i generi,
per i quali colà sono spinti i compratori. Dal che ne siegue, che tanto
per questi, quanto per gli altri generi, il prezzo di rivendita debba
essere più grave, accrescendosi sul prezzo naturale tutte le altre
spese, le quali del resto possono essere maggiori o minori in tutto,
riguardo alle particolari circostanze locali. Ma se questo aumento si
verifica pei negoziati di prima e seconda mano, molto più sarà manifesto
in quello de’ rivenditori, e quindi assai più caro ai compratori.
Or se questo semplice prospetto mostra abbastanza, quanto e quale sia il
danno che deriva da un Emporio lontano e fuori del proprio stato, che
diremo al conoscere, che in seguito di quello di Sinigaglia, vi sono
altre due fiere simili più prossime al regno, le quali finiscono di
attrarre qualche ducato residuale dalle borse de’ poveri vicini? Tali
sono le fiere della città di Fermo, e di quella di Ascoli, tanto a noi
vicina, che fu quistione fra i geografi, se al regno o allo stato della
Chiesa si appartenesse. Per tal modo, spoglie di numerario queste
popolazioni, qual meraviglia, se riesce ad esse sì difficile il prestar
al real Erario i tributi della loro fedeltà e divozione?
Dovere tanto più difficile ad adempiersi dalle due provincie confinanti,
in quanto che nell’epoca dell’attuale imposta territoriale, o per
l’imperfezione dei metodi, o per troppa sollecitudine nell’applicazione,
esse furono straordinariamente gravate, tanto nella valutazione
arbitraria delle terre, quanto nei valori assegnati ai prodotti delle
medesime, onde ne sono un imponibile assi superiore alle
proporzioni indicate dalla giustizia; e disgraziatamente mai furono
ascoltati i giusti reclami.
Ma, lasciando per ora questo soggetto, ritorno ai rapporti commerciali,
ai quali per tanti modi è legata la finanza, e specialmente per i dazj
d’immissione tanto interessanti per l’Erario. Per i quali, dopo
quanto ho accennato, non ci farà più meraviglia, se gli ordinarj
prodotti doganali sono molto scarsi nelle due provincie limitrofe, per
le potenti efficacissime cagioni, le quali concorrono a produrre questo
fenomeno così contrario al sistema. Ed a volerne considerare soltanto
alcuni, cioè 1. Il lunghissimo confine facile a tramandarsi nello
stimolo del lucro, e nella speranza della impunità. 2. La confinazione
marittima, che immediatamente seguita quella del continente, e che si
estende per molte miglia. 3. La posizione prossima delle merci
straniere, e l’impossibilità di poterle assicurare, acciò non passino il
confine, senza prestare il debito alla sovranità; si riconoscerà subito
la cagione dell’attuale disordine. Or se il concorso dagli indicati
motivi è la causa naturale e positiva di quelle frodi ai dritti
doganali, cui si dà volgarmente il nome contro bandi, per cui di tanto
resta diminuita l’entrata delle reali finanze; fa uopo spingere
l’attenzione ed indicare i mezzi, per potersene liberare.
Come ovviare a quello della lunghezza del confine, che serpeggia in
continuazione fra gli orridi Appennini, e le loro forse più malagevoli
appendici? I muri cinesi non sono di moda: i cordoni militari sono
consacrati alla salute pubblica, ed inapplicabili alla desiderata
custodia: una masnada inquisitoria com’era quella del Tribunale della
Grascia è rigettata dai principj di giustizia e di umanità, per cui
fu abolito: ed il fatto continuo, prova che le quadre permanenti de’
custodi, o sia della forza armata, benché numerose e zelanti,
sono inefficaci contro coloro che, forniti di sagacità e di arditezza,
affrontano i più gravi perigli per qualche tenue lucro, che, in regolari
modi pur potrebbero ottenere: e piaccia al cielo che la morale del volgo
di ogni specie non contribuisca a questa strana bizzarria.
