Il Parafulmine.
Commedia in due atti musicata da Melchiorre De Filippis
Delfico |
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di Luciana D'Annunzio
In "Notizie dalla Delfico", n. 1/2008, Media, Selva Piana di Mosciano S. Angelo |
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Dopo oltre vent'anni dall'esordio in musica nella città natale,
Melchiorre De Filippis Delfico mise in scena, nel Teatro Comunale
di Teramo, dal 10 al 14 febbraio 1877 per la stagione di
Carnevale, Il Parafulmine (1), commedia in due atti
di Antonio De Lerma cav. di Castelmezzano musicata dal Delfico e
rappresentata la prima volta il 28 marzo 1876 alla Società
Filarmonica di Napoli, per la quale era stata appositamente
composta. La Società Filarmonica, fondata nel 1867, era stata
voluta e gestita dalla nobiltà partenopea: un nucleo originario di
ventuno esponenti del ceto aristocratico, incentivava e promuoveva
la diffusione della musica e della prosa. Forte era l'attenzione
mostrata da questa e da altre associazioni ai giovani allievi
delle scuole musicali cittadine, pubbliche e private, che, spesso
erano reclutati come strumentisti per le orchestre o come solisti
vocali e strumentali da valorizzare nei periodici allestimenti nel
palazzo Cassano a Pizzofalcone, sede della Società Filarmonica. A
quest'ultima apparteneva il Delfico, che per il nobile consesso
era tornato alla musica e, non solo, poichè suo era anche il
libretto, con la composizione Il maestro bombardone,
eseguita nel teatro dell'associazione il 28 aprile 1870 (2).
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Il Parafulmine
(Proprietà della Biblioteca Provinciale
"Melchiorre Dèlfico", Teramo) |
Quando Il Parafulmine arrivò a Teramo, con
l'allestimento della compagnia Trapani, costituì un vero e
proprio evento straordinario, in una stagione teatrale che
aveva, inoltre, programmato L'Ebreo di Apolloni, Le
Precauzioni di Petrella, L'Ajo nell'imbarazzo di
Donizetti e La Traviata di Verdi, stagione che
"…procedeva fiacca, gli artisti vedevano buio, l'impresario
aveva studiato già tutte le vie senza risultato.
L'unica salvezza era affidata ormai al Parafulmine, la
nuova opera buffa…di Don Melchiorre Delfico, tornato apposta
da Napoli. Solo essa poteva parare i fulmini dei creditori, e
i pericoli della troppa fame.
La nuova opera fu allestita con un miracolo di destrezza.
L'autore era insieme poeta, musicista e caricaturista. Aveva
scritto il libretto e fece da suggeritore, aveva composta la
musica e fu direttore d'orchestra, aveva immaginato i costumi
e guidò i sarti…"(3)
Il Corriere Abruzzese del 10 febbraio così dava l'annuncio
dell'opera "Stasera andrà in scena questo nuovo spartito del
nostro concittadino, il quale nella bella Partenope ha
illustrato sé, la famiglia già illustre per martirio politico
e per antenati chiarissimi, e la terra che gli diè i natali.
L'aspettazione è grande presso i nostri concittadini, e siamo
certi che la cittadinanza intera prenderà parte ad un solenne
attestato d'onore per questo prediletto figlio dell'arte…"
Il cronista, continua riportando le recensioni dei maggiori
giornali dell'epoca quali Il Fanfulla di Roma, La
Nazione di Firenze, Il Trovatore di Milano, e poi tutti
i giornali di Napoli, Il Piccolo, Il Roma, Il
Pungolo, La Gazzetta, Il Corriere del Mattino,
La Rivista settimanale, La Discussione,
L'Omnibus, e I Lunedì di un dilettante, nei quali a più
riprese, si era parlato dello spartito del Delfico, lodandone
l'ingegno e l'ispirazione artistica, nell'occasione della messa in
scena alla Filarmonica di Napoli e al teatro Leopoldina di Portici
(4).
