De Filippis

 

De Filippis-Delfico

 

(Teramo, 1820)

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Stemma famiglia De Filippis-Delfico, Teramo, 1820

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Delfico

(Napoli, sec. XVIII)

(Teramo, sec. XV)

Stemma famiglia De Filippis, Napoli, sec.XVIII

Stemma famiglia Delfico, Teramo, sec.XV

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Epistolario

Orazio Delfico al padre Giamberardino e allo zio Gianfilippo

Lettera datata Pavia, 5 luglio 1789

Orazio Delfico scrive al padre Giambernardino e allo zio Gianfilippo, sul suo imminente viaggio per Mantova e Verona, sui pranzi in casa Botta dove assiste ad esperimenti di chimica e sulla sua visita, con lo zio Melchiorre, al Gabinetto di Fisica dove ha avuto modo di vedere molti strumenti scientifici. Nella medesima lettera con i propri caratteri Melchiorre Delfico dà notizie ai fratelli sul viaggio, sull’Università di Pavia e sull’ottimo rendimento degli studi di Orazio per il quale chiede che gli venga riconosciuto con "generosità".

Ubicazione del manoscritto: Archivio di Stato di Teramo, Fondo Delfico, b. 24, f. 453/b, n. 2

A cura di Luciana D'Annunzio

Trascrizione

Pavia 5 luglio 1789

 

Sig. Padre, e Zio Carissimi = Con sommo piacere apprendiamo, della vostra in data dei 23 dello scorso, le grate notizie del vostro buono stato di salute. Ci credete di già in viaggio per Verona, e forse lo saressimo; ma per godere dell’amabile compagnia del Professor Bertola abbiamo ritardato di qualche giorno. Il nostro viaggio che dovea esser per acqua sarà per terra perché oltre all’avercelo tutti sconsigliato non era di molta economia, poiché i barcaioli vi erano messi in somma pretenzione, e non ci  cercavano che quattro zecchini a persona portandoci sino a Mantova; e che facendolo poi per terra non ci viene a costare che undeci zecchini per tutti. Della città di Verona non sento che lodi della sua bellezza, e mi par mille anni di vederla. L’altro ieri fui a pranzo in casa Botta dove intervenne il pubblico professore di Chimica, il quale dopo pranzo ci fece vedere l’esperienza del albero di Diana e diverse altre come quelle di cangiare in rosso da un acido, un succo blù vegetabile ed in verde da un alcali. Vi fù anche il nostro Ex professor Vario il quale con la sua favella parlò da che venne fino che partì, come dice lui, Napoletanamente.

Alcuni giorni sono fui con zio Melchiorre al gabinetto di fisica condotti dal macchinista per osservare quale ci sembrassero più opportuni degli istrumenti che ivi si trovano: La Macchina Pneumatica di Smeaton con le rispettive campane per rarefazione e decondensazione due conduttori una machina elettrica con le punte ed i cuscini; ponendovi il tubbo lavorato con le viti; degli elettro nastrini, un elettroforo, una macchina così detta di Parcher, i termometri ed i barometri, cinquanta vasi per una batteria. Tutto ciò che consiste in legno, e metallo sarà lavorato qui, ed i vetri domani avrò dal macchinista i disegni per farli lavorare a Venezia. Quanto mai ci sarebbe da acquistare (se ci fossero i denari) in questo genere!

Ho piacere che costì sia finita la rigidezza dirò così della stagione, e noi possiamo dire di sentir caldo. Vi prego de miei saluti a tutti gli amici, porgendovi quelli di D. Berardo, resto baciandovi la mano.

 

Fratelli Carissimi = Avendo scritto una lunga lettera a D. Alessio mi ristringo in questa e rallegrandomi delle buone nuove vostre vi confermo quello che ha detto Orazio. Oggi e domani le passeremo in pranzi, visite di congedo, e tutti i piccoli apparentj alla partenza, che poi non sono tanto piccoli: dopodomani farò anche una gita fuori di Città a dieci miglia da qui, per un ultimo attestato di amicizia alla famiglia Botta, ch’è quella che ho quotidianamente frequentata; e poi partiremo alle due dopo mezzanotte. In una carrozza saremo noi, e nell’altra Bertola colla sua governante ed un Olivetano Veronese. A Cremona staremo una mezza giornata, e due a Mantova, di modo che facciamo il conto di esser a Verona per Lunedì o Martedì.

Vi ringrazio delle notizie, e vorrei pure che quella di D. Felice fosse vera. D. Alessio mi scrive la morte di Pigonati, e l’Ordinariato di Codronchi: non ci è male nell’una e nell’altra. Della pianta di quest’Università, e dei due Professori parleremo a voce: non è una Repubblica ma una vera Anarchia: il capo vi sceglie tra essi annualmente, e gli Elettori sono i Sedari. Godo delle buone notizie del raccolto, che par generale. Di Fortis non ho nuove dopo del di lui arrivo a Padova, e come vi cennai erano piene di speranza pel ricuperamento della madre; ma temo di questo successivo silenzio. Fare un Museo non è da pretendersi, ma avere una tale quale Collezione è necessaria per conoscere le cose, poiché altrimenti non s’imparano che le parole, e queste pure si obliano: né senza tali cognizioni si è in grado di raccogliere cose indigene o normali, perché sarebbe raccoglier sassi senza saper che siano. Orazio parmi che meriti la vostra generosità, e questa è la miglior notizia che io posso darvi, giacché io sono sempre più contento di lui: sicché bisogna che anch’esso sia contento. Conservatevi, mille saluti agli amici, e mille abbracci col cuore a voi. Nella prima posta vi daremo nostre nuove.  Addio

 

[Indirizzo]

A Sua Eccellenza

Il Sig. D. Gian Bernardino Delfico

Bologna per Ascoli