Una corrispondenza inedita
di Melchiorre Delfico
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di
Cristoforo Buscarini
In "Aprutium", nn. 1-2 / 1995, S. Atto di Teramo, Edigrafital, 1996 |
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Il nome di Melchiorre Delfico, almeno a San Marino, continua ad essere
legato principalmente alla pubblicazione, nel 1804, delle "Memorie
storiche della Repubblica di San Marino". Il volume appare a molti
una sorta di summa della vicenda storica della Comunità organizzatosi
tenacemente in forme autonome fin dall’epoca in cui (forse nel X – XI
sec.) sorse un imprecisato e, sotto certi aspetti improbabile
monasterium. Del lavoro del Delfico si loda poi l’appendice diplomatica,
prima raccolta edita a quell’epoca dei documenti "fondamentali" della
storia sammarinese. Già nel 1749 peraltro l’Abbati Olivieri, e poi il
Bonelli dal 1773, avevano approfonditamente esplorato l’archivio della
Repubblica, senza però darne alle stampe i risultati (1). Più d’uno
studioso ha creduto riscontrare una incongruenza fra la redazione delle
"Memorie storiche" nel 1804 e la pubblicazione dei "Pensieri
su l’istoria e su la incertezza ed inutilità della medesima" del
1806, ove egli esprime le tesi note dell’antistoricismo illuminista. Se
però si riportassero le "Memorie storiche" nel loro giusto
ambito, che a nostro avviso non è quello storiografico, ma quello
politico-apologetico, nell’ambito di una tradizione del mito di San
Marino che risale al ‘600 (2), l’antitesi apparente allora verrebbe
meno. Così come verrebbe meno l’immagine convenzionale di un Delfico
immerso nello studio delle pergamene dell’archivio sammarinese, poiché
a questo punto delle ricerche è dato acquisito che per la parte
diplomatica egli è largamente debitore nei confronti dell’erudito
sammarinese G.B. Bonelli (3). Con grande onestà intellettuale scrive
appunto il Delfico nella premessa alle "Memorie Storiche" :
"Meriterei però taccia d’ingratitudine se tacessi d’aver ritratto non
indifferente sussidio dai trasunti dell’Archivio della Repubblica fatti
con diligenza dal fu Giambattista Bonelli". Ciò non sminuisce affatto
l’apporto del Delfico alla diffusione di una migliore conoscenza delle
peculiarità storiche di San Marino, serve però a collocare la ricerca
nel giusto ambito, riconoscendole un ruolo determinante nel
consolidamento, persino a livello di politica internazionale, del mito
della "libertas perpetua" di San Marino (4).
I biografi del Delfico hanno analizzato con sufficiente chiarezza il
periodo del suo soggiorno a San marino che va dal 1799 al 1806, i
rapporti con l’aristocrazia locale, le relazioni culturali (5). Massimo
esponente dell’aristocrazia municipale del Titano era in quegli anni
Antonio Onofri (6). Il piccolo stato sammarinese, con una popolazione
inferiore alle settemila unità su un territorio collinare di sessanta
chilometri quadrati, ed un tessuto economico e sociale di notevole
arretratezza, sopravviveva nell’ambito dello Stato Pontificio in una
condizione di autonomia non formalizzata in trattati, ma comunque
accettata o subita dalla Santa Sede, come dimostrano le note vicende
"alberoniane" del 1740. L’arrivo nelle Romagne dell’armata francese nel
1797 costituì per San Marino il momento di svolta in quanto, in funzione
delle esigenze propagandistiche del Bonaparte, la piccola repubblica
oligarchica potè assurgere, con abile manovra trasformistica, a modello
di democrazia nel grigio orizzonte italiano (7). A pilotare il piccolo
stato in questa convulsa stagione della storia italiana fu appunto
Antonio Onofri, che seppe intuire la precarietà dell’assetto imposto dai
francesi, ed assecondarli senza assumere mai posizioni troppo esposte
rispetto agli interessi della Santa Sede, con il risultato pratico di
non scontentare né i nuovi né i vecchi padroni della penisola. La
restaurazione infatti lasciò San Marino nella condizione precedente la
rivoluzione francese. Questi cenni relativi alla vicenda storica di San
Marino fra rivoluzione francese e restaurazione ci sono parsi
indispensabili per inquadrare e "decifrare" l’inedito autografo
delfichiano che di seguito si riproduce. Fra le carte private
dell’Archivio della Repubblica, si rinviene una cartellina recante la
dicitura di mano del Malagola (riordinatore dell’Archivio fra il 1885 e
il 1891) (8), la quale recita: "Una lettera di Melchiorre Delfico e una
di Cesare Montalti (18…, e 1837). Acquistate in Bologna dal Console
Malagola per l’Archivio Governativo" (9). La lettera, attribuita al
Delfico, si compone di un foglio piegato in 4 pp., la prima delle quali
reca il sonetto satirico di cui si tratta, la quarta contiene
l’indirizzo del destinatario, Giambattista Onofri di S. Marino, nonché
il sigillo di chiusura in ceralacca, l’annotazione della tassa postale
riscossa ed i segni di piegatura del foglio.
