De Filippis

 

De Filippis-Delfico

 

(Teramo, 1820)

biblioteca - archivio virtuale

Stemma famiglia De Filippis-Delfico, Teramo, 1820

family web site

Delfico

(Napoli, sec. XVIII)

(Teramo, sec. XV)

Stemma famiglia De Filippis, Napoli, sec.XVIII

Stemma famiglia Delfico, Teramo, sec.XV

Homa page 

Una testimonianza sul dipinto raffigurante la famiglia del

conte di Longano: opera di Troiano e non di Bernardino?

di Fausto Eugeni

Nell'autunno del 1934 (1), lo storico sammarinese Francesco Balsimelli fu per alcuni giorni a Teramo su invito di Marino De Filippis-Delfico, ospite nel palazzo di famiglia, con lo scopo di visionare e studiare le carte di Melchiorre Delfico, soprattutto quelle relative alle ricerche sulla storia dell'antica repubblica del Titano.

Tornato in patria, volle raccontare di quelle piacevoli e suggestive giornate: lo fece con l'articolo Ricordi teramani, uscito allora sul "Popolo Sammarinese", una breve narrazione scritta in punta di penna e, si direbbe, di getto (2). Non poche sono le sorprese che il racconto riserva. Al tema centrale dell'articolo - l'amicizia tra la città di Teramo e la repubblica di San Marino, nonché i preparativi per le onoranze da riservare a Melchiorre Delfico nel successivo anno 1935 - si sovrappone infatti una serie di immagini di contorno, tutte di straordinario interesse: la città come appare agli occhi di un forestiero che vi entra per la prima volta, le stanze del palazzo, i personaggi incontrati a cominciare da quelli che, appositamente per conoscere l'ospite, Marino invitò in quei giorni a palazzo, alcuni dei quali assolutamente inattesi nelle cronache di quell'anno 1934: ma di questi si parlerà in altra sede.

Tra le righe del testo dell'articolo, un passo ha attirato subito la mia attenzione; lo leggo e rileggo cercando di estrarne tutte le informazioni dirette o indirette che contiene. Balsimelli descrive la stanza (3) a lui riservata dal conte Marino, la colloca come terza di sette, sul lato del palazzo che affaccia in via Carducci, una grande stanza dalla storia importante (4) della quale, tra l'altro, riferisce: "Vecchie incisioni di Melchiorre e di Orazio Delfico sono appese alle pareti; un quadro di considerevoli dimensioni, opera del senatore Troiano Delfico padre del conte Marino, rappresenta la famiglia del conte di Longano che fu sposo a Marina".

Non c'è alcun dubbio trattarsi proprio del dipinto "forse oggi perduto" del quale abbiamo pubblicato la riproduzione fotografica in questo sito e per il cui recupero, due anni or sono, lanciammo un appello, anche sulle pagine di alcuni periodici locali.  La riproduzione fotografica pubblicata, lo ricordo, si trova conservata nell'archivio della biblioteca Delfico. Si tratta di una riproduzione in bianco e nero, formato 18x24 ca, eseguita in epoca imprecisata, comunque prima del 1961 quando la sappiamo esposta, al centro di un pannello dal titolo "casa Delfico", in una delle mostre organizzate nel 1961 per le celebrazioni del Centenario dell'Unità d'Italia.

L'appello lanciato per il recupero del dipinto purtroppo è ancora senza esito, circostanza questa che sembra quanto mai strana: possibile che un così significativo e importante dipinto "di famiglia" sia andato distrutto o perduto o dimenticato in una qualche soffitta?

Quella di Balsimelli è l'unica testimonianza diretta, fino ad oggi incontrata, di qualcuno che avendo visto il quadro con i propri occhi, ne dà informazioni e  ne indica una collocazione certa, sia pure con riferimento a una data risalente a più di settant'anni fa. È il caso qui di ricordare che il palazzo era allora di proprietà, per tre quarti, dei due figli di Troiano, e cioè Marino e Luciano, mentre l'ultimo quarto era di proprietà di uno dei figli di Filippo e cioè Fausto (5).

Dalle parole di Balsimelli sappiamo dunque con certezza che nel 1934 il dipinto era ancora in possesso dei Delfico, che si trovava collocato al fianco dei ritratti di Melchiorre e Orazio (ma qui va chiarito di quale Orazio si sta parlando) e insieme a una preziosa statua quattrocentesca, in una delle stanze storiche del palazzo, riservata nell'occasione a un ospite di riguardo. Ricaviamo inoltre l'informazione, non desumibile dalla riproduzione fotografica, che si trattava di un quadro di "notevoli" dimensioni.

Si potrebbe quasi avanzare l'ipotesi inoltre che la stanza descritta da Balsimelli sia la stessa raffigurata nel dipinto (6). O che almeno siano gli stessi i due dipinti che si notano  alla parete, alle spalle del gruppo di famiglia raffigurato, dei quali uno sicuramente raffigurante Melchiorre, l'altro, poco leggibile, che sembra però mostrare un personaggio in abiti rinascimentali: potrebbe trattarsi quindi non dell'Orazio contemporaneo e nipote di Melchiorre, ma del primo Orazio, quello che nel corso del XVI secolo fu uno dei principali costruttori della fortuna economica della famiglia Delfico (7).