Le aspettative non andranno deluse. La cronaca dell'evento dal
titolo Il Teatro di ier sera, riportata ne' La
Provincia dell'11 febbraio così scriveva "L'entusiasmo non si
descrive – V'ha una potenza arcana alla quale gli animi anche più
agghiacciati non possono resistere; essa ti commuove, ti esalta,
t'infiamma; è la potenza del genio e dell'arte. E la potenza del
genio e dell'arte entusiasmava ieri sera la Città di Teramo. La
prima recita del Parafulmine del Cav. Melchiorre Delfico fu
un vero avvenimento per la Città nostra. Il Teatro era pieno,
calco alla lettera. Il Maestro fu chiamato 22 volte all'onore del
proscenio. [Il Corriere Abruzzese ne conta ventinove!] Gli
artisti, l'orchestra hanno fatto la parte loro come meglio non si
poteva…V'ha una parte però in ogni opera d'arte che si sottrae
alla prima impressione di chi ascolta; è la dottrina dell'arte. E
nel Delfico la dottrina è pari all'altezza dell'ingegno. Egli l'ha
capito: non è la facile fecondità dei motivi che sopravvive alla
vita dei compositori: è la profonda coscienza dell'arte, è la
potente vis drammatica che fa immortali le opere di musica.
E il Delfico possiede l'una cosa e l'altra. E noi che respiriamo
le medesime aure di vita respirate da lui, noi andiamo superbi di
chiamarci suoi concittadini… La storia della scienza e della
politica ricorda con gloria Melchiorre Delfico come filosofo e
statista; la storia dell'arte ricorderà con gloria non minore un
altro Melchiorre Delfico che seppe come artista lasciare tale orma
di sè che il tempo non potrà facilmente cancellare"(5).
Anche il Corriere Abruzzese del 14 febbraio dedicò ampio risalto
all'evento con un articolo a firma di Zeta, che si riporta in
appendice, mentre, brevemente, si delinea il commento riportato,
nel detto giornale, a seguito della prima serata dell'opera
"…
dopo lo spettacolo, il maestro Delfico fu ricondotto a casa da una
folla imponentissima di popolo plaudente con illuminazione di
fiaccole. Il maestro era visibilmente commosso per tanto
entusiasmo de' suoi concittadini. In teatro era stato donato anche
di corone d'alloro, di mazzi di fiori e di sonetti a stampa, tra
cui ne abbiam letto uno del sig. Francesco Crucioli…"(6).
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Il Parafulmine
(Proprietà della Biblioteca Provinciale "Melchiorre Dèlfico", Teramo) |
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Il Parafulmine (Personaggi
ed interpreti)
(Proprietà della Biblioteca Provinciale "Melchiorre Dèlfico", Teramo) |
Il successo di quest'opera fu veramente sorprendente tanto che la
Deputazione dei Pubblici Spettacoli, presieduta dal barone Enrico
Codelli e composta da Pasquale Ferrajoli, Giovannantonio Crucioli,
Giuseppe Lupi, Giovanni Mezucelli e Felice De Michetti, il 13
febbraio 1877, il giorno prima dell'ultima rappresentazione,
decise all'unanimità di ringraziare l'illustre concittadino e di
proporre al Consiglio comunale che, interprete dei sentimenti
della cittadinanza, deliberasse la messa in posa, nell'atrio del
Teatro Comunale, di una lapide commemorativa in considerazione
"…che il Cav. Melchiorre Delfico, offrendo al pubblico Teramano le
prime rappresentazioni del suo melodramma Il Parafulmine
fece ai suoi concittadini un dono degno della nobiltà del suo
animo, e della sua stirpe; … che le onoranze concesse alla virtù
sono il miglior pregio di un popolo civile, e che il nome di chi
coglie la palma nella palestra dell'arte o della scienza dev'essere
scritto a lettere incancellabili, perché ne traggano esempio i
contemporanei ed i posteri…"(7).
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Il Teatro Comunale
di Teramo
(Proprietà della Biblioteca Provinciale "Melchiorre Dèlfico", Teramo) |
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Il Teatro Comunale
di Teramo (vista
interna)
(Proprietà della Biblioteca Provinciale "Melchiorre Dèlfico", Teramo) |
La delibera venne inoltrata al Consiglio comunale che, nella
seduta dell'8 maggio 1877, mentre da una parte plaudiva all'idea,
dall'altra decideva di incaricare il prof. Luigi Vinciguerra per
far modificare l'epigrafe proposta dalla Deputazione, ritenuta
inesatta, o per elaborarne una nuova. A seguito dell'istanza del
sindaco pro tempore Augusto Muzii, del 2 ottobre 1877, il
prof. Vinciguerra gli inviava, prontamente una nuova iscrizione
"per non metter mano nell'opera altrui…" del seguente tenore:
"Teramo allietata nel Carnevale del 1877 dal grazioso Melodramma
Il Parafulmine di Melchiorre Delfico incremento della
gloria domestica e cittadina la sua ammirazione volle raccomandata
a questa lapide", approvata all'unanimità dal Consiglio comunale
con delibera del 21 ottobre 1877, Consiglio che, tra i suoi
membri, annoverava il fratello Filippo (8).
