10 e 11 marzo del 1811
Un altro attestato di benemerenza pubblica (1) è dato a
G. Bernardino Delfico dal
Governo Napoleonico e dagli elettori della Provincia. Quello lo nomina
Presidente del Collegio elettorale, questi lo eleggono a Deputato al
Parlamento Nazionale in Napoli (2).
Il ministro degli affari interiori, G. Zurlo, ai presidenti dei collegi
elettorali indirizza parole calde d’amor di patria nel 2 febbraio del
1911, lette, insieme con le istruzioni dal capo della Provincia Augusto
Turgis, nella galleria del Vescovado il 10 marzo del 1811:
«Niente di più nobile ed augusto quanto il grande oggetto che ci
riunisce. Un Sovrano benefico vi chiama a concorrere alla grande opera
della prosperità nazionale. Egli vuole che i suoi popoli godano del
prezioso dono di una costituzione e desidera che ne sentano gli effetti
salutari. Quindi riunisce intorno di sé il Parlamento Nazionale, dove
voi dovete inviare i rappresentanti del vostro ceto (3). Quanto questa
scelta sia importante non ho bisogno d’indicarvelo. Il Sovrano aspetta
dai lavori di coloro che son chiamati nei sedili di ciascun ceto le
nozioni utili, tutti gli schiarimenti necessarii per conoscere le piaghe
che affliggono ancora lo Stato e rimarginarle. La nazione presso di cui
era spenta ogni idea liberale, sorpresa di vedersi per la prima volta
consultata per mezzo dei suoi rappresentanti su de’ grandi oggetti che
interessano tutti gli ordini dello Stato, ne attende avidamente i
risultati. Che sì giuste speranze non siano dunque deluse! Che i
generosi sforzi del Sovrano, gli interessi più cari della nazione, i
vostri, non siano traditi! Riuniti per lo stesso oggetto, animati dagli
stessi principii, spinti dalla stessa impulsione, voi non avete che un
voto inanime, e questa cadrà su coloro che circondati dalla stima
pubblica san forzare le opinioni e comandare i cuori. Come sarà dolce
per voi il potersi dire: Io ho scelto chi sa degnamente rappresentare la
provincia ed esporne i bisogni. Io ho fatto il mio dovere…».
A queste comunicazioni dell’Intendente, oggi Prefetto, il Delfico
prendendo posto di Presidente del Collegio Elettorale rivolge al capo
della Provincia parole di ringraziamento, piene di profonda dottrina ed
improntate a sensi magnanimi di nobile cittadino:
«Ferma, signore, ferma per un istante il passo che alle gravi cure dello
Stato frettolosamente rivolgi. Se di notte e di giorno te stesso
consacri al servizio del re ed al bene dei suoi sudditi, i voti ora e di
questo augusto congresso degnate ascoltare. Al dotto tuo e sublime
ragionamento a me nulla rimane che aggiungere: Tanto ben espresse hai le
alte idee del benefico Sovrano, ed i sacri doveri di questi consiglieri
elettori nella nomina d’un deputato al Parlamento nazionale. Ma chiunque
sia questo deputato, ch’eletto verrà a coprire sì alte funzioni col
rappresentare all’augusto Monarca i disastri pubblici e gli opportuni
rimedii politici, non potrà egli adempiere mai sì importanti e delicate
operazioni senza l’appoggio de’ tuoi lumi, della tua saviezza e
dell’alta tua autorità. In te dunque, o Signore, ed i deputati e la
provincia intera rifilano e sicuramente riposano per questa grande
opera. Al primo genio del mondo, nelle cui mani sono i destini della
nazione, è tenuto questo regno della fausta sorte di veder dopo tanti
secoli risorgere questi popoli siculi al grado di una nazione d’Europa.
Il Normanno, lo Svevo, l’Aragonese piantarono le prime basi nazionali,
che vacillarono e caddero; ma all’immortale Napoleone ed al
vittorioso Gioacchino è dovuta la gloria di una stabile e ferma
costituzione, che ci richiama ad essere una nazione, ed a noi
fedelissimi sudditi riverbera i beni di goderne i frutti col mezzo delle
deputazioni di tutte le provincie del regno al Parlamento Generale.
Soggetti degnissimi da S. M. nominati a questo rispettabile collegio
elettorale conoscono perfettamente i loro doveri inverso il Re, inverso
la patria e loro stessi, e quindi è sicuro il Parlamento che il tutto
adempiono con la massima religiosità ed esattezza».
