De Filippis

 

De Filippis-Delfico

 

(Teramo, 1820)

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Stemma famiglia De Filippis-Delfico, Teramo, 1820

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Delfico

(Napoli, sec. XVIII)

(Teramo, sec. XV)

Stemma famiglia De Filippis, Napoli, sec.XVIII

Stemma famiglia Delfico, Teramo, sec.XV

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I salotti della musica, la musica dei salotti

di Anna Maria Ioannoni Fiore e Carla Ortolani

Opuscolo pubblicato in Teramo, D.F.T. Grafiche s.r.l. 2000, a cura dell'Associazione "Amici della Delfico" e della Fondazione Cassa di Risparmio della Provincia di Teramo

I salotti della musica, la musica dei salotti

I salotti della musica, la musica dei salotti

"In Teramo una nobile donna raccoglieva nel suo palazzo secentesco [sic], ricco di opere d'arte e di un magnifico giardino pensile, i cittadini notoriamente avversi al regime borbonico; ed era la contessa Marina Delfico, ultima della sua stirpe, vedova di Gregorio de Filippis, conte di Longano, e madre di Trojano e di Filippo, esuli in Grecia e in Francia, e di quel Melchiorre juniore, spirito di fine caricaturista, del quale si è parlato in altra parte di questo libro. Nelle sontuose sale del palazzo Delfico, dove morì il grande Melchiorre, e dove si accede per una scala addirittura regia, convenivano Vincenzo Irelli, che fu il sindaco della rivoluzione, e poi fra i primi senatori del regno d'Italia; Berardo e Settimio Costantini, Francesco e Berardo Bonolis, l'abate Quartapelle, Giuseppe Antonio Crocetti, Stefano de Martinis, protettore della Milli, Niccola Forti, Giovanni de Benedictis, letterato e poeta, e le famiglie Ginaldi, Pompetti, Valentini, Michitelli. Prima del 1848 avevano frequentato l'ospitale casa dei Delfico il Gammelli, i fratelli Bucciarelli, uno dei quali morì pure nel bagno di Pescara; e Michelangelo Forti, prete liberale di gran cultura e carattere eroico, morto nella galera di Nisida. Ricordo pure Pasquale della Monica, pittore napoletano, andato a Teramo col conte di Longano, e padre dell'insigne artista, che conobbi a Teramo nell'ottobre scorso, quando vi fui ospite dei giovani conti Delfico, figlio del defunto senatore e degni discendenti dell'ultimo degli Enciclopedisti. Appresi particolari curiosi circa la vita di Teramo di allora. Le riunioni in casa Delfico finirono nel 1857 [recte 1867], quando morì la contessa. Si ricorda che la serata caratteristica era quella di mezza quaresima, quando si segava la vecchia, dopo la lettura del testamento, che veniva fatta con comica serietà dall'avvocato Carlo Ginaldi; col qual testamento la vecchia lasciava, prima di morire, graziosi e ricchi ricordi agl'invitati. Si riceveva in casa del ricevitore generale Ciotti, ma vi andavano più uomini che donne, e così pure ai suoi non dimenticati pranzi; si faceva un po' di musica in casa Ferraioli; ma, tutto compreso la vita sociale era povera cosa. Poiché la città aveva pessima illuminazione, non era permesso girare, dopo le otto di sera, senza una piccola lanterna, e su chi trasgrediva piovevano legnate o minacce. Benché il teatro in legno fosse angusto e pericoloso, aveva due stagioni molto frequentate e brillanti: prosa nell'autunno e musica nel carnevale, e portava il nome dei proprietari Corradi e Gatti. Il bel teatro di oggi fu costruito nei nuovi tempi. Era capo urbano Beniamino Rozzi, figlio di un giudice regio di Notaresco, borbonico fierissimo; l'ultimo intendente Morelli fu uomo egregio e funzionario intelligente, e punto intinto di pece reazionaria, tanto che i borbonici più facinorosi lo denunziarono più volte al re. L'ultimo generale comandante la provincia si chiamava Veltri, e non era né carne, né pesce; e il vescovo don Michele Milella, frate domenicano, godeva molte simpatie. In quegli anni Teramo esultava per i trionfi della sua concittadina Giannina Milli, nata da povera gente, e che si affermava improvvisatrice illustre in tutta Italia. In Teramo vi era infine una specialità, che va ricordata: quella di due farmacie politiche, una considerata il centro del partito borbonico, condotta da don Nicola Ruggieri, brav'uomo e professionista intelligente; e l'altra di don Giuseppe Antonio Crocetti, sotto il portico del Comune, centro del partito liberale. Il Crocetti aveva fama di chimico sapiente e anche di filosofo" (1).

