De Filippis

 

De Filippis-Delfico

 

(Teramo, 1820)

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Stemma famiglia De Filippis-Delfico, Teramo, 1820

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Delfico

(Napoli, sec. XVIII)

(Teramo, sec. XV)

Stemma famiglia De Filippis, Napoli, sec.XVIII

Stemma famiglia Delfico, Teramo, sec.XV

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Una memoria storica sulla famiglia Delfico

Scritto inedito di Antonio Madonna

di Luigi Renzetti

In Rivista Abruzzese di Scienze, Lettere ed Arti, a. II, 1887, Pag. 337

Svolgendo i preziosi manoscritti lasciati in retaggio ai lancianesi dall’infaticabile storiografo Uomobono Bocache, e raccolti in quattordici grossi volumi a cura di questo Municipio, nel volume nono mi venne fatto di leggere una memoria riguardante assai davvicino la benemerita ed illustre famiglia Delfico. In essa vengono precisamente esposte le drammatiche vicende nelle quali i Delfico ebbero tanta parte durante il difficile anno 1798, all’entrata dei Francesi nel Regno. – Sembrandomi cosa di molto interesse, tanto più perché si riverbera, relativamente a quell’anno, sulla storia generale della patriottica città cui l’Italia va debitrice, fra tanti altri valent’uomini, di uno de’ suoi più grandi economisti, di uno de’ più saldi e specchiati caratteri della sua vecchia nobiltà, quale fu Melchiorre Delfico, ho creduto fare opera non inutile trascriverla ed inviarla alla Rivista.

La memoria è scritta dall’altro distinto Abruzzese Antonio Madonna di Lanciano, il quale, amico intimo e carissimo del candido Melchiorre, doveva assai bene essere addentro nelle cose concernenti il cospicuo casato, almeno quelle di carattere politico, come non ignorava tante altre particolarità della vita teramana, per averne partecipato dal 1812 al 1821, col grado di Presidente del Tribunale Civile. – Mi auguro che la bella ed affettuosa ricordanza da lui lasciata in Teramo non si oggi spenta del tutto.

Egli comunicò la memoria al Bocache, il quale aveva in animo di tessere e forse pubblicare una storia di  quello che accadde in Abruzzo dal 1798 al 1820, come mi è dato arguire dagli appunti e dai documenti raccolti. Fermandomi poi alle parole - «Passato Governo» - e a qualche altra frase liberamente dettata, io penso che il Madonna ebbe compilato lo scritto nel periodo interceduto tra il 1806 e il 1814, volgendo i regni di Giuseppe Bonaparte e dell’infelice Murat.

Ma ecco intanto la memoria:

  

 - « La Famiglia Delfico è antica originaria Teramana. Ella ha goduto sempre dei primi onori sia per la sua nobile condizione, sia per la sue doviziose finanze, siasi per i lumi e talenti dei quali essa è stata adorna, sapendosi che anche nel passato Governo era controdistinta per le ripruove date nei rincontri più difficili.

   « Da questa distinzione accordata al merito nacquero le più vive gelosie o tra le famiglie ad esse eguali, o tra quelle che se ne vedevano inferiori per tutti i titoli. Come dunque suole accadere ai buoni, ebbe suscitata la persecuzione per la Setta che colà (a Teramo) si diceva esistere sotto i di lei auspicii; e non essendosi pervenuto allo scopo, fu ella involta nella processura dell’uscita delle Monache di S. Matteo, la quale ebbe un termine egualmente onorato.

   « L’anno 1798 fu poi il segnale della di lei rovina. L’aver casato l’unico figlio D. Orazio nella città di Ascoli con una Ereditiera del Conte Mucciarelli, l’essere in quell’epoca lo Stato Romano passato dalle mani papali sotto la protezione Francese, e dichiarata già la Repubblica Romana, fece a ciascuno tenere di sicuro che avesse mano con i Repubblicani, e che per i tanti rapporti, trattasse di rovesciare il trono di Napoli.