Nella galleria del Vescovado furono pertanto convocati
dall’Intendente i 63 elettori della provincia il 10 marzo a prestarvi
giuramento e ricevervi istruzioni, e nel dì seguente, sotto la
presidenza del Delfico, eleggervi il deputato al Parlamento.
Dei 63 elettori furono presenti:
G. Bernardino Delfico, Presidente – Gianluca Ciotti – Vincenzo Comi –
Gregorio Marcozzi – Giammichele Thaulero – Francesco Saverio Tullij –
Sigismondo Montani – Giacomo Gaspari – Francesco Saverio Pallotta –
Francesco De Mattheis – Gian Valerio Sorricchio – Domenico Massimi –
Gregorio Fanella – Pietro Giovanetti – Simone Aielli – Luigi Rozzi –
Giacinto Severini – Giampalma Palma – Mercurio Frisanti – Luigi Iannetti
– Camillo Potrei – Francesco Ciafardoni – Pietro Macozzi – Emidio
Mezzoprete – Gian Vincenzo Spinozzi – Agostino Michetti – Ferdinando
Brandarelli – Pasquale Scorpioni – Giacinto Abati – Concezio Leopardi –
Tommaso Torres – Giuseppe Florio – Carlo Caruso – Paolo Guanciale –
Francescantonio Chiola – Pietro Todesco – Gesualdo d Felici – Giacinto
Firmani – Angelo Vannelli – Francesco Saverio de Flamminii – Domenico
Mapei – Minandro Iannelli – Bartolomeo De Amicis – Giuseppe De Albentiis
– Nemesio Fasciani – Giantomaso Rosa - Pier Luigi Tartaglia.
Ed assenti:
Eugenio Michitelli – Giuseppe Maria Albii – Andrea Gaudiosi –
Donatantonio Franceschelli – Luigi Forcella – Vincenzo Treccia –
Emanuele Presbiteri – Pasquale Pallantani – Giambattista Leognani
Ferramosca – Vincenzo De Pompei – Saverio Ferri – Giuseppangelo de
Angelis.
Furono eletti: scrutatori, Luigi Iannetti, Giacinto Firmani e Gesualdo
de Felici; segretario, Pietro Todesco.
Infine i cinquantuno elettori ad unanimi voti elessero «Deputato al
Parlamento Nazionale a Napoli Gian Bernardino Delfico dell’età di anni
settantadue, di famiglia nobile e benestante, senza essere stato verun
altro nominato o proposto (4)».
Ma in quegli anni battaglieri la toga cedeva alle armi, e i Deputati non
furono raccolti a parlamento. Solo dopo la pace di Parigi, quando ancora
nel Congresso di Vienna agitavansi le sorti dei popoli e dei re pei
compensi e le restituzioni delle terre occupate, Gioacchino in Napoli
veniva la prima volta richiamato per alquanti de’ suoi generali, Pepe,
Carascosa, D’Ambrosio, Strongoli, nei consigli e nei campi, allo
Statuto di Bajona da lui giurato, né mai adempito (5). Ma il governo
di Gioacchino venne meno, e con esso ogni disegno di costituzione. Però
G. Bernardino Delfico non poté dalla tribuna del Parlamento spendere il
tesoro delle sue dottrine giuridiche e sociali, che grandi erano, a pro
della sua patria. In quella vece si raccolse nei suoi studi prediletti e
nel 1812 diede alla luce la maggiore delle sue opere: INTERAMNIA
PRETUZIA.
Anche in vita il governo napoleonico e convocato il Parlamento, egli non
avrebbe a lungo preso parte all’Assemblea nazionale, ché morte lo spense
il 17 gennaio del 1814. |
(1) Con decreto del
18 febbraio del 1810 il Delfico era stato nominato Presidente della
Società d’Agricoltura. V. Rivista Abruzzese, anno III, fasc. Ve VI.
(2) V. Collezione degli edili, determinazioni, decreti
e leggi, Napoli nella Stamperia Simoniana; e Bollettino delle
leggi del Regno di Napoli, in Napoli nella Stamperia francese, 20
giugno 1808, 9 novembre 1809, e 2 febbraio 1811.
(3) Secondo lo Statuto Costituzionale, detto di Bajona
dal luogo ove fu dato nel 1808, vi dovevano essere rappresentanti del
ceto dei nobili, degli ecclesiastici, dei commercianti e dei possidenti.
Dei rappresentanti di questi ultimi si faceva l’elezione dagli elettori
delle provincie.
(4) Atti dell’Intendenza della Provincia di Teramo. Marzo
1811.
(5) G Pepe. Memorie. |