De Filippis

 

De Filippis-Delfico

 

(Teramo, 1820)

biblioteca - archivio virtuale

Stemma famiglia De Filippis-Delfico, Teramo, 1820

family web site

Delfico

(Napoli, sec. XVIII)

(Teramo, sec. XV)

Stemma famiglia De Filippis, Napoli, sec.XVIII

Stemma famiglia Delfico, Teramo, sec.XV

Homa page 

Epistolario

Gregorio De Filippis Delfico alla madre Aurora Genovese

Lettera datata Teramo, 27 agosto 1824

Si parla di una tentata ascensione al Gran Sasso

Ubicazione del manoscritto: Archivio di Stato di Teramo, Fondo Delfico, b. 12, f. 154

A cura di Lina Ranalli

Trascrizione

Lettera n. 4

Cara Mammà = Non è mia colpa, né influenza di D. Liborio se nemmen questa volta ho potuto eseguire la bramata ascenzione. Il tempo che è stato sì lungamente chiaro, e che ci ha dato delle giornate calorosissime fino alla disperazione, ha tutto in un colpo preso altro stile. Nugoloni spaventevoli, venti a riprese ma aspri e veementi, un elettricismo soprattutto da far terrore, sono stati i miei compagni nella mia prima arditissima mossa, e nella pertinace stazione a Montorio. Là appena giunto, sebbene tanto terribile fosse l'apparato dell'atmosfera, pur la speranza di un cambiamento ci fè tutto disporre per l'indomani, onde partir di buon ora e trovarci prima della seguente notte in luogo di sicurezza alle falde del Monte-Corno, per poi ascenderlo il giorno seguente. Ma circa le ore sette della notte fummo avvertiti della sciocchezza dè nostri piani da un tuono che non è stato mai sentito il simile per la durata e pel fragore. Tutte le circostanze altresì che lo accompagnarono sono straordinarie: egli fù unico, sebbene vi fosse nell'atmosfera un immenso elettricismo, essendo frequentissimo il lampeggiare, e fù sentito in varj paesi ben lungi fra loro con la stessa vivacità, e producendo lo stesso terrore. A Teramo però cadde il suo fulmine; gli servì di conduttore un campanile dal quale passò nella prossima chiesa recando qualche danno agli altari. Il rumore, e lo spavento che in me produsse fù tosto cancellato dalla scena buffa che agì il padrone della mia casa, uomo corpulento e specioso, che dormiva in una stanza vicino alla mia; il quale capitombolò dal letto e, credendo essere perseguitato dal fulmine, corse per le stanze che erano perfettamente nel bujo, dando di testa e di gambe, ora alle porte, ora ai muri, ed ora alle sedie e tavolini; in tal modo pose tutta la casa in bisbiglio, ed un fratello canonico che è tanto dotto quanto può esserlo il vostro Gaetano, si pose in ginocchione recitando ad alta voce giaculatorie temendo di un prossimo scotimento, effetto solito ad avvenire quando piove dopo le lunghe arsure. Tutto ciò si passava nella mia stanza, ed all'oscuro; mi posi intanto alla meglio una giubba, e battendo il mio acciarino mi riuscì accendere un lume; ma quale graziosissimo spettacolo: esso mi procurò! Vidi il Canonico in pettola nella situazione indicata, con un grosso Cristo in mano, e D. Peppe (ch' è il nome del padrone di casa) pur senza calzoni che avea già preso posto sotto un arco di porta tenendosi là ben fermo, nell' attenzione dello scotimento, (nome ch'essi davano al terremoto), ma essendo passato del tempo, ed il sonno facendosi più sensibilmente sentire che la paura, ognuno riprese letto: il Canonico però non volle tornare nel suo, e si ficcò in quello del fratello, che non è dè grandi. Così ne passò la nottata e la mattina fù il più vigilante che si alzò alle dieci. Il tempo continuò ad essere torbido e minaccioso, e la partenza fù differita per il giorno se rivedevasi il Sole; infatti apparve sul mezzo giorno, e dopo due ore erano in ordine le cavalcature ed i viaggiatori, meno uno che tardava, ed era D. Pietro Marcozzi, il quale, non sò se per la paura del tuono o del viaggio, erasi ammalato: mi parve buona creanza non lasciarlo in questo stato, e così fù differita la mossa; nè ebbi motivo dolermene in seguito, poichè non tardò molto a venire pioggia impetuosa con tuoni non distanti,  nè piccioli. La mattina dopo fui lo svegliarino della casa, ed era ancor notte, l'aria era pur torbida, e mi convenne rinunciare definitivamente al viaggio, perciò ripresi la mia strada, lasciando Marcozzi, cui la febbre non permise moversi da letto. Eccovi un esteso racconto, il quale se noja vi ha recato, può servire almeno di giustificazione onde non crediate che D. Liborio l'ha vinta. Molte cose vorrei rispondere alla vostra lettera se il tempo non mi mancasse; solo non tralascerò dirvi sul fatto di Mariella che i miei sentimenti, poichè partono dalla ragione, non cambiano come le sue volontà; desidero intanto che siano smentiti e dichiarati inetti dal fatto, essendomi più a cuore il bene di una Sorella, che il trionfo delle mie opinioni. Sul punto interessi ed affari, qual desolante apparato! Se non vi sono capitati i danari che da lungo tempo ho creduto inviarvi non è dipeso da me: Taddeucci o mi ha imposturato, o lo è stato lui stesso; gli ho scritto perciò con risentimento più volte, ed oggi farò lo stesso; quindi siate sicura che vi perverranno fra giorni. Nel mese entrante potrò aggiungere ancora altri cinquanta d(uca)ti ne bisognano; non dico più, giachè quasi tutto il pagamento di Scorpione servirà per torre debiti, che già sapete quali siano. Intanto gl'Ingegneri dormono e chi sa quando potrà farsi la causa: Pazienza. Il gusto del mio palato troppo vi è noto, e posso assicurarvi che non è cambiato, quindi se avete la buona volontà di fargli bene, sapete come: le mostraccere, che fa zia Luisa, non potrebbero viaggiare? Per incombenza vi prego prendermi quattro oncie di pezzettine a varj colori, di zuccaro, col senso spiritoso, di quelle propriamente che una volta vendea la Madama à Guantari, e che oggi trovansi dappertutto. Se le monache volessero lavorare in credenza, gli ordinerei de' frutti sciroppati di stagione per regalare. E se voi avrete la spedizione de' miei danari farovvi un'altra preghiera, cioè d'acquistarmi un busto elastico per un uomo grasso, di quei che si lavorano da un francese à guantari Vecchi. Zia Chiarina è stata ben contenta dell'abito e del turbante, e ve ne fa i più estesi ringraziamenti. Conservatevi in buona salute, e salutatemi le sorelle ed il fratello: a Papà tante cose per me e per Marina la quale vi bacia affettuosamente la mano col

V.(ostro) Aff.(ettuosissimo) Figlio Gregorio

Teramo 27 agosto 1824