   « L’esecuzione del progetto fu facile, dappoiché i nemici di lei avevano tirato al proprio partito il Duca della Salandra ch’era allora al comando dell’ala dritta dell’armata Napoletana, e che era alle delizie di Teramo nel suo Stato Maggiore. A questa lega era ancora il degno Monsignore Vescovo Pirelli, già manifestatosi nemico di quella Famiglia: la quale, avendo congedato dal suo servizio una cameriera, e questa dovendo rientrare nello Stato, s’impetrarono gli ordini del Generale, che li accordò, onde le truppe al confine non le dessero molestia: si giunse pure a tale politezza, che venne la medesima assicurata a portare qualunque carta, mentre non sarebbe stata veduta. Partita perciò, e giunta in S. Egidio, luogo dal confine, l’ufficiale colà accantonato del Reggimento real Napoli, D. Pietro Duran, la fece fermare, e la sottopose ad una minuta perquisizione; e come le vennero indosso trovate varie lettere, che si cedettero incendiarie, e che si amavano trovare dai complottanti, così quelle suggellate dopo la ricognizione, coll’assistenza degli Amministratori e Paroco, vennero rimesse colla donna al nominato Generale Salandra, il quale credendo di essere giunto al porto, ne diede conto al Re, e si ebbero subito gli ordini per l’assicurazione de’rei.

   « L’arresto della donna, le voci confuse che correvano per Teramo, misero in guardia il Barone D. Alesio Tullj, D. Eugenio Michitelli, il Medico D. Vincenzo Comi, e il Medico D. Medoro Mazza, del partito di Delfico, che si posero ben presto in salvo emigrando nella Repubblica Romana. I Signori Delfico vivevano tranquilli nella loro Famiglia, perché erano sicuri di non avere scritto ad alcuno, di avere bensì consegnato lettere per i loro parenti, dissuggellate, e che non contenevano cose che attentassero alla Sovranità, né temevano di alcuna violenza: s’ingannavano però, poiché di notte tempo, ad ora molto avanzata, si videro arrestare da un Battaglione intero del Reggimento Real Napoli assieme a tutti i domestici; e si giunse tant’oltre, che siccome alloggiava in casa il Tenente Winspeare, così, nullostante la di lui seria indisposizione, venne di casa al momento cacciato. I Signori Delfico, colla sposa già gravida, furono lasciati in casa per luogo di carcere, ed i domestici tutti furono tradotti nel Convento dei PP. Cappuccini, e tutti colle guardie a vista.

   « Nella mattina seguente furono nelle finestre del palazzo di loro abitazione situate delle forti cancellate di ferro, e si videro ancora perforate le bussole dorate con dei catenacci e piastrine di ferro da servire di divisione ai detenuti che restarono con delle numerose guardie.

   « Infrattanto da Napoli venne spedito l’ottimo Fiscale Colace, che poi fu vittima del furore di Carolina, a prendere le indagini le più sicure sull’imputazione calunniosa. Si fermò sulle prime in Bellante, luogo distante sette miglia da Teramo, quindi si portò nella medesima Città ad alloggiare in casa del Vescovo. Posto mano all’affare, non esitò con persone di vaglia a dire che era venuto a scrivere la vita e i miracoli della Famiglia Delfico a torto calunniata, come lo contestò collo stesso Vescovo, e coll’impegnato Salandra, che andava a partire per essere stato destinato in di lui luogo il Generale de Michereoux. Difatti, questi arrivato, ed informato da persone disappassionate dell’oppressione che si andava esercitando coi Detenuti, alleggerì le loro pene, e permise ai parenti di questa Famiglia di poterla assistere e visitare; ed in questo frattempo l’infelice sposa partorì nel carcere una bambina.

   « Giunto l’ordine della partenza delle Truppe a formare il Campo nel fiume Vibrata, restarono i detenuti nella custodia di poca guardia militare; ed avvenuta la dispersione della medesima, e la vilissima fuga innanzi a picciola Truppa Francese, nella entrata che questa fece in dicembre, ebbero la libertà dal Generale Rusca; nell’avvertenza che i domestici erano stati già inviati nella Capitale, non ostante i tempi che ricorrevano rovinosissimi.

   « A’ 19 dello stesso dicembre i Signori Delfico tornarono nei ferri dietro la rivoluzione suscitata in Teramo, in cui rimasero saccheggiate le case del Barone Tullj, Michitelli, Thaulero, Nardi, ed il Laboratorio Chimico del Medico Comi, conforme avvenne della casa di Mazza in Magnanella; e le rovine si fecero in una maniera la più villana ed ingiuriosa. La casa Delfico venne però rispettata; anzi il popolaccio sfrenato volle eletto il Presidente D. Gio: Bernardino in Preside interino, tanta era la fiducia che aveva in quella Famiglia, che nonostante le malignazioni dei cattivi, sosteneva non aver mancato di fedeltà, e che tutto ciò si era esposto conteneva la più vile calunnia. E difatti, nella ripresa di Teramo, colle armi alla mano, avvenuta ai 24 dicembre sulle ore tre, il Delfico salvò la Patria ed i suoi medesimi nemici dal sacco, dal ferro e dal disonore. » -

