Teramo, 23 marzo 1790
Caro D. Berardo (2),
Il tempo impedì la posta di partire in passato, e fu un vero
controtempo; poichè per darvi solleciti riscontri aveva spedito in Atri
per render nota la vostra a Giamberardino (3-4) e fare, come volevate,
il testimonio.
Certamente le proposizioni sono troppo lusinghiere per l' animo d'un
padre; e tutte le qualità e circostanze che concorrono nel soggetto,
dovevano eccitare il più vivo desiderio di vederne il compimento.
Sicchè egli mi scrisse che primamente vi avessi ringraziato
dell'interesse che prendevate pel nostro Orazio, e che la notizia era
sicuramente la più lieta che l'animo suo avesse potuto sentire; niente
più dovendo desiderare che il bene e la felicità del figlio. Come dunque
siamo stati tutti concordi per questa parte, così lo siamo stati per
l'altra che richiede tutta la sincerità e la delicatezza: cioè che non
rimanesse nè errore, nè illusione sul nostro stato e le nostre
circostanze. Non devo parlar di Orazio, poichè costì già è conosciuto, e
conoscendo anche me, potete pur dire che i miei fratelli mi sono stati e
mi sono ancora esempio d'imitazione, e la nostra pace viene dalla più
perfetta omogeneità di sentimenti. Gian-Filippo vi avrà scritto dello
stato della rendita, al che parmi dover pure aggiungere che tutto l'asse
rimane indiviso ad Orazio, poichè in famiglia vi è stretta
primogenitura. Che su l' eredità di Mazzocchi (5) si può contare con
certezza; e non dovrebbe anche mancargli qualche altra successione, per
parte dell'ava materna.
La casa di nostra abitazione, essendo finita, sarà decorosa per ogni
nobile abitatore. In quanto alla città non è certamente la più infelice
fra quelle delle nostre provincie, ma chi si contenta di una buona
famiglia piuttosto che di una buona città indica dei veri sentimenti di
saviezza. Del resto io ho amato sempre la mia patria, come sapete, non
tanto per immaginazione o pregiudizio, quanto perchè il carattere
generale delle persone ed anche del popolo è buono e docile, e perchè
per la nostra famiglia vi ha veramente un rispetto universale. In quanto
al mantenimento non si mancherà certamente di quanto a nobile famiglia
si conviene, ed il vantaggio di vivere in una piccola città è appunto di
poter fare con una rendita mediocre quel mantenimento, che in una più
grande città non si può fare col doppio o col triplo: oltre a ciò si
dovrà essere sicuro anticipatamente che il nostro principale pensiero
sarà di voler vedere sempre contenta e soddisfatta la persona che verrà
ad onorarci. Eccovi di noi.
Prima che voi aveste scritto, in più occasioni io aveva già parlato
dell'educazione che costì si dà alle figlie fra la nobiltà, e di ciò
parlando, e di quelle che si distinguevano per bellezza e per le altre
doti dell'animo, ho confermato sempre il mio giudizio che Donna Carolina
aveva la bellezza della bontà, e la soavità della beneficenza; e vi
ricorderete che spesso fra noi e col sig. Grattognini (6) ancora essendo
in tali, ragionamenti, io ho parlato di lei come di qualche cosa di
singolare.
Io non posso dire di averla veduta o trattata che due volte, cioè,
una in casa Botta, e l'altra in casa propria, anzi, dans l' asile
impénétrable, come si espresse madama la governante, ma quella soavitá
di fisonomia resta indelebile nella immaginazione.
In quanto alla dote, della quale ci parlate, non abbiamo nulla a
replicare, e quando si tratta in buona fede, la dote, piuttosto è un
affare di casa Bellisomi (7) che nostro.
Eccovi, parmi, gli articoli più interessanti.
Ora vi dirò che questa mia come quella di Gian-Filippo dovete
comunicarla al nostro sig. Grattognini che se io ho stimato sempre per i
suoi illustri talenti, ho amato anche sempre pel suo eccellente costume
e per l' effettiva affezione avuta per Orazio. È certamente niun maggior
grado d'affetto potrà mostrargli che in pensare alla felicità dei suoi
giorni; ma volendoci pensare veramente, si deve far carico di tutto l'
antecedente. Più essendo egli confidente e buon amico della famiglia,
desidero che il primo consenso sia quello della Damina, che dopo questo
cerchi di scoprire l' animo del padre, della marchesa, del fratello,
perchè in trattati d'amicizia ciascun individuo deve restare inteso.
Dopo ciò una richiesta formale, mi parrebbe che dovesse essere fatta da
qualche persona del loro rango, e già penserete tutti alla marchesa
Botta (8) che tanto ci onora con la sua amicizia.
Vi dirò finalmente che io ho il più di ragione di esser desideroso di
tal partito. Fu un mio pensiero di farvi venire Orazio e tutti ne siamo
restati contenti. Se costì dunque, dove ha formato il suo spirito,
potesse contrarre anche quei vincoli che possono fare la sua felicità ed
il contenuto di tutta la famiglia, io ne sarei sommamente lieto e Pavia
sarà in perpetuo la Gerusalemme celeste del mio cuore. Quali saranno le
nostre obbligazioni al sig. Grattognini!
Abbraccialo per me, come io abbraccio voi con pieno sentimento di
amicizia, con la quale mi ridico. |