De Filippis

 

De Filippis-Delfico

 

(Teramo, 1820)

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Stemma famiglia De Filippis-Delfico, Teramo, 1820

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Delfico

(Napoli, sec. XVIII)

(Teramo, sec. XV)

Stemma famiglia De Filippis, Napoli, sec.XVIII

Stemma famiglia Delfico, Teramo, sec.XV

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Epistolario

Lazzaro Spallanzani ad Alberto Fortis

Lettera datata 31 dicembre 1788

Pubblicata in Melchiorre Delfico, Opere complete, Teramo, Fabbri, 1901,1904, a cura di Giacinto Pannella e Luigi Savorini, vol. IV, pg.138.

Spallanzani informa l’abate Fortis di aver "aver provato il maggior piacere" nel conoscere Melchiorre Delfico e che il nipote Orazio, suo allievo, è "vogliosissimo di studiare e profitterà sicuramente".

Ubicazione del manoscritto: Archivio di Stato di Teramo, Fondo Delfico, b. 20, f. 283, n. 2

A cura di Luciana D'Annunzio

 

Trascrizione

Pavia l’ultimo del 1788

 

A[mico] C[arissimo]

Voglio credere che a quest’ora avrete avuto mie nuove dal sig. D. Giuseppe Brentano, il quale vi avrà eziandio fatto le mie scuse, se in quell’ordinario non vi ho scritto. Il fo adesso quantunque affollato o piuttosto affollato da mille seccagini, compagne presso che inseparabili per tutto il tempo ch’io soggiorno in Pavia. Ho provato il maggior piacere nel conoscere di volto questo sig. Delfico, ed il nipote il quale frequenta l’Università nostra, ed è anche mio scolare. Egli è vogliosissimo di studiare, e profitterà sicuramente. E’ nel tempo stesso il più amabile signorino del mondo. Lo zio l’ho trovato qual voi me lo dipingeste, e non potrei abbastanza spiegarvi quanto mi è cara la sua conversazione sì nel fisico che nel morale. L’Ajo altresì frequenta le lezioni di diversi professori; a me sembra uomo colto, e i due Delfico mostrano esserne contentissimi. Il seniore mi ha letto due carissime vostre, in cui gli parlate del vostro affare, pel quale posso assicurarvi che sono impegnato come se fosse tutto mio. Dal contenuto dei vostri fogli continuo a presagirne bene: ma io vorrei (ed ardentemente lo desidero) che si venisse ad una final conclusione. Dopo che vi siete dentro con le mani e coi piedi, presso la Corte e il Ministro, non lasciate di instare, urgere, increpare.

Indipendentemente dall’interesse, la ripetizione vostra lo vuole.

Qui in Pavia in riguardo ai fermenti passati tutto è nella maggior quiete; e il Santo Frate di nera e lunga roba, è avvilito, perché quasi abbandonato da tutti. Egli è il fratello foenum habent in cornu longe fuge. Al mio arrivo all’Università ho però avuto un aneddoto, che voglio comunicarvi. Un certo Timeo Palermitano, era fra noi l’anno scolastico passato, sotto pretesto di studiare la Botanica, ma in sostanza non faceva nulla, a riserva di dir male di tutti. Quindi la più parte dei suoi compagni, anzi che imitarlo lo aborriva.

Alla morte di Scopoli animato costui da qualche mio collega, so che compose una vita in lode di quest’uomo laboriosissimo, e che promise di stamparla in Napoli dopo che vi sarebbe giunto. Si lasciò pure allora intendere che in questa vita vi farebbero poco buona figura alcuni possessori di Pavia; ed io interpretai allora ch’io sarei del bel numero uno, anzi lo primo. Ma io e i miei buoni amici lasciammo a sua voglia gracchiar questo corvo. Non è difficile che questo pazzo abbia mantenuta la parola, cosa che per me non monta un frullo, e per cui non mi prenderò mai la più piccola pena. Se mai per accidente ne sentite costà parlare, a riserva di prender voi le mie parti, siccome mio buono amico, lasciate cader da sé quelle ciance, anzi altamente sprezzatele, siccome farò io. Qui abbiamo un freddo insoffribile, e la notte scorsa il mio termometro reaumuriano, posto fuori della finestra, marcava il gradi 11 ½ sotto la congelazione. Quale enorme divario fra il clima di qui e quello di costì!

Ne’ giorni scorsi essendo io andato a Milano il sig. Conte di Wilzeck ha mostrato con me tutta la soddisfazione pel passato mio viaggio, e per la raccolta fatta in tale occasione; ed avendogli il da Napoli delineato uno sbozzo del nominato viaggio, ha avuto la bontà di dirmi che non solo lo ha gradito, ma che lo ha creduto degno di mandarlo al Principe Kannitz. Il Reale Arciduca altresì ha avuta la clemenza di voler sentire le mie osservazioni sul Vesuvio, su l’Etna e le isole Eolie, e mi ha dato o piuttosto rinnovato i maggiori contrassegni della bontà sua a mio riguardo. In questo ordinario scrivo due versi all’amabile Breislak.A casa Brentano un milione di ossequi. Datemi le vostre nuove che mi saranno carissime.

Il freddo mi stringe a far punto, gelando fino gli sputi nella mia stanza, che ad onta del fuoco continuo ch’io vi fo, è una vera ghiacciaia che non la cede punto a quella degli Svizzeri. Io però malgrado un tanto rigore, sto così bene di salute e di tranquillità d’animo che meglio star non potrei.

Addio, amico mio immortale, addio. V’abbraccio, e vi bacio fin di qua!

Il Vostro

Spallanzani

 

[Indirizzo]

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