Gli antenati di Aurora De Filippis Delfico figlia di contessa
nata dai Conti di Longano, erano oriundi di Spagna al tempo
della dominazione Spagnola sul Reame di Napoli e pare che un De
Filippis Delfico sia stato governatore e funzionario spagnolo
con il titolo di conte o marchese e un Delfico de Filippis
Traiano marchese "conte di Longano" di Teramo (n. 1821),
patriota, letterato e Senatore.
Dal 1744 al 1835 si annovera Melchiorre delfico nobile n. a
Longano (Isernia), di famiglia Teramese, fu politico partenopeo
e fece parte del Direttorio Napolitano (1799) formato da Abrial
André Joseph 1750-1828, di Annonay mandato come Commissario a
Napoli, nel quale facevano parte assieme a Melchiorre Delfico,
Ercole D’Agnese, Ignazio Ciaia, Giuseppe Albamonti e Giuseppe
Albanesi.
Fu inoltre economista, Giureconsulto e letterato 1799-1806,
scrisse la storia della Repubblica di S. Marino "Memorie
Storiche" anzi per le sue benemerenze acquistò la cittadinanza
di quella Repubblica estensibile sino alla Terza generazione e i
discendenti attuali godono ancora di questo alto onore. Egli si
rifugiò in quel territorio nel 1799 per sfuggire alla reazione
del Cardinale Ruffo, e vi rimase parecchi anni acquistandosi
infinite benemerenze. Morì a Teramo.
Aurora De Filippis Delfico aveva pure dei parenti a Capua patria
di Ettore Fieramosca il valoroso trionfatore della
storica "disfida di Barletta" col quale si erano imparentati. La
famiglia Fieramosca era proprietaria di alcune miniere di
argento che finirono poi nelle mani del Governo, i parenti ed
eredi del Fieramosca se avessero voluto, con grande capitale,
circa novecentomila lire, avrebbero potuto intentare causa al
Governo per il recupero delle miniere che invece andarono a
finire in mano ai diversi Governi e mai più riscattate dai
parenti e eredi.
Tra le proprietà riscattate va compresa la villa di Silvi
esistente ancora e denominata villa Rossi della quale, la parte
vecchia è una delle ville più antiche della spiaggia di Silvi,
poiché al tempo del blocco continentale esistevano due sole case
sulla spiaggia per timore dei pirati Algerini e Turchi.
Francesco Antonio Rossi, ebbe vari figli che alla ricchezza
univano il patriottismo e tutti erano anelanti alla libertà
della Patria. Tutti furono compromessi politici e congiurarono
per l’indipendenza della Nazione e per l’Unità della Patria.
Egli fu compromesso politico vera tempra di rivoluzionario,
combatté il 15 maggio 1848 sulle barricate di S. Lucia a Toledo
in Napoli contro i reggimenti svizzeri al soldo dei Borboni e se
fosse stato preso con le armi alla mano l’avrebbero certamente
fucilato. Egli però, riuscì a salvarsi e travestito da contadina
fuggì e riparò in Toscana a Livorno, ove morì esule nel 1856.
In Mosciano S.Angelo s’intitola una strada del paese a nome suo
e la famiglia ne conserva un bel ritratto ad olio.
Il figlio Ambrogio educato alla scuola del padre, ebbe dal padre
gli stessi sentimenti patriottici e guerrieri; fu perseguitato
dalla Polizia Borbonica, venne incarcerato e condannato al
"confino". Fu in gioventù guardia nobile di Ferdinando II e
cavalcò al lato dello sportello della carrozza reale (alto ed
ambito onore) in occasione della venuta del re Ferdinando a
Teramo.
Dal Re Galantuomo Vittorio Emanuele II, comandante le truppe
liberatrici! (1860) egli fu nominato Capitano Comandante una
compagnia di Guardie Nazionali.
Combatté contro i briganti nel brigantaggio politico e di poi
combatté a fianco delle truppe del Generale Cialdini
nell’assedio di Civitella del Tronto quando il comando
dell’assedio fu affidato al Cialdini dove il 13-20 Civitella del
Tronto si arrendeva e il 7 novembre Vittorio Emanuele II entrava
in Napoli avendo a fianco Garibaldi che nella notte fra l’8 ed
il 9 salpava per il suo romitaggio di Caprera e l’esercito
garibaldino veniva sciolto. |