Or se l’intelligenza e vigilanza finanziera ha riconosciuti inutili i
tentativi e gli sperimenti fatti finora, per liberarsi da questa razza
di frodatori, veggiano se con altro mezzo giusto e regolare si possa a
tal fine soddisfare.
E poiché è osservato, che la fiera di Sinigaglia e le altre più vicine
dopo aver provveduto ai bisogni di quello stato, lasciano pure una
quantità di generi e merci come un deposito, desideroso di passare in
questo vicino Stato; si rileverà facilmente, che se questo deposito si
facesse all’interno del regno, per mezzo di una fiera franca; ciò
potrebbe non solo liberarci in gran parte dalle frodi e contro bandi, ma
riparare ancora alla rovinosa esportazione del numerario, che riguarda
meno le merci che le condizioni dell’acquisto, e che certamente
resterebbe nel Regno in accrescimento de’ capitali, de’ quali tanto
abbisogna la nostra agricoltura, ed alla quale non importa che i
capitali siano tenui, purché molti. Forse in riguardo a simili vedute fu
qualche anno addietro stabilita la fiera di Giulia in questa provincia,
ma non occorrendo in tal paese le circostanze e le condizioni opportune,
non ne risultò alcun effetto felice, corrispondente alle idee della
finanza, o della pubblica economia; ciò non accadrebbe n Pescara.
Se questa città fosse fornita di un comodo porto, potrebbe desiderar la
grazia di esser dichiarata scala franca; ma poiché pel comodo
della navigazione non ha che un canale in cui il fiume è ristretto, i
pubblici voti si devono ridurre ad una fiera per un tempo determinato, e
sufficiente agli affari commerciali. Sinigaglia similmente non ha che un
canale, e la città pure è ristretta da un breve ambito di mura, ed è
intanto la maggior fiera dell’Italia dalla parte dell’Adriatico. Pescara
però essendo una fortezza con stabile guarnigione, gode di un maggior
grado di custodia, ciò che è massimamente importante in tali
istituzioni, imperciocchè la franchigia consistendo specialmente nella
libera introduzione delle merci straniere senz’alcun dazio di Finanze, e
solo col semplice tenuissimo diritto di stellaggio e magazzino; e poter
di nuovo esportare liberamente la parte invenduta, quella che rimane
dentro le mura, o ne’ magazzeni di dogana, resta naturalmente
sottoposta; e sicuramente onnopia alle ragioni della Finanza.
Per tal modo dunque restando le merci in una sicura custodia, i diritti
non potranno essere facilmente frodati, ed i contro bandi quasi
impossibili; e tanto più per essere un paese, nel quale non ve n’è stato
mai né il gusto né l’abitudine. Tale è infatti di tali stabilimenti il
vantaggio cioè di combinare la libertà coll’ordine, senz’alcuna
vessazione.
Così da quanto si è proposto, con poche indicazioni par dimostrato, che
colla fiera franca in Pescara sarebbe pienamente risoluto il problema,
cioè come senza impedire la soddisfazione del bisogno delle straniere
merci si può fare capace la straordinaria esportazione del numerario, ed
assicurare l’introito dei diritti doganali dell’Erario? E qui giova
osservare, che la generazione del bene essendo naturalmente feconda,
altri preziosi vantaggi sorgere ne dovranno a’ popoli ed allo Stato.. E
principalmente è ben certo quel dire, non doversi spatriare con perigli
e dispendio, per gli affari commerciali di qualunque sorte. Basta dare
uno sguardo sulla nostra carta geografica, per vedere che le due
provincie marittime confinano per lungo tratto col fiume Pescara, e fino
alla città ed al mere, e quella dell’Aquila, oltre di essere pur bagnata
da questo fiume, si è pur ravvicinata alla città colla costruzione delle
regie strade, per cui dalla parte marittima può trarre facilmente i doni
di Minerva e di Bacco, da spandersi dove scarseggiano. Tutte e tre le
provincie dunque saranno in grado di godere di questo benefico
stabilimento quasi centrale per esse.