Insomma, si tratta di lettera "viaggiata", anche se l’assenza di
qualsiasi timbro non consente di individuare il luogo do provenienza. La
comparazione della grafia del documento con altri autografi delfichiani
sembra non lasciare dubbi sulla paternità materiale dello scritto.
Bersaglio della colorita e tagliente composizione satirica, come
chiarisce la dedica, è certo don Domenico Magrini "professore di
grammatica in Sammarino nel Nobile Collegio Belluzzi". Motivo di tale
iniziativa letteraria, la cui paternità morale si attribuisce
all’Onofri, è un precedente carmen che l’incauto precettore aveva
dedicato appunto allo stesso Onofri. Il testo, di pugno del Delfico, non
reca una datazione, né il pur scrupoloso Malagola si è addentrato in
tale ricerca. Il problema peraltro non è di ardua soluzione. L’ottimo
repertorio bibliografico, redatto dal Padiglione nel 1872, offre la
chiave per una risposta al quesito (10). Si legge, infatti che il
Magrini è autore, fra l’altro, di un carme latino, edito nel 1824 nel
quale il tema aulicante svolto è l’apologia di un’ambasceria compiuta
dall’Onofri presso il Pontefice Leone XII al fine di appianare gli
attriti esistenti in tale contingenza fra la Santa Sede e la repubblica
(11). La composizione non è la prima dello stesso autore poiché il
Padiglione ne elenca almeno sei edite, e possiamo immaginare,
considerata la propensione del precettore a tormentare la musa latina,
che più numerose circolassero manoscritte. Il Magrini del resto non
contenne la tentazione letteraria alla redazione di carmina
classicheggianti, ma volle, con poca cautela spingersi ben oltre. Quando
infatti vide la luce, nel 1834, la dissertazione del Fea a sostegno dei
pretesi diritti della Santa Sede su San Marino e sulle Valli di
Comacchio (12), il Magrini ritenne di poter vergare una frettolosa e
retorica confutazione, la quale, non a caso, per un secolo e mezzo è
rimasta inedita (13). Il sonetto delfichiano potrebbe peraltro essere
posto in relazione con un altro carme che il Magrini compose, nel 1825,
per la morte dell’Onofri (14). A tale conclusione possono indurre sia
l’ultimo verso del sonetto, sia il fatto che la lettera abbia a
destinatario Giambattista Onofri, fratello del diretto interessato.
Tuttavia il non aver reperito questo secondo carme (la cui esistenza è
attestata dal Padiglione), e quindi l’impossibilità di valutarne il
testo, suggeriscono qualche cautela nell’abbinare il sonetto satirico ad
una composizione legata comunque ad una circostanza luttuosa e quindi
apparentemente la meno adatta a fomentare la polemica e l’invettiva.
Così per altro verso, ci è difficile immaginare che il Delfico possa
essere solamente il tramite materiale per il recapito del sonetto senza
esserne l’autore. Il fatto che la lettera non rechi nessuna annotazione
esplicativa diretta al destinatario, Giambattista Onofri, sembra
suggerire che non ve ne fosse necessità. Tantomeno appare plausibile che
la missiva, non recante indicazione di mittente, abbia natura di lettera
anonima, sia perché la grafia del Delfico non poteva non essere
familiare in casa Onofri così come il sigillo, sia perché il bersaglio
del componimento è l’incauto verseggiatore, evidentemente inviso al
nobile casato.
Quanto alla struttura del sonetto, ci si limiterà a richiamare, senza
velleità d’analisi estetica, la immediatezza del linguaggio che non
rinuncia però ad un lessico ricercato (ad es. il sostantivo colascione,
una sorta di liuto), che attinge a piene mani alla mitologia classica
(Pegaso, Febo, Marsia, ecc.).
Se poi le congetture dianzi formulate quanto alla datazione del
manoscritto non sono errate, il componimento satirico si inserisce bene
nel clima e nell’umore del periodo in cui il Delfico, lasciati nel 1823
tutti gli impegni pubblici a Napoli, dimorava a Teramo nel palazzo
avito, intento alla compilazione di ricerche erudite, come quella
intitolata – Della antica numismatica della città di Atri nel Piceno
- e l’altra - Breve cenno sul porto di Pescara -. Tutto lascia
supporre che lo studioso abbia mantenuto un fitto carteggio con le
famiglie aristocratiche di San Marino, come dimostra il casuale
rinvenimento, decenni or sono, di 95 lettere del Delfico dirette a
Giuseppe Mercuri di S. Marino. Si deve dunque presumere che tale
documentazione sia andata irrimediabilmente perduta assieme agli archivi
familiari in cui giaceva. La nostra lettera non sarebbe dunque che un
frammento erratico di un ampio carteggio intercorso con la famiglia
Onofri.