Non possiamo invece stabilire con certezza se fosse conservato normalmente a Teramo o a Montesilavano. Lo stesso Balsimelli infatti, dopo aver riferito che il palazzo era stato abbandonato trent'anni prima, aggiunge che Marino Delfico " … ha ridato la vita a questo palazzo per una settimana: domestici, arredamento, argenterie, cristallerie, biancheria, tutto è stato mobilitato per ricevere l' illustre ospite, illustre in quanto é inviato per incarico del Comitato Governativo pro monumento a Melchiorre Delfico"; lasciando così pensare che tutto quello che si vedeva nel palazzo in quei giorni, compresi dipinti e opere d'arte, fosse stato ricollocato per l'occasione. Tale ipotesi però sembra contraddetta da un breve trafiletto pubblicato nel 1939 dal giornale fascista "Il Solco" che, nel dare notizia del definitivo abbandono del palazzo da parte dei Delfico, al termine del complesso iter burocratico che ne trasferiva la proprietà (che passerà poi alla Provincia) al Comune di Teramo, riferiva che erano in corso le operazioni di trasloco dei mobili (il palazzo era quindi arredato), operazioni alle quali sovrintendeva Bice Delfico Casamarte (8).

Si deve dunque dedurre che non solo le carte e i libri ma anche dipinti e opere d'arte siano stati lasciati in abbandono per oltre trent'anni nel palazzo di Teramo.

Rivela infine Balsimelli, che il "Gruppo di famiglia" di cui trattiamo era stato dipinto da Troiano e non da Bernardino, come da me in precedenza ipotizzato. Se questo è vero (e al momento va data senz'altro fiducia a una così autorevole e diretta testimonianza), va dunque corretta anche la mappa delle identificazioni relativa ai personaggi ritratti nel dipinto: per cui nel pittore riflesso nello specchio sarebbe da riconoscersi Troiano; al contrario, nel personaggio in piedi sulla destra, ritratto con abiti e strumenti da caccia e con il cane ai piedi (alla maniera di tante statue di Diana cacciatrice) andrebbe riconosciuto invece Bernardino (9).

La testimonianza di Balsimelli sembra inequivocabile. "Opera del senatore Troiano, padre del conte Marino". L'indicazione è precisa, proviene con tutta evidenza da Marino stesso e non sembra lasciare spazio a dubbi, nonostante che l'articolo di Balsimelli, scritto certo sul filo della memoria, contenga diversi errori e imprecisioni (10).

D'altra parte era noto che Troiano si dilettasse di pittura, che vi si applicasse in gioventù (11) e che durante gli anni difficili dell'esilio in Grecia, di pittura (ma anche di caccia (12)) vivesse (13). È giusto però rimarcare che "più pittori di lui", se così può dirsi, o almeno di lui più noti, furono senz'altro Bernardino e lo stesso Melchiorre. Il primo infatti, lo ricordiamo, fu autore degli affreschi di Sant'Agostino a Teramo, degli affreschi dell'Annunziata a Mosciano Sant'Angelo, del grande telone del Teatro comunale di Teramo (14), fu Bernardino infine l'unico tra i Delfico ad apparire sul Catalogo del Comanducci, probabilmente fin dalla prime edizioni ottocentesche. Di Melchiorre, a parte l‘attività di caricaturista, sappiamo che fin dal 1839, appena quattordicenne, aveva partecipato a una esposizione collettiva tenuta nella sala del Municipio di Teramo dagli allievi della scuola di Pasquale Della Monica, con Giacinto Stroppolatini, Federico Pensa e altri (15).

Per il resto va sottolineato che quasi tutti i giovani di casa Delfico seguirono l'insegnamento della pittura e che sono documentati esercizi e lavori di copiatura anche a firma di Filippo e Rosa (16).

Nell'evidente gioco di ruoli che il dipinto sembra riservare ai tre figli più grandi: il musicista (Melchiorre al pianoforte), il pittore e il cacciatore, quella di Troiano pittore sembrava proprio l'ultima delle ipotesi praticabili.

Mi sembra di dover segnalare infine che l'espressione usata da Balsimelli come titolo del dipinto, "Famiglia del conte di Longano", sia la stessa, esattamente la stessa, che figura anche sulla etichetta battuta a macchina posta sotto la riproduzione fotografica conservata nella biblioteca Delfico. Non mi sembra possa essere casuale l'uso di una espressione così particolare. Tale circostanza dunque mi sembra faccia pensare alla possibilità che effettivamente il dipinto rechi, in qualche sua parte, proprio questo titolo.