A oltre un secolo di distanza, l'eloquente e pittoresca cronaca di Raffaele de Cesare tramanda in veste letteraria la descrizione di un particolare aspetto della vita culturale teramana dell'Ottocento.

Dipinta a caldi toni, la scena cittadina è ambientata in quei domestici luoghi che costituirono il fulcro vitale della discussione politica, dell'attività culturale e dell'aggregazione sociale, ed è animata da quei personaggi che ne furono gli insigni protagonisti. Infatti, accanto ai tradizionali pubblici luoghi di trattenimento – teatro d'opera e sala da concerto -, il salotto privato, oltre che costituire motivo d'incontro e di svago, rappresentò l'ideale mediazione tra le esigenze sociali di un ceto dominante che oramai omologava nobiltà e borghesia e un linguaggio musicale contestualmente plasmato secondo idee e comportamenti consolidati.

Dal salotto, paradigma di una società in miniatura, il dialogo politico e quello letterario, la mondanità o il pettegolezzo, le discussioni d'arte come il raffinato compiacimento tra l'ascolto di una poesia o di una languida melodia, migrando di casa in casa raggiungevano immancabilmente l'orecchio attento dei cronisti locali che con impeccabile puntualità ne riferivano settimanalmente nelle accattivanti rubriche dalla superba intestazione "hight-life"… "Si va. La corte del palazzo Delfico è già un ridente giardino; alberi, fiori, viali; una fontana manda in aria, molto su, zampilli d'acqua, che mettono i brividi a Bacco […] E' stupenda davvero!... La grande scala del palazzo, opera egregia ed ammirevole di architettura, è artisticamente illuminata. Gl'invitati la saliscono tra un torrente di luce, per essere accolti con la più squisita gentilezza e cordialità dai socii, deputati a quell'ufficio […] In un salotto, tra le due sale da ballo addobbate, ed illuminate con gusto ed eleganza, è posta la musica. […] Giunge il conte Delfico con la famiglia, si levano fragorosi ed unanimi applausi. Luisa Marcosignori e le altre della deputazione offrono alla contessa un bel mazzo di fiori; l'egregio nostro amico Orazio Albi, legge: Fiori modesti alla nobil donna la Contessa Bianca Delfico. E' una poesia ispirata, e diffonde una soave malinconia, che giunge al colmo, chiudendo con i versi: E queste foglie che un bel verde imbruna / Aimè cadranno domani ad una ad una / Non l'affetto morrà di chi c'invia / Fior di modestia, fior di leggiadria. Applausi vivi e prolungati. La contessa con nobil parole ringrazia il poeta; e noi stringendo la mano al prof. Sinigallia, è un vecchio patriota, gli diciamo, che teco sinceramente si rallegra e ti fa plauso" (2).

A onor del vero, la raffinata penna del nostro cronista riferisce su un'occasione non squisitamente salottiera ma su un evento di più ampio respiro che, pur infrangendo i canoni intimistici del genere, vi si inserisce come pendant nel quale i tratti e le caratteristiche del "far salotto" sono comunque conservati e rispettati.