La pubblicazione di questo sonetto satirico certo non può recare un
contributo innovativo alla analisi della personalità scientifica e
politica dell’autore. Proprio per questo il testo è rimasto inedito per
decenni. Dal documento emerge tuttavia un aspetto meno noto della
personalità umana, del temperamento gioviale e non alieno dalla polemica
scherzosa che l’età avanzata evidentemente non aveva spento nell’animo
dello studioso. E’ questo forse il contesto in cui va letta la
composizione, attraverso la quale si può apprezzare quantomeno un
aspetto inedito ed imprevedibile del Delfico. |
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Sonetto di Melchiorre Delfico |
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Trascrizione |
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Al merito impareggiabile
Del Molto Reverendo Sig. D. Domenico Magrini
Professore di Grammatica in Sammarino
Nel Nobile Collegio Belluzzi
Antonio Onofrio
In ringraziamento ed in congratulazione del Carmen
dedicatomi
D. D. D.
Il seguente Sonetto
Magro Coglion che tronfio e pettoruto
Vai strimpellando un colascion scordato,
da incappucciata belva anche ajutato
Mostri solo pel remo esser cresciuto.
Non hai l’ali assalir sul biforcuto
Monte alle figlie del tonante grato
T’aborron Elle, e Pegaso sdegnato
Spetezza al tuo cantar cigno orecchiuto.
Di sua mano Febo i poetastri scuoja,
Cessa di vomitar versi bistorti,
E di Nume, ch’egli è, diventa boja.
Tu trema che la fronte altera porti,
Che qual Marsia venisti a Febo innoja
Stangando i vivi ed inquietando i morti.
(a tergo) Al Nobile/ signore Gio.
Battista Onofri / Rimino per S. Marino
(lettera viaggiata, con sigillo in
ceralacca)
(sulla carpetta) Una lettera di
Melchiorre Delfico e una di Cesare Montalti (18…, e 1837)
Acquistate in Bologna dal Console
Malagola per l’Archivio Governativo.
(Archivio di Stato, Repubblica di San
Marino, Fondi privati. Miscellanea, busta 18, f. 2). |
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(1) ABBATI OLIVIERI (degli) A.,
Indice di tutte le pergamene esistenti nell’Archivio segreto
della Repubblica di San Marino, in "Repubblica di San
Marino. Liceo Ginnasio Governativo" , a.s. 1977-1978, Annuario
XIII e ss.; BONELLI G., Sommario di documenti dell’Archivio
Governativo di San Marino, parte I, in "Studi Sammarinesi",
(V)1988.
(2) GAROSCI A., San Marino.
Mito e storiografia tra i libertini e il Carducci, Milano
1967.
(3) BONELLI G., op. cit.;
DELFICO M., Memorie storiche della Repubblica di San Marino,
Milano 1804, p. 7.
(4) GAROSCI A., op. cit.,
pp. 165-226.
(5) Delfico Melchiorre, a
cura di V. Clemente, DBI, 36, pp. 527-539; Melchiorre Delfico,
a cura di N. Matteini, in ID., La Repubblica di S. Marino
nella storia e nell’arte, San Marino 1988, pp. 369-379.
(6) Antonio Onofri, a
cura di N. Matteini, in ID., op. cit., pp. 381-392.
(7) MONGE G., Dall’Italia
(1796-1798), a cura di S. Cardinali e L. Pepe, Palermo 1993.
(8) MALAGOLA C., L’Archivio
Governativo della Repubblica di S. Marino
riordinato e descritto, Bologna 1891 (rist. S. Marino 1981).
(9) Archivio di Stato,
Repubblica di S. Marino, Fondi privati. Miscellanea, b. 18, f. 2.
(10) PADIGLIONE C.,
Dizionario bibliografico e istorico della Repubblica di
S. Marino, Napoli 1872 (rist. Bologna 1984), pp. 279-280.
(11) MAGRINIUS D., Lodoico
Bellutio et Vicentio Braschio viris excellentissimis coss.
Reipublicae Sammarinensis ob faustum gloriosumque reditum viri
eximii Antonii Onuphrii legati extra ordinem ad Summum
Pontificem, etc., Pisauri 1824.
(12) FEA C., Il diritto
sovrano della Santa Sede sopra le Valli di Comacchio e sopra la
Repubblica di S. Marino, Roma 1834.
(13) MAGRINI D., Risposta
all’operetta del Dr. Carlo Fea fatta pel diritto sovrano della
Santa Sede sopra san Marino Repubblica, Bologna 1987.
(14) PADIGLIONE C., op. cit.,
p. 280.
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