(1) Antonio Tripoti (Teramo
05.06.1809 - 21.10.1872), per il suo acceso patriottismo soffrì precocemente
la persecuzione borbonica. Fu costretto, infatti, a lunghi periodi di
esilio in Francia ed in Spagna e condannato in contumacia a ventiquattro
anni di ferri dopo i fatti di Napoli del 15 maggio 1848.
A seguito dell'ingresso di Garibaldi a
Napoli (7 settembre 1860), torna a Teramo quale membro del Comitato
d'Azione con Valerio Forti, Luigi e Berardo Bonolis per organizzare il
governo prodittatoriale composto da Pasquale De Virgilii, Troiano Delfico
e Clemente De Caesaris, che provvisoriamente doveva dirigere
l'insurrezione della provincia teramana proclamando Vittorio Emanuele II
re d'Italia (8 settembre 1860).
Prigioniero nella fortezza di Pescara con
Clemente De Caesaris indusse alla resa la guarnigione borbonica della
piazzaforte consegnandola alla Guardia Nazionale di Chieti, recandosi
subito dopo ad assediare la fortezza di Civitella del Tronto, sino alla
sua caduta (20 marzo 1861). Nominato comandante dei volontari del Gran
Sasso ripristinò l'ordine in diversi paesi dell'alto Sangro, di Isernia e
Rionero sconvolti dalla reazione. Nel 1862, nominato dal Cialdini
Ispettore della Guardia nazionale mobile si distinse nella repressione del
brigantaggio nella provincia di Teramo, ritirandosi a vita privata al
termine della luogotenenza in Napoli (27 ottobre 1862).
Nella sua "Memoria" manoscritta conservata
presso l'Archivio di Stato di Teramo si legge "Della vita politica di
Antonio Tripoti dall'anno 1828 fino a questo giorno è inutile dir cosa;
quelli cui va diretto questo opuscolo conoscono le sue sofferenze, le sue
condanne, i suoi esilii, i suoi dispendii, l'arresto del padre, le
persecuzioni della famiglia; conoscono infine come egli sempre abbia
operato in favore del paese poco curandosi dei propri interessi i quali
sacrificò sempre alla causa che oggi ha trionfata. La sua vita non fu un
mistero, ed egli non ha mai cessato di meritare il titolo di onesto uomo
del quale più di ogni altro va fiero. Di tanto ne potranno fare
testimonianza i suoi compagni di emigrazione, di tutte le epoche, e gli
uomini che nel paese non giudicano per private passioni e con spirito di
partito, ma col sentimento retto della verità e della giustizia. Scopo
solo di questo opuscolo è il trattare di quanto si è fatto dal Tripoti
nelle ultime contingenze per la causa italiana, ma non perché questo sia
di merito a cosa conseguire, ma unicamente a smascherare i malvagi che
cercarono lordarlo con le loro calunnie, ed a perderlo nell'opinione di
quel popolo che egli più di se stesso ha sempre amato." (Miscellanea,
b. 4, c.s. 120, 1860 ) |