La tradizione salottiera di stampo locale, infatti, si identifica maggiormente con quella consuetudine di gusto borghese in cui accanto alla causerie e al dibattito impegnato coesistono le forme più delicate della musica vocale e strumentale insieme a quelle più disinvolte della musica da ballo: "Dunque, il nostro amico [avvocato Alessio De Berardinis], libero pensatore, (per chi nol sappia caldo ammiratore di Hegel) ci ha regalato una sera di geniale passatempo. Alla otto p.m. già le note del pianoforte echeggiavano sotto le arcate volte delle sue stanze: alcune signorine passeggiavano a braccetto dei loro cavalieri, allegramente cicalando: qualche bigio papà in un appartato gabinetto, ove carte di giuoco si trovano, scacchiere e persino gl'innocenti giochi delle dame, leggeva la Gazzetta d'Italia, l'Opinione e che so altro. Ma lasciamo da parte la politica, che, come il sale nelle minestre, oggi vuol far capolino dappertutto, e tiriamo innanzi. Waltzer, waltzer si bisbiglia: nò, nò, polka, marzuka,…quadriglia invece dice qualcuno, poiché abbiamo uno che tanto gaiamente le comanda nel sempre giovane ed allegro Giudice Orsini; ma a tanti desideri tira di sgembo il maestro di pianoforte ed accenna una marzuka. In un baleno la sala è invasa, e la danza sotto i migliori auspici incomincia. Mentre in una stanza si balla, in un'altra si fuma; si conversa, si giuoca! E' un colpo d'occhio gradevole! La t'occorre alla vista un cavaliere, che, non provetto nell'arte di Tersicore, incespica nello strascico della dama, e mormora un pardon appena intelligibile; qua un giovane di belle speranze che è alle prese, sganascia anzi con un sigaro Magliani, ed impreca al nuovo ministro con tutte con tutte le Regie cointeressate: in fondo un signore sulla quarantina, che rimprovera al compagno di tressette uno sbaglio madornale; insomma tanti e poi tanti diversi accidenti ti si presentano, che c'è da restar contentini davvero. Segue un waltzer, che passa senza infamia e senza lode; viene poi una polka sentimentale; eccoci alla sospirata quadriglia. La voce del Giudice Orsini suona come il fulmine di Giove Capitolino, e, tra alcuni pasticci più o meno grossi e l'ilarità generale, si conduce a termine il ballo. […] Or eccoli ad una nuova parte di divertimento. Una signorina E. C., nò, voglio dir tutto, la signorina Elvira Cellini prende posto al piano, e le sue eburnee ed agili manine scorrono veloci sulla tastiera del clavicembalo ed Aida sospira sotto le sue dita incarnate. L'aria dell'Egizia fanciulla Morir sì bella e giovine affascina tutti, ma più potentemente quelli che, come me, ebbero la fortuna di sentirlo questo capolavoro dell'immortale cigno di Busseto. Suona anche la Mandolinata con difficilissime variazioni la signorina, ed una salva di applausi corona alla fine la sua provata valentia nella più simpatica delle arti. […] E da ultimo? Nulla mancò perché tutto riuscisse bene davvero! Paste, gelati, vini a bizzeffe erano a disposizione di tutti, sino i fiori, guardate! Che mente provvidenziale ebbe mai quel benedetto Hegeliano del De Berardinis" (3).

Così Ipsilon firma il suo reportage: una cronaca sentita, come tutte quelle che si potevano leggere sui due più diffusi periodici teramani, il "Corriere Abruzzese" e "La Provincia".

Ora La bemolle, ora il corrispettivo enarmonico Sol diesis, ora Fra-Militone, ora Furio, ora Biscroma, ora Quattrocchi – per citare solo alcuni degli pseudonimi più intriganti sotto cui il giornalista di turno celava la propria identità – riferiscono sempre generosamente e con encomiabile schiettezza su ogni avvenimento culturale cittadino, consuetudine quanto mai importante considerato che "gli scritti sulla musica fanno parte della storia della musica come le opere musicali, le istituzioni e la prassi esecutiva, e la forma specifica che essi assumono in una data epoca fa parte dell'effige della storia musicale di quell'epoca" (4).

I giornali cittadini, dunque, non trascurarono mai di rilevare ogni nuovo evento e di valutarne, com'era d'abitudine, la qualità dell'esecuzione musicale. Ricordiamo ad esempio l'inaugurazione della nuova sede del Casino in casa Pompetti, in riferimento alla quale la penna impietosa e pungente di Fra-Militone, non mancò di riportare le osservazioni del direttore del "Corriere Abruzzese" che aveva sentenziato, rivolto all'orchestrina, "benino, ma con balli un po' invecchiati", e di aggiungere la sua personale esortazione: "Maestro Dati l'hai capito? Scuotiti dal letargo!" (5).

Rammentiamo ancora il commento di La Bemolle nella cronaca di una soirée musicale-danzante in casa Palma: "Chiusero la I parte del trattenimento la Serenata sentimentale e la Nevrosi, Gran Walzer di concerto, eseguite dal maestro Pepe, lavori di sua composizione. Io son nemico delle accademie di pianoforte (sebbene sia suonatore) perché il piano, stando la distanza del suonatore dell'istrumento, non è come il violino, cui si può dare la espressione giusta; però sentendo il Pepe ho dovuto ricredermi: Egli si discosta dalla comune dei suonatori di piano. Le difficoltà sono da lui eseguite con precisione inappuntabile. Sicuro nel tocco, composto nelle posizioni, possiede in sommo grado scioltezza, agilità ed indipendenza delle dita, ammirevole nella mano sinistra; e ciò contribuisce a far sentire staccato e preciso il canto, dall'accompagno e dagli arpeggi" (6).