Non ci è dato sapere se l'epigrafe sia stata salvata dalla
inopinata distruzione del Teatro Comunale avvenuta alla fine degli
anni '50 (9).
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(1) Il libretto dell'opera Il Parafulmine,
Tipografia E. Pomponj, Teramo, 1877 si conserva presso la
Biblioteca Provinciale "M. Delfico",d'ora in poi B.P.M.D.,
BA-G-III - 8/2/1.
(2) F. Seller, Musicisti teramani a Napoli
nell'Ottocento. Formazione e produzione, in Musica e
società a Teramo, Andromeda Editrice, Teramo, 1999.
(3) B.P.M.D., "Il Giornale d'Abruzzo", 25 marzo
1951, BA-G-III-8/2. Nell'articolo Emidio Agostinone attribuisce
erroneamente la scrittura del libretto del Parafulmine a
Melchiorre De Filippis Delfico.
(4) B.P.M.D.,"Il Corriere Abruzzese" 10
febbraio 1877, la trascrizione dell'interessante articolo si
riporta in appendice.
(5) B.P.M.D., "La Provincia", n. 6, 11 febbraio
1877. Ringrazio Lina Ranalli per l'utile indicazione.
(6) B.P.M.D.,"Il Corriere Abruzzese", 14
febbraio 1877
(7) Archivio Storico Comunale Teramo, b. 44, f. 2,
cat. I, cl. 12 L'iscrizione era la seguente: "Perché sappiano i
posteri che nel Carnevale del 1877 fu rappresentato in questo
Teatro Il Parafulmine melodramma del cav. Melchiorre
Delfico promotrice la Deputazione dei Pubblici Spettacoli
congratulandosi con l'illustre concittadino che accresce onore e
fama alla Patria ha fatto scolpire questa memoria. Teramo, 13
febbraio 1877."
(8) Archivio Storico Comunale Teramo,
Ibidem
(9) Il Teatro Comunale di Teramo, ebbe sin dalle
origini una difficoltosa realizzazione. L'opera iniziata nel 1842,
su progetto dell'architetto teramano Nicola Mezucelli, fu sospesa
nel 1845 per volere del re Ferdinando II a causa delle difficoltà
economiche e ripresa, con non pochi problemi, nel 1861.
L'inaugurazione fu celebrata, con grande solennità nell'aprile del
1868 con Un ballo in maschera di Giuseppe Verdi e Maria
di Rohan di Gaetano Donizetti, più due balli fantastici del
coreografo Ettore Barracani, Il genio malefico e
Un viaggio in sogno.
Il Teatro realizzato nello stile classico
dell'architettura civile dell'Ottocento, "…all'essenzialità
dell'esterno, sobrio e lineare, in pietra fluviale e rivestito in
mattoni, con zoccoli e fronti bugnati, contrasta un interno
importante e sontuoso con loggioni decorati, un ricco soffitto
dipinto raffigurante una teoria di amorini, che animano una scena
mitologica ed un notevole sipario", opera eseguita da Bernardino
De Filippis Delfico, fratello del celebrato musicista e pittore
caricaturista Melchiorre, che rappresentava la scena
dell'incoronazione del Petrarca a Sommo Poeta. Cfr. A. Mazzoni,
Un'opera faticosamente realizzata e inopinatamente distrutta: il
Teatro Comunale di Teramo, in Note, periodico
d'informazione dell'ordine degli architetti della provincia di
Teramo, dic. 1977, n. 41 e Archivio di Stato di Teramo, Prefettura
II 9, serie II,
Teramo, b. 4, f. 17.
Purtroppo, a meno di un secolo dalla sua
costruzione, fu demolito per far posto al desiderato insediamento
dei magazzini Standa annessi al nuovo, ma meno prestigioso
Cine-teatro Comunale.
Ringrazio Fausto Eugeni per la disponibilità e la collaborazione. |
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Appendice |
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Dal "Corriere
Abruzzese" del 10 febbraio 1877
IL PARAFULMINE
del M° cav. Melchiorre De Filippis Delfico
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Trascrizione |
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Stasera andrà in scena questo nuovo spartito
del nostro concittadino, il quale nella bella Partenope ha illustrato sé,
la famiglia già illustre per martirio politico e per antenati chiarissimi,
e la terra che gli diè i natali.