Ma, se ciò che riguarda il comodo dei cittadini, ed il sicuro risparmio
del loro tempo e de’ mezzi, non è di lieve importanza molto maggiore è
quella che ai comodi commerciali appartiene,poiché il poter trattare
questi affari, quasi da propria casa, dà una nuova vita al commercio, ne
moltiplica gli agenti, ne accresce i prodotti, e ne fa quasi nascere di
nuovi. Così queste provincie, che ora scarseggiano in fabbriche,
manifatture ed arti, saranno pur contente nel veder migliorate ed
accresciute quelle che vi sono, per soddisfare senz’aiuto straniero ai
nazionali bisogni. E l’accrescimento delle opere d’industria, portando
quello della popolazione, i prodotti dell’agricoltura andranno pure
all’aumento cui le forze dell’industria e della natura debbono condurli.
Tali sono gli effetti delle grandi operazioni della politica Economia;
poiché eccitandosi nuovi e più estesi movimenti nella macchina sociale,
va a sorgervi quasi una vita novella, una nuova circolazione di opere,
che dalle più materiali si estende fino a quelle degli organi del
pensiero. Ma accrescere l’attività propria non è escludere l’altrui, o
volerci rendere indipendenti, in mezzo alle tante vessazioni, da’
progressi sociali. Il cielo mi guardi dall’essere assertore e promotore
del dominante sistema esclusivo, quasi non si potesse far il proprio
bene senza l’altrui danno. Una istituzione utile non s’introduce o
promuove per emulazione, ma perché nella identità de’ bisogni e delle
circostanze si sente la necessità di fare simili stabilimenti.
Quando più gli uomini saranno esseri simili, tanto più saranno ancora
ragionevoli ed umani – e se le forme politiche prendessero pure questa
uniformità o somiglianza, il flagello della guerra sarebbe assai raro
fra i popoli. Ma, ritornando al nostro particolare oggetto, se abbiamo
osservato il bene assoluto, ed i relativi vantaggi; ben è giusto
l’osservare, se ostacoli di qualche sorta si potessero incontrare, per
deviarli, o allontanarli del tutto. Per quanto però la mia breve vista
si estende, io non so riconoscere di quelli, che politici si sogliono
nominare, soliti a sorgere o per malintesa ambizione de’ popoli, o per
simili rivalità di rapporti commerciali. Ed in verità la concessione di
una fiera nel proprio Regno, dove a ciascuno sarà libero di andare, on
può offendere gl’interessi e le vedute de’ gabinetti lontani, e molto
meno quelli del vicino, portano dai principj motori del Governo al bene
della umanità.
Molto meno penso, che possa essere un ostacolo il trovarsi la città di
Pescara nella condizione di fortezza e piazza di armi con una permanente
guarnigione; anzi sono nella idea che ciò debba farne un particolar
pregio, per essere in una fiera maggiore il bisogno di una custodia,
tanto per la sicurezza delle reali Finanze, quanto per la conservazione
dell’ordine pubblico, più importante nel corso di gente straniera.
