Il 5 maggio 1569 Orazio Delfico acquista da Marco di Annunzio di
Furia un terreno con vigna, olivi, querce, mori, prugni meli,
olmi, fichi ed altri alberi sito nella località di Castagneto,
nella contrada "delle Chiuse" al prezzo di 45 ducati. E’
questa la prima testimonianza dell’insediamento dei Delfico in
questa zona, situata a circa 8 km da Teramo, alle pendici dei
Monti della Laga e delimitata a sud dal torrente Vezzola.
Da detto anno e sino al 1594 l’incremento del patrimonio
fondiario della famiglia Delfico, costituito da notevoli
possedimenti che si estendevano tra Castagneto, Pantaneto,
Ioanella, Fonte del Latte, Torricella è ininterrotto grazie alle
ulteriori acquisizioni da parte del precitato Orazio seguito da
Giovan Berardino, Fedele e Chiara di Sebenico.
Da tutti questi rogiti in pergamena, appartenenti al Fondo
Delfico conservato presso l’Archivio di Stato di Teramo, non è
possibile però determinare con certezza quello relativo
all’acquisto dell’edificio, noto nei documenti come "casino
Delfico" (1). A tal proposito scrive Arturo Mazza, " (...) è bene
aggiungere alcune considerazioni su una costruzione, abbastanza
ampia, denominata "Villa Delfico" e che si trova oltre Fonte del
Latte, sul lato sinistro della strada, che continua per
Torricella Sicura, all'altezza del bivio per Castagneto, nella
zona chiamata "Piane Delfico". Il nome a detta costruzione,
come si può facilmente capire, deve provenire dall'antica
famiglia Delfico,che era proprietaria della medesima da
antichissima data" (2).
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Cartina con
indicazione della zona denominata "Piane Delfico" |
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Una più chiara testimonianza però si riesce ad avere dai dati
del Catasto preonciario del comune di Teramo del 1644 nel passo
dove si legge che Gian Berardino "… Have massaria laborativa
nella Villa di Castagneto in contrada Fonticello con doi torri
dui case Bregno venti migliara di vigne ottocento settanta sei
piedi d’olive quarantaquattro piedi di mori Fonte Murata …".
Questo riferimento fa supporre con un buon margine di certezza
che tali proprietà riguardino già, in parte, l’aggregato del "casino
Delfico". Ma è soltanto nel successivo Catasto onciario del
1749 che se ne ha piena conferma. La proprietà, intestata
all’epoca a Berardo Delfico, padre del filosofo Melchiorre, è
così descritta " Possiede nel Piano di Viziola e coste di
Castagneto tomolate cento e quattro… di seminativo e sodivo con
capanne, olive, frutta, querce, casino, chiesa et altre case ad
uso del colone e due casaleni, giusta da capo la strada publica
e suoi superficiari, da piedi il fiume Viziola … " (3). E’
interessante notare che a questa data compare la piccola chiesa
annessa all’edificio principale, chiesa che sicuramente fu di
uso sia privato che pubblico poiché è annotata nella visita
pastorale del 1852 del vescovo aprutino Pasquale Taccone dove si
legge "… si visitò la cappellania di San Gaetano de’ Signori
Delfico, della quale si lodò la decenza e l’eleganza".
Da ciò è ipotizzabile che tale abitazione non ebbe solamente un
ruolo di riferimento per la cura degli interessi legati alle
molte proprietà terriere ma fu una vera e propria residenza di
campagna. Ed è qui che, come risulta dall'atto di morte, il 12
novembre 1842 si spense infatti il naturalista,
botanico e
chimico, Orazio Delfico, ultimo maschio della casata, che
aveva legato il proprio nome alla prima ascensione al
Gran Sasso realizzata dal versante teramano nel
1794.
Negli anni successivi i discendenti alienarono questi
possedimenti avendo spostato i propri interessi a Montesilvano
dove si erano definitivamente trasferiti da Teramo intorno agli
anni settanta dell’Ottocento.
Gli ultimi proprietari, eredi della famiglia Pellecchia, hanno
donato l’edificio che nulla conserva dell’antico aspetto, fatta
eccezione per la piccola torre, alla Diocesi di Teramo con il
fine di adibirlo, dopo le opportune trasformazioni, ad un
piccolo centro di accoglienza per bisognosi.
Come segnalato da Luigi Restuccia (4) agli inizi degli anni '90,
" (...) c'è da rilevare che - eccezion fatta del piccolo
campanile - dell'aspetto antico del casino Delfico non è rimasto
quasi niente dato che tutto l'edificio è stato completamente
ristrutturato e reintonacato con della calce "a vista", senza un
neppur minimo segno di rispetto per la
«permanenza storica»".
Scrive Arturo Mazza che la costruzione alla fine degli anni ’90
"si presentava circondata da un lato da un fitto bosco e
dagli altri lati da campi, ricchi di tanto verde e coltivati
ancora con tanta attenzione. Essa si compone di un grosso
fabbricato, a due piani, ancora in discrete condizioni di
stabilità ed altri locali vicini, dove sono custoditi attrezzi
agricoli. Ha anche un ampio parco circostante, ricco di secolari
querce, di castagni, di alcune palme, un laghetto,
caratteristiche fontane, vari scalini e viottoli… che fino a
pochi anni or sono, erano tenuti, al dire degli ultimi custodi,
in tanto ordine e con particolare cura" (5).
Attualmente dopo un accurato restauro ospita la Caritas
diocesana di Teramo-Atri ed è intitolata "Villa Emmaus – ex
Villa Delfico". |