Sono
trascorsi più di duecento anni da quando San Marino fu teatro di questa storia,
che ha visto come protagonisti alcuni
membri dell'illustre famiglia teramana, Delfico, che su queste libere, aspre
rocce aveva cercato riparo.
Percorrendo
le strade del centro storico possiamo solo provare ad immaginare cosa e come
potevano vivere allora questi esuli. Sicuramente in Repubblica erano stati ben
accolti e a testimonianza di ciò parlano i fatti e le affettuose parole che
Melchiorre Delfico esterna nelle sue innumerevoli carte.
I
Delfico avevano trovato ospitalità in un palazzo distante pochi metri dal
Pianello (Piazza della Libertà), casa Ramelli. Ancor oggi sulle mura esterne
dell'abitazione possiamo leggere la lapide commemorativa . Da alcune lettere
che zio Melchiorre scriveva ad uno de suoi tanti corrispondenti fuori confine,
sappiamo che era una casa in cui facilmente penetravano gli spifferi dei freddi
venti invernali, che dal mare o dai monti raggiungevano l'alta vetta. In
questa casa Melchiorre vi abitava insieme al nipote Orazio, figlio del fratello
Giambernardino, alla di lui giovane moglie Diomira Mucciarelli ed alla piccola,
adorata Caterina.
Il
legame tra la famiglia teramana e quella ospitante, col tempo, divenne tanto
stretta, al punto che Ramelli accompagnò Delfico fuori confine, quando questi
divenne consigliere di stato sotto il governo di Giuseppe Bonaparte. Ma prima di
allora, un primo saldo vincolo tra le due famiglie si creò quando la nipote
Diomira Mucciarelli, il 26 settembre del 1801 fece da comater, da
madrina, al battesimo della figlia di Ramelli, la piccola Maria Magdalena
Diomira.
Melchiorre
vi aveva cercato rifugio alla fine
del diciottesimo secolo, nel 1799, durante un periodo caldo come quello
che fece seguito alla Rivoluzione Francese. Di Orazio Delfico invece, sappiamo
che ...dopo un lungo e penoso peregrinare…raggiunse lo zio Melchiorre nel suo
rifugio di San Marino verso la fine del 1800. Più tardi arrivò la moglie Diomira
con la figlioletta nata nel marzo 1799 durante la prigionia dei Delfico nel loro
palazzo ov'erano rinchiusi "per soli sospetti di aver sostenuto la buona causa…"
San
Marino si configurava allora come un'eccezione, un'anomalia rispetto
alla Storia. Nella realtà, la storia di questo paese non è un'alternativa,
ma una storia parallela ed estraniarsi da quanto avveniva fuori i confini fu una
scelta quasi obbligata e favorita da più combinazioni: la collocazione
geografica dello stato ed una povertà che non suscitava le bramosie di nessuno.
Questo rinchiudersi in se stessi da parte del popolo sammarinese ha favorito il
mantenimento della libertà ma in cambio ha mantenuto sicuramente il paese in
una condizione di arretratezza politica, culturale ed economica.
Detto
ciò non ci è dato sapere la causa precisa del perché Melchiorre Delfico fu
seguito fin quassù dall'amato nipote. Orazio
è sempre stato nel cuore di Melchiorre che lo aveva accompagnato e
seguito nella sua istruzione scientifica e che lo aveva affidato alle cure del
carissimo amico Alberto Fortis, illustre personaggio del panorama
scientifico-naturalista del XVIII sec. Nonostante il ritiro tra questi monti,
sappiamo da una lettera di Delfico datata 4 dicembre 1800 che Orazio si
manteneva attento alle scoperte scientifiche attraverso la stampa, forse poca,
che giungeva in Repubblica. Egli, infatti, si mostra desideroso di conoscere
tutto ciò che riguarda una nuova scoperta di procedura per ottenere l'acido
vitriolico. Per il resto, purtroppo non abbiamo molte notizie di come
occupassero il loro tempo.
Questo fino al giorno in cui la loro vita fu attraversata da un lungo tragico
avvenimento. A seguito di un anno in cui la carestia toccò picchi vertiginosi,
tanto da costringere gli abitanti del Titano all'utilizzo alimentare delle
ghiande, fece seguito una forte ondata epidemica di tifo. Dal 1801 l'epidemia
mortale serpeggia tra i sammarinesi, forse anche in relazione agli spostamenti
delle truppe napoleoniche. Un editto del 10 novembre 1804 mette in guardia
contro la "febre e morbo contagioso" e ordina a tutti gli osti,
albergatori e qualunque persona a denunciare ai Signori Capitani reggenti
qualunque forestiero di recente pervenuto…e proibisce l'introduzione in città,
borgo…di qualsiasi persone, animali, merci…provenienti dalla Toscana.
Nonostante le misure di sicurezza il tasso di mortalità, in territorio, si
mantiene alto per tutto il decennio.
Ma
torniamo ai Delfico.
Da
una lettera che zio Melchiorre, costernato, scrive all'amico Fortis in data 1
ottobre 1801, riusciamo in parte a ricostruire i fatti accaduti. Diomira, in
dolce attesa del secondo figlio, verso la metà di Agosto si ammala di una febbre
putrida. Al suo capezzale accorre il dott. Rosa, amico e medico riminese, il
quale sicuramente consigliò l'allontanamento della piccola Caterina dalla
madre.
Le
condizioni di Diomira andarono peggiorando tanto che i parenti ritennero di
doverle fare somministrare l'estrema unzione.