L’esempio poi di altre città dell’Europa, le quali in simili condizioni
pur attraggono gran concorso di commercianti, mi dispensa dall’addurne
altre prove. Ostacoli fisici neppur si possono indicare, perché quella
città fin dai più antichi tempi fu stazione navale e militare; e se
alcuni anni indietro per un piccolo impaludamento del fiume Salino,
quell’aria potè dirsi sospetta, l’umana sollecitudine del governo non fu
lenta a liberarla da tale imputazione. E altronde le prossime campagne
tanto nella provincia di Chieti, che di Teramo sono le più ridenti e
popolate, ciò ch’è la maggior prova di salubrità dell’aria. Benché poi
la città sulla sponda del fiume sia collocata, non fu mai soggetta a
quelle catastrofi solite a soffrirsi da così cattivi vicini. Per
allontanare però ogni dubbio, e non mancare alla integrità dell’oggetto,
ed alla necessaria convenienza non trascurerò la difficoltà che si può
presentare. Cioè, che non essendovi in Pescara un porto meritevole di
tal nome, e solo un semplice canale, che non può dar luogo a navigli
d’importanza, va ad esser soggetto agl’inconvenienti che in tali porti
sogliono accadere nel lungo corso degli anni. Ma, fortunatamente, se la
storia e lo stato attuale ci mostrano, che in alcuni luoghi il litorale
dell’Adriatico fu abbandonato dal mare come avvenne per Ravenna, di
questa disgrazia restò sempre esente la foce dell’Aterno, e la città
proseguì sempre in tutti i tempi ad essere stazione navale ed
emporio dei popoli vicini. Segno evidente che l’indole degli
Appennini e dei subordinati monti per i quali scorre la Pescara non è
tale da far temere simili sventure; mentre la mano dell’uomo poté essere
soccorrevole a rimuovere i piccoli passeggieri inconvenienti, e sarebbe
anche in grado di portarlo a sicurezza maggiore; ciò che non sarebbe
malagevole.
Trattandosi di una istituzione economica, quella cioè di avere, come
dicemmo, una fiera franca in Pescara, è da osservare, che non sia in
contraddizione con tal titolo. Ma il sublime della ragione economica
guardando i rapporti del presente col futuro, sa combinare la produzione
di un gran bene con piccoli mezzi; e non si spaventa di qualche
anticipazione, riguardandola come riproduttrice di maggiori vantaggi e
ricchezze. Ed io anzi mi lusingo che colla cognizione militare di
Pescara nulla apponga al desiderato stabilimento; ma somministrar debba
piuttosto mezzi adattissimi al proposito, per economizzare sulle spese
più necessarie, e rendere l’opera di una utilità immediata per l’Erario
Reale. Infatti, fra gli edificii appartenenti alla piazza, ed ora
superflui alla medesima esistono molte fabbriche assegnate ora con poco
profitto al Real Orfanotrofio Militare, le quali possono essere almeno
temporaneamente convertiti all’uso della nuova destinazione. Del resto
si comprende facilmente, che lo stato attuale di Pescara non può
paragonarsi per l’apparenza e per i comodi a quello di Sinigaglia, che
da secoli gode di tale stabilimento. Ma è ben da pensare, che da pochi
anni debba presto venire alla sua perfezione; giacché non si tratta di
lussureggiare in magnificenze architettoniche non necessarie
all’oggetto, ma solo soddisfare i principali bisogni relativi; lasciando
al tempo l’incarico de’ futuri miglioramenti: e ciò tanto più si deve
tener presente, in quanto che passerà certamente qualche anno, prima che
i commercianti diano un nuovo andamento alle loro speculazioni, ed il
commercio prenda nuove direzioni ed abitudini.
Quali però possano esser le spese di questa istituzione, fa uopo
riguardarle come capitali impiegati al più vantaggioso e nobile
interesse per essere utile nel tempo stesso alla Nazione ed al Real
Erario che solo può esser ricco della pubblica ricchezza: e penso anzi
poter dire che questa spesa delle nostre provincie potrà esser
riguardata come imprestito da esser col tempo compensato con generosa
gratitudine.
Se l’amore pel pubblico bene non m’inganna, non so vedere che risultati
benefici dal proposto stabilimento; ma se gli esposti finora possono
chiamarsi diretti quelli che dir si potrebbero indiretti non
compariranno men degni di attenzione, e di sollecite cure.
Le verità e le volontà generali hanno prodotto sempre pochi effetti se
non sono state scortate ed accompagnate da quelle particolari
applicazioni, dall’adempimento delle quali possono solo risultare gli
effetti che si hanno in mira.