L'aspettazione è grande presso i nostri
concittadini, e siamo certi che la cittadinanza intera prenderà parte ad
un solenne attestato d'onore per questo prediletto figlio dell'arte.
Noblesse oblige – è un detto francese
che è passato come assioma nella vita degli uomini gentili. La nostra
città non verrà meno certamente a questo sentimento.
Noi non intendiamo per nulla di preoccupare
il giudizio che la critica farà di questo lavoro che tra poche ore
sentiremo nelle scene del nostro teatro; ma, poiché da ogni parte ci si
domanda qual sorte abbia corso il Parafulmine altrove e
specialmente nella capitale dell'arte, ove la natura stessa intreccia le
più soavi armonie, abbiam voluto indagare il giudizio che ne han fatto i
giornali italiani.
Ho sul mio tavolo un fascio di giornali che
parlano del Parafulmine, dato la prima volta sulle scene della
Filarmonica di Napoli, e la seconda volta al teatro Leopoldina di Portici.
Il Fanfulla di Roma, La Nazione
di Firenze, Il Trovatore di Milano, e poi tutti i giornali di
Napoli, Il Piccolo, Il Roma, Il Pungolo, La
Gazzetta, Il Corriere del Mattino, La Rivista
settimanale, La Discussione, L'Omnibus, e I Lunedì d'
un dilettante, tutti parlarono a più riprese dello spartito del nostro
concittadino, lodandone l'ingegno e l'ispirazione artistica.
Sarebbe troppo lungo riportare qui tutti i
giudizi che il giornalismo più serio ha dato ripetutamente sul
Parafulmine. Per non annoiare i miei lettori stralcio da alcuni
giornali, dei più importanti e diffusi, quei brani che meglio si
convengono per far meglio conoscere ai miei lettori il valore del brioso
caricaturista e musicista abruzzese.
Prendo a caso La Nazione, ove la parte
artistica ha per valente collaboratore il valentissimo Yorich.
La Nazione parla della
rappresentazione data a Portici. "Il Parafulmine, essa scrive, è
una stupenda e finissima musica, e suscitò entusiasmo indescrivibile.
L'autore fu chiamato moltissime volte all'onore del proscenio, e tre pezzi
furono ripetuti. In grazia del m° Delfico lo splendido repertorio della
musica giocosa italiana si è accresciuto di un gioiello di più. Auguriamo
al valente compositore una sequela di trionfi, come quella di ieri sera, e
di avere sempre ad esecutori delle sue opere le signore Tufari, De Luzzo,
Rossi, Nascio, ed i signori Barone Genovese, Achille De Bassini e
Montanaro, con un'orchestra formata dagli alunni del Conservatorio di
Napoli e diretta né più né meno che dal maestro De Giosa (l'autore del
Don Checco).
E della stessa rappresentazione scrisse Il
Piccolo: Il Parafulmine né opera né operetta; nato senza
pretensioni, per un teatrino sociale, per una sala elegante, è una musica
scritta bene, coscienziosamente, che ha parecchie cose belle, ed alcune
che farebbero onore anche ad opere di più larghe ed alte proporzioni: p.
e. l'aria del contralto nel I atto che artisticamente, per ispirazione,
per carattere e struttura, è il più bel pezzo del Parafulmine; e la
signora Trifari-Paganini le ha detto meravigliosamente; - e poi il finale
dello stesso atto, circa il quale se v'è una osservazione da fare è che il
primo tempo ha una elevatezza di stile forse maggiore di quella che il
soggetto consentirebbe. Del resto il Delfico ama le altezze: la sua anima
è come la sua fisionomia, e tende al malinconico, al patetico: per la
musica, la natura l'ha tagliato al lirico, come pel disegno l'ha tagliato
al comico ed alla satira, poiché è difficile, ed è noto, trovare un
caricaturista che gli possa stare a paro. Le sue tendenze patetiche che
aleggiano in tutto Il Parafulmine, gli hanno dettato la bella
canzone del tenore nel I atto, l'appassionata romanza per mezzo soprano
nel II atto, che nella bella gola della signora De Luzzo diviene una
potente seduzione, e qualche altro pezzo che non abbiamo presente nella
memoria."
Della rappresentazione data alla Filarmonica
di Napoli sentite che cosa scrive La Discussione:
"Lo sceltissimo uditorio che accorse ieri
sera nelle sale della Filarmonica al palazzo Cassano a Pizzofalcone non fu
deluso nelle sue aspettative: nuova musica del cav. Melchiorre de Filippis
Delfico, Il Parafulmine riportò il più lieto e meritato successo.