 

Ed ora, poiché mi è stato concesso il favore di pubblicare nella Rivista uno scritto inedito di uno dei più benemeriti cittadini lancianesi, mi avvalgo della occasione per farne conoscere altri brevi cenni biografici, che forse non torneranno indifferenti ai lettori, specialmente a quelli di Teramo. E mi permetto di farlo anche perché il Madonna, oltre all’avere partecipato per nove lunghi anni alla vita intellettuale, politica ed aristocratica di cotesta città, ove ebbe tante amicizie e tanta stima, egli, nel 1813, le diede un figlio non indegno nel testè morto pittore Vincenzo, autore di molti egregi quadri premiati in diverse esposizioni; nella stessa guisa che diede alla mia Lanciano il venerando patriotta e poeta Carlo, onore della regione abruzzese (1).

Il Madonna adunque, fervente Massone e Carbonaro, prese parte attivissima a tutte le politiche vicende del Regno, e per le sue manifestazioni puramente liberali, ispirategli dai profondi studi sui volumi dell’Enciclopedia e dal contatto cogli eminenti patriotti napoletani, dovette emigrare al cadere del ’99, per non incorrere nella persecuzione e nelle rappresaglie de’ reazionarii. Era già stato lodevolmente al posto di Membro del Supremo Tribunale Straordinario pei tre Abruzzi, stabilito dai Francesi a Pescara, con a capo il Delfico, Presidente, e coll’altro Giudice Carlo Filippo De Berardinis, dotto giureconsulto, lancianese egli pure (2).

Da Pescara fuggì a Milano, aiutato dall’amico Luigi Gouthard, generale Comandante dell’Alto e Basso Abruzzo, che mercé sua risparmiò Lanciano dal saccheggio e dal fuoco; ed all’Accademia di Brera, per varii mesi, occupò la carica di Bibliotecario in secondo, col valente Luigi Lamberti, che gli sposò un’amicizia fraterna. Passò a Genova, Commissario in primo della Marina, e nel famoso blocco dell’aprile 1800 vi contrasse la durevole amicizia di Massena, la cui preziosa corrispondenza venne distrutta nel Giugno 1848 in una delle tante visite domiciliari praticate dalla sospettosa polizia borbonica a casa Madonna, dopo la spietata carneficina del 15 Maggio.

Rimpatriato nel 1802 il Madonna si ebbe la nomina di Governatore in Lanciano e più tardi in Ortona, d’onde passò a Lucera Giudice di quel Tribunale. Nominato Vice Presidente ad Aquila, non vi andò per ragioni di salute, e poco dopo preferì essere traslocato a Teramo, dove, come dissi, fu alla presidenza del Tribunale Civile, e ne acquistò fama di magistrato integerrimo, erudito, d’una onestà proverbiale; ciò che lo mantenne in carica alla restaurazione del 1815. – Ma l’occhio vigile del Borbone gli era addosso di continuo, e per toglierlo di mezzo fu colta la circostanza dei moti del ‘20 e ’21, nei quali egli non ismentì il suo caldo patriottismo: e fu esonerato, non già destituito dallo impiego. Tanto è vero che anche sotto il giogo del dispotismo le virtù ed il carattere degli uomini veracemente degni s’impongono e risplendono inesorabilmente!

L’onorando cittadino si ridusse modestamente in Lanciano, e nelle strettezze che sopravvennero trovò alquanto conforto ne’ suoi cari studi. Morì quasi novantenne ai Gennaio 1848, poco oltre un mese avanti la concessione della giurata e poi spergiurata larva di costituzione borbonica; di quella costituzione che, massime negli ultimi anni, fu tra le supreme delle sue patriottiche aspirazioni.

Lanciano, Agosto 1887

LUIGI RENZETTI

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(1) Di VINCENZO MADONNA ha pubblicato alquante notizie l’ottimo ed indefesso illustratore delle cose patrie Prof. ANTONIO DE NINO nel suo recentissimo lavoro - «Sommario Biografico di Artisti Abruzzesi non ricordati nella storia dell’arte» - (Casalbordino, N. de Arcangelis Editore, 1887).

(2) Ne era Segretario il non meno dotto GIULIANO CROGNALE di Castelnuovo, poeta, pittore, civilista e patriota fra i più sinceri. – Quattro ingegni superiori, quattro esemplari caratteri scelti dall’accorto generale MOUNIER tra il fiore degli Abruzzesi dei nuovi tempi.