Tutti i Governi, e in ogni tempo si sono occupati a promuovere la
popolazione e la ricchezza, ma restarono queste stazionarie, se non
furono retrograde, per aver mancato di associar i mezzi ed i fini.
E di ciò, senza rivolgermi a cercar esempi ne’ climi lontani, posso
applicar l’osservazione paragonando le condizioni in cui già si
trovavano questi stati confinanti.
Infatti il fiume Tronto, linea di demarcazione geografica fra gli
Abruzzi e le Marche, compariva come un divisorio, fra un popolo elevato
ad alti gradi di civile cultura, ed un altro che appena faceva sforzi,
per uscir dalla barbarie. Tale era dal Tronto al Trigno, lungo la
spiaggia dell’Adriatico la de popolazione, e la barbara agricoltura di
un suolo, non condannato dalla natura alla sterilità.
Ma se i lunghi secoli viceregnali, le leggi barbare, l’ignoranza
dell’Economia, e le cattive confermate abitudini facevano restar
inefficaci le benedizioni della Provvidenza, non fu più così, quando
questa dispose, che la Borbonica Dinastia venisse ad occupare questo
Reame. E se quelle imprevedibili combinazioni cui si da il nome di
fortuna non ci avessero così presto privati del governo dell’Augusto
Carlo III, passato a reggere altri regni ne’ due emisferi, certo che
dopo di essersi occupato a fondare sopra principj umani la nuova
Monarchia, e spingerla al civile miglioramento, si sarebbe pur
compiaciuto discendere a quelle particolarità, dalle quali i veri
principj della ragione pubblica acquistano una qualità permanente, e
stabiliscono le condizioni necessarie per assicurare i sociali
avanzamenti.
Questa intanto fu la più nobile parte del retaggio lasciato a Ferdinando
per le cui gesta sarà sempre viva la gratitudine; specialmente in questa
provincia di Teramo, che lo riguarderà pure come il suo Restauratore.
Egli infatti prendendone particolar cura, ed osservandone la cagioni,
per le quali si trovava in uno stato di degradazione, diede
successivamente le più salutari disposizioni. Così la libertà dalla
letale coltivazione delle risaie, esercitata quasi a dispetto della
Natura; così la liberò dal tremendo Tribunale della Grascia, istituzione
dei tempi della barbarie, nella quale l’ingiustizia si combinava coll’ignoranza
dei pubblici interessi: così liberò la miglior parte delle terre delle
nostre provincie marittime dalla mal introdotta servitù del pascolo
invernale, che condannava alla sterilità il suolo più favorito dalla
natura, ed all’ozio le braccia dedicate alle più utili riproduzioni.
Così finalmente si fece per noi restitutore della Giustizia,
riportandola alla comune regolare amministrazione. Ma pure aggiungerò
qualche altra parola intorno agl’indiretti vantaggi che ne dovranno
risultare. E dirò primieramente che per tale istituzione incomincerà a
nascere per la prima volta in questa provincia il commercio, e divenir
attivo, da passivo in cui è stato sempre finora.
Infatti, è solo qualche barca peschereccia che suole approdare sul
nostro lido, per cui i poveri proprietarj di derrate o manifatture
debbono rimanere incerti aspettando che venga ad incettare i loro
generi, sotto le dure condizioni imposte loro dai compratori, senza
poter fare speculazioni preventive per lo smaltimento de’ loro averi.
Perciò avviene, che sebbene da qualche tempo alcuni si siano animati a
metter su delle fabbriche di oggetti commerciali, come spirito di vino,
cremor di tartaro, estratto di liquerizia, pelli conce, vasellame di
majolica, carte, si trovano poi scoraggiati per la mancanza dello
smercio, e del tenuissimo guadagno.
