Riceviamo in data 5 settembre 2007 una lettera di Manuela Rossi, che
ringraziamo, e che pubblichiamo integralmente.
Salve,
mi chiamo
Manuela Rossi e navigando su internet sono capitata nel vostro sito.
La mia trisnonna
era Aurora De Filippis Delfico sposata con
Ambrogio Rossi, il mio bisnonno si
chiamava Luigi Rossi mio nonno Aldo Rossi ed infine mio padre Renzo Arnaldo
Luigi Rossi.
Vivo a Milano dove
svolgo la professione di commercialista e revisore contabile.
E' con vivo
piacere che io e mio fratello Aldo abbiamo appreso, grazie a voi, maggiori
notizie sulla storia della nostra famiglia, già raccontataci da nostro
nonno e nostro padre sottolineando soprattutto la figura della trisnonna Aurora
come donna di grande carattere e coraggio.
Ed è proprio
facendo riferimento alla fede patriottica dei trisnonni che voglio parlare di
mio padre, mancato l'anno scorso all'età di 81 anni, testimone e protagonista
in gioventù di quella linea ideale che va dal Risorgimento alla rinascita del
nostro paese libero e democratico.
Era una persona
estremamente corretta, filosoficamente buona e di carattere, durante tutta la
sua vita ha sempre svolto l'attività di imprenditore, coerentemente e nel
rispetto di quei principi che aveva posto alla base del proprio agire.
Mio padre in
giovanissima età, aveva all'epoca solo 21 anni, entrò a far parte della
resistenza dell'estremo ponente ligure, i miei nonni risiedevano a Bordighera
(Im), era nato a Ormea (Cn), mi limito per economia a riportare solo alcune
notizie.
Solo due volte, in
tutta la sua vita, ha reso pubblici alcuni degli avvenimenti accadutigli
durante il periodo resistenziale, la prima quando scrisse per il Comune di
Sanremo in occasione del cinquantenario dalla Liberazione, l'episodio più bello
di cui fu protagonista e che vi riporto letteralmente e la seconda 10 giorni
prima di morire quando in occasione della costituzione dell'Associazione
culturale il Ponte del Comune di Vallecrosia rese la sua testimonianza con
incommensurabile fatica fisica dovuta alla malattia.
Mio padre all'età
di 20 anni fu nominato comandante del gruppo sbarchi di Vallecrosia -"questo
gruppo ha operato nel cuore del territorio occupato dai nazisti realizzando un
collegamento con la vicina Francia consentendo lo sviluppo di una importante
fase strategica e favorendo la fuga di prigionieri alleati e di nuclei di ebrei
perseguitati."-
Per sinteticità
dico solo che ha organizzato in tutta la zona di frontiera della bassa Val Roja
il servizio di informazione partigiano; organizzato e diretto il servizio di
controspionaggio, ha organizzato lo sbarco e la sistemazione della 1° missione
alleata (missione Bentley e delle S.F. britanniche; ha salvato tutti i
superstiti della missione americana (O.S.S- Gino), ha condotto in Italia
diverse missioni dei Servi Segreti Alleati, ha diretto la missione "Renzo"
organizzata dal Servizio Coordinazione Alleato.
Nel ricordarlo riporto letteralmente quanto da lui scritto, questo per assoluta trasparenza e rispetto del suo pensiero.
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Renzo Rossi |
L'ULTIMA MISSIONE
Il 24 aprile 1945
si trovava alla base Petit Rocher di Villefranche sur Mer (Francia) un nucleo di
partigiani italiani del Gruppo Sbarchi di Vallecrosia, fra cui il sottoscritto
(di Bordighera) e Mercenaro Pietro detto Girolamo (di Vallecrosia).
Non parleremo delle
vicende del gruppo sbarchi (di cui il sottoscritto era il responsabile) e Marcenaro il commissario politico dell'attività partigiana, della resitenza
nella zona Ventimiglia- Bordighera e dei rapporti con gli alleati perché
ampiamente descritti in numerose pubblicazioni anche se in modo impreciso e con
molte dimenticanze. Sarebbe un compito arduo perché migliaia di persone,
direttamente od indirettamente, vi parteciparono e quindi dovremmo essere in
molti a parlarne.-
Ci limiteremo ad
un fatto circoscritto nel tempo e nelle persone, che iniziò alle ore 16 del 24 e
finì alle ore 3 del 25 Aprile,11 ore dopo.
Si tratta
dell'ultima missione del Gruppo Sbarchi "L'ULTIMA PATTUGLIA" come si usa dire
nei romanzi di guerra.