_______________

(1) L'arrivo di Balsimelli a Teramo è da collocarsi nei primi giorni del mese di Ottobre o, addirittura, alla fine di Settembre del 1934. Scrive infatti Giovanni Fabbri, su L'Italia Centrale dell'8 ottobre: " … è da molti giorni a Teramo ospite graditissimo del gentiluomo perfetto on. Don Marino conte Delfico, l'illustre prof. Francesco Balsimelli, valoroso letterato e benemerito degli studi storici, inviato speciale del Governo della gloriosa Repubblica di S. Marino per raccogliere ulteriori notizie sulle opere di Melchiorre Delfico e in ispecial modo sul largo epistolario da Lui tenuto con i maggiori uomini del suo tempo", in [Giovanni Fabbri], Per Melchiorre Delfico, "L'Italia Centrale", n. 2352 dell'8 ottobre 1934.

(2) Francesco Balsimelli, Ricordi teramani, in "Il Popolo sammarinese", 11 novembre 1934, ora ripubblicato in questo sito.

(3) "La camera ove sono alloggiato, enorme di quadratura e di volume, è terza da sinistra a destra, d' una teoria di sette vaste sale, che davano un tempo, per mezzo di artistico cavalcavia, nell' ampio giardino pensile, strappato ora dal palazzo come un arto dal corpo". Queste le parole con le quali Balsimelli inizia a descrivere la sala.

(4) " … in quella stessa camera riposavano Orazio e Diomira Delfico quando nella notte del 26 settembre 1798 a viva forza fu strappato dal talamo il consorte e portato in prigione col padre Gian Bernardino e con lo zio Melchiorre in altre stanze del palazzo, lasciando fra il pianto e le grida la giovanissima moglie incinta di quella creatura che morirà poi nell' esilio sammarinese. Una pregevole Madonna d' ignoto autore quattrocentesco, troneggia custodita in un grande armadio a vetri".

(5) cfr Tesi di laurea di Luigi Restuccia, consultabile presso la Biblioteca Provinciale "Melchiorre Dèlfico", Teramo.

(6) La stessa, tenuto conto che tra la data in cui il dipinto era stato eseguito (1843-44) e l'epoca in cui Balsimelli vi soggiorna sono passati almeno novant'anni e vi sono stati i lavori del 1914 durante i quali il palazzo aveva subito un vistoso taglio proprio dal lato del giardino per essere riallineato al nuovo asse stradale di via Carducci.

(7) Si confrontino le pagine a lui dedicate in Donatella Striglioni Ne' Tori, L'inventario del Fondo Delfico, Teramo, 1994, pp. 59-67.

(8) La Biblioteca e il Palazzo Delfico al Comune, in "Il Solco", 12 agosto 1939.

(9) Così pure, a questo punto, dovrebbe identificarsi con Troiano il personaggio che appare nel "Ritratto di giovane che dorme", rinvenuto anni fa all'interno di un volume proveniente da casa Delfico, e identificato con Bernardino solo ed esclusivamente in virtù della somiglianza con l'autore di "Famiglia del conte di Longano". A questo punto, di fronte a un Troiano che si rivela pittore così valente si può ipotizzare che sia opera sua anche il bel "soprapporta" di palazzo Delfico, recentemente restaurato, raffigurante l'Isola di Corfù.

(10) Si evidenzia nel testo dello storico Sammarinese tutta una serie di piccole inesattezze (comprensibilmente Balsimelli non aveva avuto il tempo di digerire la grande mole di notizie e informazioni ricevute e comprensibilmente i nomi finivano per accavallarsi e confondersi nella sua mente), per cui la pittrice De Colli, moglie di Savorini, da "Carlotta" diventa "Clotilde", Cicognani diventa "Cicognara", il corso di porta Reale e del Trivio diventa il corso San Giorgio, la piazza Vittorio Emanuele, conosciuta anche come piazza "Grande", diventa piazza "Maggiore".

(11) L'acquisto a Napoli di "colori da pittura" per i vari giovani De Filippis-Delfico è voce ricorrente sui libri dei conti di Gregorio e sulle lettere di famiglia.

(12) Numerose sono le testimonianze che confermano di una marcata passione per la caccia di Troiano.

(13) Interessanti al riguardo alcune lettere conservate nell'archivio privato di Tommaso Santoro, che Luciana D'Annunzio ci segnala, dalle quali si ricava, ad esempio, che Melchiorre, da Napoli spedisce in Grecia al fratello Troiano "colori e pennelli" (Melchiorre alla madre Marina, lettera del 19 marzo 1856); oppure che "Troiano sta benissimo..." e che "trovasi in campagna, in un sito chiamato Parnaso, dove è andato a passare qualche giorno, per ritrarre delle vedute che in quel sito sono molto belle" (Melchiorre alla madre Marina, lettera del 2 maggio 1857).

(14) Da molti attribuito a Melchiorre e ora definitivamente assegnato a Bernardino grazie ai documenti rinvenuti da Luciana D'Annunzio [a tal proposito si consiglia di consultare l'articolo su "Il Parafulmine"] presso l'Archivio di Stato di Teramo.

(15) "Giornale abruzzese di scienze lettere ed arti", 1839.

(16) Biblioteca provinciale Delfico di Teramo, Fondo Delfico.