E' un'operetta in due atti, tutta brio, festevolezza e sentimento, che fa
onore a chi l'ha scritta; e che anche esposta sopra pubbliche scene,
avrebbe la stessa festosa accoglienza che riportò ieri sera, se pure non
farebbe la fortuna di un'impresa."
L'impresa Trapani, che è la prima ad avere in
mano Il Parafulmine, avrebbe a dar ragione alla Discussione
di Napoli?
So bene che il pubblico ha qualche conto da
aggiustare con l'impresa; ma io credo che verrà divisa la causa
dell'impresa da quella della nuova opera.
Accorriamo tutti al teatro ad applaudire al
nostro chiaro concittadino.
Noblesse oblige!... |
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Dal "Corriere Abruzzese" del 14 febbraio
1877
Rassegna musicale
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Trascrizione |
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Inesorabile tu, come… la tosse la quale
m'affanna, vuoi, caro Direttore, la solita rivista musicale; e questa
volta non so davvero come cavarmela. Le note del Parafulmine
fresche, eleganti, festevoli, giuste però sempre di ritmo e colorito
danzano una ridda vorticosa nella mia mente assieme alle memorie di
testine vispe e gioconde, di veli e piume della mascherina x, di fruscii e
falpalà del domino color di rosa, di aneddoti à sensation
sussurrati tra i fumi del punch ed il caldo dell'ultimo valzer
sull'orecchio sinistro dell'amica che infine ci si è fatta riconoscere…
Ma tu insisti ed eccomi a dirti – però con la
maggiore brevità del mondo – le mie impressioni su quest'ultima opera,
così come mi frullano in cervello e ad…uomo confesso v'ha rimessa almeno
la metà della colpa.
Quella specie di corrente elettrica che
notammo svilupparsi nella prima del Parafulmine fra palcoscenico e
spettatori si è mantenuta tutte le quattro sere, e siamo corsi tutti a
quel rumore di festa, fra quegli applausi frenetici a passare due ore di
vero entusiasmo;
e quando tutto un pubblico si agita in una
maniera così tempestosa diciamo pure che il soffio del genio lo ha
sconvolto e lo trascina. Di chiamate al proscenio ne notammo ventinove,
cioè più delle ventidue riferite dal cronista della Provincia.
Il libretto – cosa rara e tanto più ci piace
notarla – ha una orditura bene sviluppata ed uno stile spigliato e brioso.
Il Marchese di Torre-vento (basso comico sig. De Biasi) di fresco
arricchito ha comprato titoli e poderi, e vuole che tutto prosperi a sé
d'intorno, ma…
Solo de' turbini – Egli ha
spavento
Se il tempo è nuvolo – Se
fischia il vento;
E il Parafulmine – Ecco
perché
Subito in opera – Mette per
sé.
Il Marchese desidera sposare un'orfana che
tiene presso di lui, la Bianca (contralto signora Trapani-Pennestri che
in quest'opera sostiene la parte di mezzo soprano); e già si prepara
tutto per le nozze quando una caduta da carrozza in prossimità
dell'officina di Matteo (baritono sig, Pennestri) ove si fabbrica il
famoso parafulmine, fa ricoverare il Marchese e la sua pupilla presso
costui e quivi l'orfana s'incontra con Guido di Monteselice (tenore sig.
Trapani) ufficiale delle Guardie che da otto giorni si adatta sotto
mentite spoglie a tirare il mantice con la speranza di veder lei, parlarle
e così riannodare un antico amore. Per mezzo di Isolina (prima donna
signora De Biasi-Trapani) moglie del fabbro e piena di giovanile vivacità,
Guido e Bianca arrivano ad intendersi, ma prima di scambiarsi qualche
parola Guido viene scoperto nella sua vera qualità. Invitato ad assistere
agli sponsali si reca nel Castello del nuovo feudatario anche lui, Matteo
ed Isolina e quivi quest'ultima sempre festevole, sempre accorta ne sa
combinare tanti di equivoci che fra l'altro scambiando il proprio abito
con quello di Bianca riesce anche a costo di suscitare i gelosi furori del
marito, a far parlare assieme i due innamorati i quali da ultimo si
sposano. Maddalena (signora De Biasi) è una vecchia zitella sorella del
Marchese; e si è ficcato in testa di essere freneticamente amata da uno
che non conosce ancora e da cui riceve poesie e fiori; crede di scorgere
questo incognito in Guido, ma si scopre infine che è un caporale dello
squadrone di costui.