Or ciascuno intende, come è quasi impossibile, l’aver qualche commercio
marittimo colla capitale per la troppa lunga e perigliosa navigazione,
onde solo per qualche straordinaria occasione si è veduto qualche legno
del Mediterraneo approdare in queste spiagge, giacché i piccoli
trasporti per terra e col,procaccio non si possono riguardar come
commercio.
Or stabilendosi un emporio a Pescara, queste provincie nel concorso de’
forestieri potranno trattar ivi la loro speculazione, far le loro
contrattazioni, e da ciò si animeranno a promuovere le commerciali
intraprese. Per tal modo potrà nascere ancora un poco di marina, quale
può convenire, e non essere obbligati sempre a tirar dalle marche i
piccoli legni da trasporto, o da luoghi più lontani ancora raddoppiando
le spese ed i perigli. Ed ora che il Governo con la sua saviezza e
generosità ha resa libera l’esportazione della maggior parte dei generi
nostrali, (e così fosse di tutti) quali speranze, per poter rendere
attivo il commercio di queste provincie, che hanno pur bisogno di barche
forestiere, per veder fornite le pescherie!
Ma ciò che è forse degno di considerazione, è che per le arti le più
comuni e necessarie ai progressi del civilizzamento, quasi tutto ora si
ritrae dallo Stato vicino, perché facendosi in esso ogni traffico, tutti
si avvalgono del comodo di trovar colà già lavorati i mobili e le
masserizie, di cui le case e le persone abbisognano, ed è uno degli
oggetti di continua esportazione del numerario. Queste arti dunque
sorgerebbero, non avendo esse bisogno né di forti capitali, né di
particolari talenti inventori, né di grande maestria.
E come le arti e tutte le cognizioni umane si danno la mano
reciprocamente, diviene una conseguenza necessaria, che le altre
similmente progrediranno, e non vi sarà il bisogno di far venire
dall’estero le zappe, le pale,e simili istrumenti di agricoltura, e di
altri manuali lavori. Più vi sarà di travaglio e di commercio, più il
popolo avrà idee, e meno essendo ozioso sarà più buono e più felice. Non
solo dunque vi sorgeranno dei costruttori di legni di mare, ma pur
quelli de’ trasporti di ogni specie, de’ quali si può dire, che siamo
affatto privi. Quanti poi, che ora vivono nella inerzia, consumando gli
scarsi prodotti delle loro proprietà, uscirebbero dall’ozio, per
occuparsi nelle commerciai faccende, le quali richieggono agenti di
tante specie, e ciò darà un movimento alo spirito perfezionatore delle
qualità, che ora rimangono inattive. Ecco come da una semplice
operazione di economia, benché ristretta in luogo determinato e a tempo
breve, pure può grandeggiare nello spazio e nella quantità di effetti
benefici, e realizzare le speranze dei popoli, ed i pubblici voti. Ed
ecco ancora come le proposizioni dubbiose nel considerarle
astrattamente, prendono sicurezza e solidità nelle particolari
adattazioni, e nel rapprossimamento dei fatti che servono i mezzi a que’
risultati che ne devono essere lo scopo. Se infatti, i vantaggi diretti
della fiera franca a Pescara sembrano essere sicuri non meno per i
popoli, che per l’Erario Reale, e se oltre gl’indicati, tanti altri
indiretti ne possono dipendere, queste osservazioni mostrano ad evidenza
di chi può fare il bene, ed efficacemente lo vuole. Comprendo che lo
zelo e gli scarsi lumi di un privato scrittore, lontano dagli affari, ed
offuscato dagli anni, non può facilmente immaginare tutto il travaglio
necessario per compire una tale istituzione e rendere evidenti gli
effetti e le conseguenze; ma le forze opportune, ed i talenti adattati,
non possono mancar mai, per eseguire le determinazioni de’ benefici.