Questa pagina di
storia non fu mai scritta, i protagonisti ancora viventi ne parlano per la prima
volta dopo 50anni .-
Verso le 16 del
pomeriggio di quel 24 aprile, il Cap. Lamb dei SERVIZI SEGRETI BRITANNICI venne
prelevarci, io ed il Marcenaro, al Petit Rocher per condurci al Q.G.
Interalleato di Nizza "LA LIAISON" – Durante il viaggio ci comunicò che sul
greto del ROJA, all'altezza di Rovino, il pilota aveva comunicato, con la radio
di bordo che i tedeschi avevano evacuato Ventimiglia.-
Ci disse che si
dovevano prendere delle gravi decisioni e che la nostra presenza sarebbe stata
determinante.
Premetto che
all'epoca avevo appena compiuto 21 anni e il Marcenaro 25 ed il fatto di essere
stato convocati in sì alto loco ci lasciava molto perplessi anche percè il Cap.
Lamb non ci disse che cosa si attendevano da noi personaggi così importanti.-
Arrivammo al Q.G.
ed in un grande salone, in mezzo ad una nuvola di fumo, scorgemmo un gruppo di
ufficiali francesi ed anglo-americani che discutevano animosamente fra di
loro.-
Fortunatamente,
data la presenza di ufficiali stranieri, i francesi parlavano lentamente ed in
un linguaggio chiaro e corretto, senza argot, quindi la discussione era ben
comprensibile.-
Per ben capire,
quanto segue dobbiamo fare un'ampia premessa; quando si verificarono questi
fatti il settore sud dell'Armee des Alpes francese era formato per circa l'80%
da militari nord –africani ed il restante 20% era costituito dall 1° D.F.L.
(Prima Divisione Francia Libera) da reggimenti di senegalesi e dal 21 Corpo
formato soprattutto da volontari stranieri fra cui moltissimi italiani.-Alcune
navi da guerra nella baia di Villefranche, il grosso a Tolone e la rinata
aviazione francese negli aeroporti di Nizza e di HYERES
AL MOMENTO IL 99%
DELLE TRUPPE COMBATTENTI ERA COSTITUITO DA FRANCESI.-
Tra i nord-africani
vi erano reggimenti di tirailleures tunisini, algerini e marocchini regolarmente
inquadrati e comandati da ufficiali francesi e quindi ben disciplinati. Vi erano
pure i famosi GUMIERS dei TABORS Marocchini (truppe alleate) chiamati anche "les egorgeurs" perché applicavano il rituale islamico di sgozzare il nemico.-
Erano truppe
d'elite, temibili e agguerrite, che avevano fatto le loro esperienze sul fronte
di Cassino, agli ordini del Generale JUIN.- queste truppe ausiliarie (cioè con
inquadramento marocchino) non avevano la disciplina dei regolari e dopo
un'operazione vittoriosa pretendevano di esercitare il diritto ancestrale del
"droit de viol" .- basti ricordare il film "La CIOCIARA" di SOPHIA LOREN.-
Normalmente i
GOUMIER erano sempre mandati in prima linea perché truppa vincente (costituivano
les "TROUPES DE CHOC")
Bisogna precisare
che l'opinione pubblica e l'esercito francesi erano nella grande maggioranza
anti-italiani a causa della pugnalata alla schiena inferta dal Mussolini quando
la Francia era già in ginocchio e delle sue mire annessionistiche perché voleva
annettersi NIZZA e la SAVOIA.-
Lo stato maggiore
francese era diviso fra FALCHI e COLOMBE.-
I FALCHI volevano
un'offensiva immediata con tutti i mezzi e le forze a disposizione per penetrare
più profondamente in territorio italiano. Volevano sedersi al tavolo della pace
con le loro truppe a
Genova ed in Val
Padana.- Per loro era arrivato il momento di farla pagare agli italiani.-
LE COLOMBe,
guidate dal generale, sostenevano che un'offensiva scatenata con truppe
coloniali, avrebbe causato problemi gravissimi alle popolazioni italiane di
frontiera con un corollario di stupri e violenze che avrebbero scavato un solco
indelebile fra le due nazioni per molte generazioni future.-
Il generale
francese, un europeista ante-litteram, difese con energia e nobili parole, la
causa delle COLOMBE.-
In quei giorni e
specialmente negli stati maggiori alleati, si criticavano aspramente il
comportamento dei coloniali nell'Italia Centrale e la permissività del comando
francese.-
Per il loro
prestigio nazionale, migliaia di stupri e violenze (almeno quelli dichiarati)
avevano vanificato la più bella vittoria del ricostituito esercito gollista.-
Si può ben
comprendere l'imbarazzo del generale e delle colombe. In caso di offensiva non
poteva certo privarsi delle migliori truppe a sua disposizione e che comunque
avrebbero fatto risparmiare del sangue francese (a questo proposito bisogna ben
precisare che i coloniali non erano per niente entusiasti di servire come carne
da cannone per una causa che non era la loro).-
Gli Anglo-Americani
erano con le colombe, ma per altri motivi: speravano di arrivare prima dal
Centro –Italia.-
A parte le
considerazioni d i carattere politico i FALCHI sostenevano :
-
che nessun militare
tedesco si era presentato alle linee francesi con la bandiera bianca ben
conoscendo i vantaggi di una resa ad un esercito regolare anziché a formazioni
partigiane che li avrebbero puniti per i loro crimini.-
-
che nessun gruppo di
civili italiani si era presentato ai loro avamposti per informarli della
situazione ma anche soprattutto per aiutarli nell'avanzata ed evitare i campi
minati cosa ovvia quando si attendono dei liberatori.