La citazione di questo stralcio offre, inoltre, l'occasione per attardarsi su generi e forme del repertorio salottiero, che, nella cangiante varietà di colori, echeggia atmosfere sentimentali, brillanti e descrittive in una veste che asseconda al contempo le esigenze di artisti e di egregi dilettanti. Nei salotti teramani – Ferraioli, De Petris, Ponno, Savini, De Sanctis, Ciotti, Lucci, Sardella, Prefettura…per nominarne solo alcuni oltre quelli altrove mentovati – i programmi musicali annoveravano tra un table à thé e un cotillon i più bei pezzi caratteristici dell'epoca:

"PARTE PRIMA 1. Concerto per arpa per la signorina E. Silla. 2. Fantasia originale per pianoforte del maestro A. Cipolloni, eseguita dalla signorina Aminta Cozzi. 3. Leggenda Valacca. Serenata del maestro Gaetano Braga, cantata dalla signorina Amalia Ferraioli, con controcanto di violino ed accompagnamento di pianoforte. La parte del violino sarà eseguita dal sig. G. Pachini. 4. Sonnambula di Thomas, gran concerto per due arpe per le signorine A. Guarducci ed E. Silla. 5. Cavatina del Machbet di Verdi cantata dalla signorina Lucia de Matteis. 6. Fantasia per violino sul Trovatore di Verdi eseguita dal sig. G. Pachini.

PARTE SECONDA 7. Amore e morte, romanza per baritono sig. Leoni. Poesia del sig. Faustino Cellini, musicata dal maestro A. Cipolloni. 8. Ihon Thomas The Winter, pezzo caratteristico per arpa eseguito dalla signorina A. Guarducci. 9. Intermezzo e strofe, Le parlate d'amor, sul Faust di Gounod per la signorina A. Ferraioli. 10. Concerto per arpa, eseguito dalla signorina E. Silla. 11. Duetto del Nabucco di G. Verdi, cantato dalla signorina L. De Matteis e dal signor P. Q. Leoni. 12. Una lagrima sulla tomba di Meyerbeer, del Ciardi, gran concerto per due violini, due arpe, pianoforte ed armonium, nel quale prenderanno parte le signorine A. Guarducci, E. Silla, ed i signori A. maestro Cipolloni, P. Q. Leoni, G. Pachini, F. De Carolis e De Petris" (7).

Ma a quale scuola si formava la schiera delle innumerevoli e gentili signorine, le cui manine morbide e le dita affusolate e rosee suonavano con tanta disinvoltura e precisione da strappare i plausi dello scelto uditorio? Chi plasmava con tanta perizia le dolci voci dei giovani interpreti rendendole piene di grazia e di espressione? Primo fra tutti il maestro Alfonso Cipollone, teramano di adozione, che tante energie profuse nel dar l'avvio a una stabile istruzione musicale; e accanto a lui, Francesco Roma, Nicola Dati, ma ancor prima Camillo Bruschelli, noto maestro di cappella che secondo antica tradizione fu punto di riferimento per qualsivoglia occasione musicale che abbisognasse di nuova produzione… "al maestro Bruschelli ducati 4;00 per compenso della composizione de' valzer e quadriglie." (8).