Fortunatamente lo stato di pace, di cui gode l’Europa concorre ad
agevolare le disposizioni commerciali e marittime, per non trovar
ostacoli a quest’opera di pubblica beneficenza, e facilitare anche i
mezzi di esecuzione. Il golfo Adriatico sembra più propriamente
destinato all’uso di un commercio amichevole fra i popoli che lo
circondano, che a ricever flotte guerriere, vaghe di trionfi; quindi
contribuì ne’ più antichi tempi alle commerciali corrispondenze dei
popoli, ed ai progressi della italiana coltura, e specialmente di tutta
questa parte d’Italia, che si pregia della borbonica dominazione. Sarà
quindi pur degno di osservazione, che in tutto il litorale
dell’Adriatico, non essendovi un simile stabilimento animatore del
commercio, dovrà estendere la sua beneficenza su le altre provincie
bagnate da questo mare, come ancora sul continente; ma che il collocarlo
per ora in Pescara, sia di una necessità assoluta per liberar queste
provincie da tutti gl’inconvenienti e le perdite, di cui oggi per tale
mancanza soffrono, e che sono della più triste influenza, ritardando i
progressi ai quali la saviezza del governo avrebbe sempre desiderato di
elevarle.
Per qualunque rapporto dunque questa istituzione si voglia riguardare,
non è già che da una lontana ed incerta prospettiva se ne travedono i
vantaggi e se ne eccitano felici speranze per la prosperità. Essi sono,
per così dire, sotto la mano, potendo essere in parte immediati, per
essere un risultato necessario di tali opere fondate in una felice
combinazione di circostanze, di previdenze e di sagge disposizioni, che
devono rendere sicuri gli effetti.
Le mie parole, le mie poche cognizioni di fatto non mi permettono far
argomenti comparativi per confermare le esposte verità; ma dove parla la
ragione, e chiari e sicuri sono i dati, potrebbero solo esser utili tali
argomenti pe conferma delle esposte verità.
Essendosi mostrato infatti che le provincie di Abruzzo, e specialmente
le marittime, sono costrette dalla necessità a recarsi nella fiera di
Sinigaglia, per non averne altra a portata di soddisfare ai loro civili
bisogni, e che altre due di second’ordine la sieguono, che da ciò i più
gravi inconvenienti risultano, per l’esportazione straordinaria del
numerario, per la mancanza d’introito alle Reali Finanze, pel ritardato
progresso delle arti, del commercio, e della civile cultura, e per
difetto di quella circolazione, che anima la vita sociale, si è pur
veduto, che con una semplice operazione di politica economia si può
colla fiera franca a Pescara a tutto ciò facilmente ovviare, e prodursi
nuovi beni, oltre quelli che dall’allontanamento de’ mali direttamente
dipendono; Par che non dovrebbe rimaner più alcun dubbio a soddisfare i
pubblici voti di queste provincie in quest’epoca in cui i congressi
della mente umana hanno fatto estendere il regolare esercizio della
ragione su tutti i rami delle scienze civili. Non siamo più in tempi,
ne’quali ai pubblici mali non si sapeva riparare, che con mali assai
maggiori.
Per impedire l’esportazione di qualche moneta, o animale, o altro
oggetto vietato dalle leggi, sconobbero i principj della giustizia e
della morale, offendendo finanche il costume ed il pudore; e di tali
barbare ordinanze queste provincie furono per lunghi secoli, vittime
innocenti. Ora, grazie alla provvidenza, è solo con beni positivi che
gli antichi mali si vanno a distruggere ed allontanare, e che un ben
pubblico sia l’istituzione di una fiera franca a Pescara non potrà
essere più in dubbio nelle menti: sono di lunga durata i beni che hanno
saldo fondamento, e non potranno soffrir cangia menti, che al cangiarsi
le posizioni ed i rapporti delle cose. Durerà dunque per secoli quest’opera
di beneficenza e di ragione, e le benedizioni saranno eterne per quella
mano che di questo bene grandissimo vorrà donare gli Abruzzi. |