-
che i tedeschi,
ritirandosi da Ventimiglia, e secondo l'interpretazione del messaggio radio
dell'aereo non avevano abbandonato né armi né automezzi e quindi non si
trattava di una fuga.- Erano certi che si sarebbero attestati sulla linea Capo
Nero- Coldirosi, bisognava attaccarli e distruggerli.-
-
che all'imbrunire
non si erano visti dai loro avamposti né falò o fuochi di gioia ne si erano
uditi suoni di campane a festa per salutare la liberazione.Per loro c'era
ancora il coprifuoco e la popolazione aveva paura dei tedeschi.-
Questa premessa era necessaria per rendersi conto dell'atmosfera del momento e
delle difficoltà incontrate dalle COLOMBE.-
Erano ormai le 19 e dal fronte nessuna novità.-
Il generale francese insistette, voleva sapere esattamente che cosa facevano i
tedeschi prima di prendere una decisione tanto grave.Ben sapeva che nessuno
voleva morire proprio all'ultimo giorno di guerra .- Fece quindi la proposta di
inviare immediatamente una missione di ricognizione oltre Capo Nero e che
questa operazione dovevamo farla noi italiani.-
Rispondemmo che
eravamo ben disposti a sbarcare a Vallecrosia, dove avevamo la nostra base e
metterci al seguito dei tedeschi per segnalarne i movimenti.-
Ci rispose di no,
che uno sbarco a Vallecrosia avrebbe richiesto troppo tempo, che non c'era un
radiotelegrafista disponibile e che l'unico mezzo di comunicazione erano i
piccioni viaggiatori.-Insistette che gli occorreva una risposta prima dell'alba
perché doveva dare l'ordine di avanzata alle truppe di terra e chiedere
l'intervento della marina.e dell'aviazione.-
Dal fronte nessuna
novità.-
Ci disse che si
rendeva ben conto che si trattava di una missione suicida anche e soprattutto a
causa dei campi minati che noi non conoscevamo e che saremmo andati allo
sbaraglio senza alcun collegamento a terra.-
Tutti gli sguardi
erano puntati su di noi; silenzio assoluto.-
Dopo una beve
consultazione, rispondemmo che, se anche non eravamo per niente d'accordo e che
come gli altri non volevamo morire proprio l'ultimo giorno, saremmo sbarcati
ugualmente a San Remo perché ci rendevamo conto della gravità del momento e
soprattutto perché non volevamo che i presenti pensassero che gli italiani
avessero paura.-
Dicemmo pure ai
presenti che, considerati i rischi, non potevamo ordinare a nessun altro
italiano di andare perché sarebbe stata una viltà, saremmo andati noi stessi.-
Applausi da parte dei presenti ed allora il generale gridò ad alta voce perché
tutti (e in particolare gli anglo-americani) sentissero che anche un ufficiale
francese sarebbe sbarcato con noi (non disse però che si trattava di un
disciplinare che doveva riabilitarsi).-
A questo punto il
generale commise una gaffe; ci offrì una forte somma di denaro che noi
rifiutammo con sdegno; gli dissi che non eravamo mercenari ma alleati a tutti
gli effetti e che accettavamo di sbarcare perché nella zona vivevano le nostre
famiglie e la nostra gente.-
Il generale rispose
(sempre ad alta voce perché gli anglo-americani sentissero bene) che in simili
circostanze un francese avrebbe risposto come noi e per farsi perdonare la gaffe
ci offrì due Sten cromati e damascati e due pettorali con caricatori.- ci
diedero delle divise francesi ma con il berretto nero dei Commandos brittanici
nonché l'ordine di missione in 4 lingue il famoso "TO WHOM IT MAY CONCERN…..