Quanto sinora descritto col conforto delle cronache locali, pur nella sua brevità delinea i tratti caratteristici del mondo salottiero intimamente connesso al lento ritmo di vita che nell'Ottocento si svolgeva nelle città italiane. Con il modificarsi dell'uso del tempo e dello spazio, fruiti in una dimensione sempre più accelerata e funzionale ai nuovi costumi e alle nuove esigenze, "quando la famiglia iniziò a perdere la sua centralità anche nel processo produttivo, quando gli spazi abitativi si restrinsero, la casa ed il salotto borghese vennero disertati. Si iniziò ad andare "in società" ovvero ai circoli cittadini che sorsero ovunque, alle società di concerto, ai caffè, ai club, a teatro" (9). Questa dimensione più allargata e democratica non negò, soprattutto in un piccolo centro di provincia come Teramo, quell'atmosfera di gioviale familiarità che ad esempio Giuseppe Savini, intellettuale versatile della storia culturale teramana, seppe mantenere viva durante il suo ufficio di Presidente del Casino di conversazione "[…] nel trattare amichevolmente coi soci e nel desiderarne le pure, domestiche gioie; nel promuovere convegni di dolce godimento intellettuale e feste di serena letizia; che valessero ad affratellare vieppiù gli animi e a conservare tra le cospicue famiglie teramane e quelle forestiere, d'impiegati la più parte, i vincoli dell'affetto e della stima scambievoli e a formarne dei nuovi; nulla piacendogli di più che la città se ne avvantaggiasse in gentilezza di costumi, in dignità, in buon nome" (10).

La trasformazione delle abitudini sociali coinvolge anche la musica da salotto che alle soglie del nuovo secolo, temperati gli accenti più sentimentali, tesse la sua trama sonora tra le maglie di nuovi generi e forme. Già sintesi ideale tra l'espressione musicale "colta" e "leggera", per inevitabile metamorfosi, consegna al nuovo secolo un tesoro da cui attingere a piene mani. Il gusto moderno potrà goderne ancora in nuove forme e significati.

Piantina di Teramo

Piantina di Teramo

 

Piantina di Teramo (Particolare)

Piantina di Teramo (Particolare)

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(1) Cfr. Raffaele de Cesare, La fine di un regno, Milano, Longanesi  & C., pp. 938-940.

(2) Cfr. "La Provincia", 23 febbraio 1879.

(3) Cfr. "La Provincia", 23 marzo 1879. Ardua la scelta tra le numerose cronache che descrivono in maniera così ammirata e schietta i raffinati trattenimenti nei salotti teramani; costrette da ovvi limiti de spazio, raccomandiamo lo spoglio di seguito indicato assicurando una piacevole lettura: "Corriere Abruzzese", 8 febbraio 1877; "Corriere Abruzzese", 14 settembre 1877; "La Provincia", 12 gennaio 1879; "La Provincia" , 2 febbraio 1879; "Corriere Abruzzese", 5 febbraio 1879; "Corriere Abruzzese", 8 febbraio 1879; "Corriere Abruzzese", 11 maggio 1881; "La Provincia", 5 febbraio 1882; "Corriere Abruzzese", 25 febbraio 1882; "La Provincia" , 31 gennaio 1886; "La Provincia", 7 novembre 1886.

(4) Cfr. Carl Dahlhaus, La musica dell'Ottocento, La Nuova Italia, Scandicci (Fi), 1990, p. 261.

(5) "La Provincia", 21 gennaio 1894.

(6) "La Provincia", 10 marzo 1889.

(7) Cfr. "Corriere Abruzzese", 14 settembre 1877. Si veda inoltre "Corriere Abruzzese", 8 febbraio 1879; "La Provincia", 5 febbraio 1882; "La Provincia", 31 gennaio 1886; "La Provincia", 7 gennaio 1886; "Corriere Abruzzese", 11 aprile 1888; "La Provincia", 3 marzo 1889.

(8) Cfr. Volume de' documenti della spese fatte per la festa da ballo data da' Signori Teramani nella Sala Bibbi a di 21 febbraio 1841, in Archivio del Comune di Teramo, Archivio preunitario b. 19 cat. 337 fasc. 12. Notizie più estese su Cipollone, Roma e Dati sono contenute in A. Marino, A. M. Ioannoni Fiore, C. Ortolani, Musica e società a Teramo. Da "La Cetra" all'Istituto musicale "G. Braga", Colledara (Te), Andromeda Editrice, 1999.

(9) Cfr. R. Iovino, F. Dell'Amore, M. S. Grandi, I protagonisti, i luoghi, le mode del Caffè-concerto mitteleuropeo, Cesena, Società editrice "Il Ponte Vecchio", 1995, pp. 25-26. Della stessa collana si veda pure A. Gaddo, M. S. Grandi, E. Sala, Il Caffè-concerto europeo, Cesena, Società editrice "Il Ponte Vecchio", 1997.

(10) Cfr. Giovanni De Caesaris, Medaglioni abruzzesi, Teramo, Casa Editrice "La Fiorita", 1913, p. 232.