Vi è poi molta conoscenza di scena e le
situazioni comiche sono spontanee, piene di naturalezza e vivacità come le
sa trovare Antonio De Lerma cav. Di Castelmezzano.
La musica di quest'opera semi-seria ha
confermato la stima che si aveva del cav. Melchiorre de Filippis Delfico
come musicista ed operista.
Senza potere stabilire de' confronti con
l'altra opera di lui La Fiera che fu tanto applaudita ma che non
abbiamo avuto il piacere di sentire mai, notiamo nel Parafulmine
molta scorrevolezza e sentimento e quella festosa melodia tutta eleganza
gremita di cavatine piene di leggiadria, di ariette gaie le più scelte,
tutte poste assieme non come un lavoro di tarsia ma fuse in maniera da
essere un solo stile e da non potere facilmente dirsi meglio un pezzo che
l'altro – tutti si fanno applaudire e nell'orchestratura non vi fa difetto
buon gusto e valentia. Qualche punto ci sembra però troppo elevato per un
melodramma giocoso, per esempio l'aria del tenore e del mezzo soprano nel
II atto e forse anche il primo tempo del finale dell'atto primo.
Il preludio è un pout – pourri
dell'opera. Piena di sentimento è la romanza del tenore a cui segue il
brioso duetto fra questi ed il baritono e più sotto la ballata
dell'Isolina piena di vivacità. Vien poi un terzetto fra i detti artisti,
il quale finisce con quel motivo brillante in cui al canto ed
all'orchestra si uniscono i colpi di martello sull'incudine dove si lavora
il parafulmine – Non manca d'interesse la felice sortita del buffo ed il
duetto fra Bianca ed Isolina, ma forse e senza questo forse il pezzo più
indovinato, più caratteristico ed ispirato è per davvero l'aria del
contralto. L'Annunziata De Biasi è in pienissimo carattere in quanto a
scena ma la sua voce pochina pochina non ha potuto farci assaporare quanto
veramente di senso artistico palpita per entro quello note – Si chiude
l'atto con un magnifico pezzo d'assieme dove con bell'effetto il canto
spianato del soprano, mezzo soprano e tenore s'innesta in un quattro
due con il canto picchettato; del baritono, basso-comico e
contralto, e dove altresì si fanno sempre applaudire due corone
eseguite da tutti gli artisti e dalla piena orchestra.
Siamo al secondo atto e si apre con un coro
che diverrà popolare senza dubbio; già lo si sente ripetere qua e là. Le
voci restano così scoperte che di tutte le armonie non ne perdiamo neppur
una. Segue l'aria del mezzo-soprano che da un fraseggio commovente viene
ad una cavatina passionata, poi un breve duetto fra soprano e
mezzo-soprano; poi un terzetto fra le tre donne ed il quale terzetto pone
addirittura in evidenza tutto quanto vi è d'ispirazione comica in quel
punto – Nell'aria del baritono Al rumor vivea beato dicono manchi
una chiusura; a noi non sembra lo stesso e ci pare per di più che sia fra
i migliori pezzi dell'opera e notevole fra l'altro per quella musica
imitativa del mantice e dell'incudine fra i quali Matteo sospira
tornarsene quando ha il dubbio che la moglie lo tradisce. Notiamo il
duetto fra i due bassi, l'aria del tenore D'allor che palpito ed il
grazioso dettino d'amore fra Guido e Bianca – Da ultimo il delicato valzer
finale la De Biasi lo canta come lo sa fare lei, e se n'è voluto sempre il
bis.
L'esecuzione di questo spartito dovrebbe
essere inappuntabile e così come fu dato nella Filarmonica di Napoli, ma i
nostri artisti han fatto il possibile ed oltre del De Biasi, De
Biasi-Trapani Pennestri, che abbiam plaudito sempre in tutte le opere di
questa stagione, siamo rimasti contenti anche della Trapani-Pennestri
della quale ripetiamo quanto dicemmo sentendola per la prima volta, che
cioè avendo essa maggiore esercizio, la voce si riscalderebbe di più e
potrebbe fare molto migliore figura. Abbiamo applaudito in qualche punto
anche il tenore, e della De Biasi abbiamo ammirato la gran buona volontà
di far meglio la propria parte. Buona l'orchestra ed un bravo ai cori che
questa volta non sono usciti mai di carreggiata, anzi han meritato
schietta lode che noi di cuore loro tributiamo. ZETA |
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