che ci dichiarava appartenenti all'esercito francese e ci autorizzava a trattare
la resa dei reparti nemici incontrati.-
Il Cap. Lamb ci
riportò alla base di Villefranche . Un corteo di vetture piene di ufficiali
alleati ci seguiva .- al Petit Rocher tutti continuarono a commentare la
decisione del generale; poi arrivò il Kajak e la gabbia con i due piccioni
viaggiatori.-
Arrivò una telefonata
dal Q.G. dal fronte nessuna notizia .- BISOGNAVA PARTIRE.-
Partimmo
immediatamente su di un velocissimo motoscafo RIVA
Mar calmo come un
olio. Luna piena. Un incrociatore ed un cacciatorpediniere (gli stessi che
avevano bombardato il deposito tedesco di Piazza Colombo) si misero sulla
nostra scia.-
Tutto il
dispositivo militare francese era sul pronti a muovere .-
L'equipaggio del
motoscafo era composto da:
Cap. La Barrière
del D.G.E.R. (una colomba)
Cap. Muller della
Surete Militare (un falco)
I piloto Cesar
(francese non meglio conosciuto) e Perdetti Giulio di Ventimiglia
Gli sbarcandi, il
volontario francese, Marcenaro ed il sottoscritto:
una gabbia con due
piccioni viaggiatori ed un kajak.
Arrivati al largo
di San Remo ci fermammo per decidere .- il Cap. Muller sosteneva che la città
era ancora occupata dai tedeschi .- nessuna finestra era illuminata, nessun falò
era stato accesso sulle spiagge e sul molo per segnalare che la città era libera
. Fece osservare che quando una città è libera le campane suonano continuamente
a distesa.-
SAN REMO ERA NEL
SILENZIO PIU' ASSOLUTO
Secondo lui non
valeva la pena rischiare la vita di tre persone. Bisognava mandare subito i
colombi con il messaggio che la città era ancora in mano ai tedeschi,.-
La Barriere
sosteneva il contrario e cioè che bisognava assolutamente sbarcare perché se
anche si rischiavano tre vite se ne potevano salvare migliaia.-
Alla fine per
tagliar corto a questa discussione poco piacevole fatta sulla nostra pelle, io e
Marcenaro mettemmo il Kajak in mare .- io salii davanti, il francese in mezzo
con la gabbia dei colombi e Marcenaro dietro.-
Il motoscafo
rientrò immediatamente a Villefranche e ci lasciò al nostro destino.-
Remando con le
pagaie ci avvicinammo all'imboccatura del porto costeggiando il mercantile
affondato, sul molo non c'era nessuno.-
Ci spostammo
davanti al Morgana ma ci venne il dubbio che la spiaggia fosse minata ed era
vero.-
Lentamente ci
dirigemmo verso San Martino ma pur essendo vicinissimi alla costa con una luna
che sembrava il sole di mezzogiorno, non scorgemmo anima viva .- il francese
cominciava a perdere la calma : "Nom de Dieu, où allons nous? Continuava a
sussurrare Marcenaro mi chiedeva "Renzu ti ghe cunusci, duve semu? " rispondevo
" nu ghe capisciu in b…-"
A questo punto
devo chiarire che in occasione della discussione al Q.G. Marcenaro mi aveva
chiesto se sapevo dove andare: risposi di sì ( infatti conoscevo l'indirizzo del
Prof. Mascia Mario, segretario del C.L.N. di San Remo) ma il mio compagno
intendeva l'ubicazione dei campi minati, che io purtroppo non conoscevo.-
chiarito l'equivoco dopo tanti tentennamenti, nella speranza di vedere qualcuno,
decidemmo di andare verso una casupola bianca, era il bunker tedesco sito sulla
spiaggia proprio davanti al campo sportivo.-
Decidemmo di
sbarcare sul viottolo che collegava il fortino al bagnasciuga.- prima di mettere
piede a terra gridai in tedesco e in italiano "siamo francesi ! arrendetevi!