…Separata
dalle persone che amava, dopo il lungo periodo di clausura e di abbattimento, il
vento della speranza, levandosi aveva acceso una febbre ed una impazienza che le
toglievano ogni padronanza di se stessa; una sorta di panico la prendeva al
pensiero che forse, sì vicina alla meta, poteva morire, che non avrebbe più
riveduto le persone dilette e che non sarebbe stata ricompensata delle lunghe
sofferenze.
Le assidue cure del dottore giovarono e le condizioni della giovane Diomira
andarono migliorando…ma a quel
punto fu la piccola Caterina a mostrare i primi segni del morbo. Per lei,
purtroppo, le cose ebbero un diverso corso, tanto che la piccola morì.
Gli
archivi della piccola Repubblica e quelli della parrocchia
della Pieve non riportano notizie precise di questo triste fatto.
Purtroppo per un buon numero di anni sui libri parrocchiali non sono stati
registrati i morti entro il quinto
anno di età ed il nostro caso rientra in queste circostanze. Alcuni documenti
consultati fanno supporre che il piccolo angioletto possa essere stato
seppellito nella vecchia Pieve, anche se né lapide né iscrizioni ricordano la
sua presenza e la sua memoria.
I
cimiteri europei sono nati sostanzialmente nell`Ottocento, quando si proibì la
sepoltura all'interno delle città. Fino ai primi decenni dell`Ottocento, la
consuetudine era quella di seppellire i morti nelle chiese o in zone circostanti
comprese nei centri abitati. Ciò aveva delle ripercussioni igieniche e
sanitarie piuttosto evidenti. Così, un famoso editto napoleonico,
Saint-Cloud del 1804, impose la fine
delle sepolture nelle chiese e la costruzione di grandi cimetières fuori dai
centri abitati. A San Marino solo nel 1822 viene reso noto che …nel
cimitero di questa Chiesa Plebale rimangono insepolte le ossa dei defunti
Concittadini in maniera che si sono vedute frequentemente trasportate altrove
dai cani…Il Generale Consiglio …decretò che si provvedesse…colla
costruzione di un nuovo cimitero nel luogo creduto più adatto e nella maniera
più conveniente…
Caterina,
però, potrebbe essere stata sepolta nella piccola chiesa del Crocifisso, chiesa
dedicata a San Rocco, il Santo degli appestati.
La
piccola chiesa, ubicata fuori la cinta muraria, è un edificio sito
lungo la strada "della Ripa"che collega Città con Borgo
Maggiore, antico Mercatale.
Si
ha menzione della esistenza di questa chiesetta negli antichi catasti del
settecento. Come tutte le cappelle
dedicate a San Rocco, probabilmente, venne edificata per devozione al Santo
protettore della peste.
Essa…per
la sua dolce umiltà…è tanto cara alla popolazione.Questa chiesa è
maggiormente cara al popolo perché
in essa sono sepolte decine e decine di spoglie di contagiosi morti di peste
nel 1540-1549-1630-1656 ed in tutte le altre epidemie che posteriormente
colpirono il paese
(1).
A tale proposito è interessante ricordare che all'interno dell'edificio vi è una
lapide che ricorda che quel luogo è stato un luogo di sepoltura della vittime
delle epidemie che afflissero la Repubblica per circa 200 anni "Qui
nella pace di nostro Signore riposano le vittime delle epidemie che funestarono
il paese del 1621 al 1835 dai fedeli invocando la prece".
Diomira
a causa dell'immenso dolore per la scomparsa della piccola fu colta da doglie
di parto, come descrive accoratamente zio Melchiorre.
Nacque prematuramente Marina "la piccola repubblicana" come la chiama
affettuosamente zio Melchiorre, battezzata nel dì 27 settembre 1801.
Ecco
quanto è riportato nell'antico registro dei battesimi conservato
nell'Archivio della Pieve di San Marino:
"Catharina
Marina, Anno D[omi]ni 1801 die v[ero] 27 septembris Reverend[issi]mus D[omi]nus
Archip[resbyte]r Marinus Mercurj Coadiutor baptizavit Infantem natam ex Nob[ilibus]
D[omi]nis Oratio Delfico Terami in Aprutio, ac Diomira Mucciarelli Conj[uge] cui
nom[inata], ut sup[r]a comater fuit Nob[ilis] D[omi]na Catharina Angeli huius
Paroeciae"
Marina
lasciò ben presto la piccola Repubblica. Diomira sua madre continuava a stare
male, la sua salute era in pericolo ed il medico consigliò alla piccola
famiglia un trasferimento in luogo più adeguato.
Cresciuta la giovane donna andò in sposa al nobile Gregorio De Filippis conte di
Longano da cui ebbe ben 9 figli. Di lei si ha ulteriore memoria a San Marino
quando nel 1855 "penetrata la disgrazia sofferta dalle giovanette Marina
e Caterina Gobbi in Bollini (figlie di Maria Magdalena Diomira Ramelli?), per la
perdita della loro progenitrice…" ella tramite Filippo Belluzzi, invia loro una
moneta di 5 scudi "onde poter soccorrere a qualche loro principale
bisogno…"
Questa
non è che una delle tante piccole storie che hanno contribuito alla Storia di
noi tutti e del nostro Paese.
Forse
le cose non sono andate esattamente come narrate, ma pochi sono gli elementi con
i quali effettuare una più precisa ricostruzione.
Cosa
importante è ricordare che un angioletto di nome Caterina Delfico riposa nella
nostra terra. Zio Melchiorre non solo ci ha consegnato alla Storia con le sue
Memorie, ma ci ha affidato un pezzetto del suo cuore.
Forse
vale la pena ricordare questa storia, perché ognuno di noi si possa arricchire
con un elemento in più del passato nella costruzione del proprio futuro.
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