Nessuna risposta. sbarcammo e seguimmo il sentiero con la massima prudenza
(avevamo paura delle mine a strappo).- il bunker era vuoto, arrivammo alla
ferrovia. Volgendo lo sguardo indietro vidi quei tristi cartelli che gli anziani
ben ricordano "ACHTUNG MINEN" .- ci era andata bene .-
Attraversammo la
via Aurelia e ci infilammo in una stradina che costeggiava ad Est il campo
sportivo.-
Alla prima casa
bussammo, un uomo si affacciò alla finestra, gli parlammo in dialetto. Si
rassicurò e ci aprì la porta facendoci entrare in casa. Era il Sig. Zauli,
figlio dell'ex Preside della Scuola di Avviamento di San Remo.-
Ci disse che gli
ultimi tedeschi erano passati in serata e che a San Martino davanti al bar
Bordin c'era già un posto di blocco partigiano. Con la moglie ci disse che
avevano avuto paura che fossimo una retroguardia di fascisti.-
Mentre la signora
ci preparava un surrogato, noi inviammo subito i colombi con i messaggi.-
ERANO CIRCA LE TRE
DEL MATTINO
Scendemmo sull'Aurelia,
ed avvicinandoci al posto di blocco partigiano fummo fatti segno ad una raffica
di mitra per fortuna sparata in alto.-
Quando si accorsero
che eravamo alleati, scene di gioia da parte di tutti. Mi recai immediatamente
a casa del Prof Mascia (che allora abitava a San Martino).-
I piccioni
viaggiatori fecero il loro dovere, l'offensiva fu sospesa, i GUMIERS non si
mossero, le navi e gli aerei non bombardarono, la guerra era finita.-
Ci mettemmo in marcia per Ventimiglia;
arrivati in Piazza Colombo (erano ormai le nove del mattino) fummo portati in
trionfo dai sanremesi che probabilmente furono un po' delusi quando si accorsero
che io e Marcenaro eravamo della zona e parlavamo come loro.- speravano che
fossimo dei veri inglesi.-
A Ventimiglia trovammo i fucilieri di marina
e le truppe senegalesi.
Il generale aveva mantenuto la parola, non
aveva mandato avanti i nord- africani.-
I senegalesi ebbero delle perdite a causa
delle mine, erano arrivati seguendo sentieri laterali alla via principale, i
fucilieri di marina che avevano preso la via Aurelia non ne ebbero.-
Anche se alla fine della guerra fra i
francesi e gli italiani ci furono degli attriti e delle divergenze a causa dei
plebisciti e delle manovre annessionistiche della Francia, avvenimenti che
divisero i protagonisti della vicenda che abbiamo testè narrato, ogni nube è
scomparsa. Ogni giorno diecine di migliaia di francesi e di italiani si
incontrano, commerciano, lavorano affratellati nella grande nazione europea.-
Il generale francese forse non sarà più tra
i vivi (era già anziano allora) ma noi vogliamo ricordare, per la memoria
storica ed in occasione del cinquantenario di quegli avvenimenti, l'impegno, la
nobiltà d'animo e il fervore con il quale difese la causa della fratellanza fra
i nostri popoli.-
Inchinadoci nel ricordo di tutti coloro che
nel mondo intero morirono per la nostra libertà vogliamo qui ricordare i nostri
eroici caduti del GRUPPO SBARCHI, Gugliemi Alberto, fucilato dai tedeschi al
ritorno di una missione di accompagnamento di ufficiali alleati e i Fratelli
Biancheri (Lilò) di Bordighera che convinsero i bersaglieri del sergente
Bertelli del bunker di Vallecrosia ad unirsi ai partigiani permettendo così la
nascita del Gruppo sbarchi.-
Furono catturati dai tedeschi su delazione
il 21.03.1945 subirono la tortura, non parlarono, non tradirono, la base
continuò a funzionare fino alla fine della guerra.-
Furono fucilati il 28 marzo del 45 a Forte
San Paolo.-
Rossi Renzo
Marcenaro Pietro
Voglio inoltre
ricordare le ultime parole della testimonianza resa pochi giorni prima di
lasciarci:
"l'ultima mia missione è forse la più bella, perché in essa le forze alleate ci
riconobbero pari dignità e demandarono i destini dei nostri paesi e delle nostre
genti ai risultati della nostra missione."
Personalmente faccio mia la frase pubblicata dall'Associazione il Ponte:
".. le città che sfidano il tempo sono quelle le cui mura sono fatte di carta,
di memorie, di registri di cronache e di storie…"
Grazie dell'attenzione
Manuela Rossi |