Da Giulianova a Teramo il viaggio non è dei più
agevoli (1): un autobus con trenta posti reca quaranta passeggeri all'inizio, i quali crescendo lungo il percorso diventano quarantacinque e
più. Quindici siamo in piedi, curvi col cappello in mano per non
schiacciarcelo contro il cielo della carrozza, giocando d'equilibrio
per non cadere sulla corolla soffice di qualche bel fiore abruzzese.
Si suda, si soffoca, le facce luccicano e brillano
di perline ai riflessi della scialba luce interna, fuori nell'aria nera
scroscia la pioggia: sembra un viaggio in sottomarino negli abissi
oceanici.
Chi sarà questo forestiero che non ha il libretto
d'abbonamento sull'autobus Giulianova - Teramo, che parla, chissà, con
accento settentrionale, che fa il non breve percorso in piedi per
lasciar posto come gli altri quattordici maschi ad altrettanti esemplari
del bel sesso interamnita?
Si fila verso Teramo; ecco le prime luci, rare
prima come lugubri torce trascorrenti, più fitte via via. Non il rumore
ed il movimento caratteristici che preludono la città, non il rullio
stridente, dei tram che raggiungono i sobborghi, non rombi di macchine e
fragore di klacson; solo lo scrosciar della pioggia s'ode, e il
picchiettio delle gocce che si schiacciano contro i vetri dell'autobus
formando piccoli e tortuosi rigagnoli.
Sono le venti, ecco la stazione di Teramo. L'autobus si ferma, fa una breve sosta, si alleggerisce di quattro o
cinque persone e riprende la corsa. Stazione senza treno. Attraversiamo
da Porta Reale tutto il lungo Corso San Giorgio salendo insensibilmente.
È il corso che Melchiorre Delfico fece costruire abbattendo i luridi
portichetti laterali, concorrendo anche finanziariamente a quell'opera
di ampliamento che ora si sta pensando di portare a termine ad un secolo
dalla sua morte (2).
L'autobus si ferma sulla Piazza Maggiore. Arrivati!
Attendo che i più vicini allo sportello scendano per potermi muovere
dall'incomoda positura e guardo intanto, spio fuori dai vetri
costellati di gocce, striati di esili rigagnoli.
Ecco un volto noto: l'amico Cicognani! (3).
Ci scambiamo un saluto romagnolissimo, e sono a terra per le
presentazioni.
Ma che presentazioni .... Chi può essere quel
signore che mi si muove incontro sorridente ed affettuoso come ad un
vecchio amico atteso da gran tempo, se non il conte Marino Delfico? In
vero noi ci conosciamo dal 10 gennaio 1933 quando egli ed il marchese
Luciano suo fratello mi scrissero tante parole di lode e di
compiacimento, troppe forse per me, dichiarandosi dispostissimi ad
agevolare l'opera mia di ricerca e di studio, lasciandomi libero
accesso nei penetrali della biblioteca avita. A distanza d'un anno io
ero già per il conte Marino l'illustre amico e n'avevo l'offerta
ospitale.
E quell'altro signore che appena mi vede scendere
dall'autobus esclama «Com'è giovane!» ed ha la sagoma infallibile
dello studioso, del bibliofilo, chi può essere se non il professor Savorini?
(4)
Ci conosciamo da due anni!
Subito mi è parso di trovarmi tra gente delle mie
contrade in un paese amico e ben noto: Teramo, la patria di Melchiorre
Delfico!
Una macchina è pronta, vi
prendiamo posto, tranne Savorini, il piè veloce, l'uomo dai garretti
d'acciaio, che preferisce marciare pur sotto l' acqua e che attraverso
viuzze ci precede giungendo primo al palazzo (5).
Il Palazzo dei Delfico
Sorge questo imponente palazzo dei Delfico sulla
via omonima, mole maestosa iniziata alla fine del secolo XVIII e
compiuta nel 1847 dall'ingegnere Quintiliani (6).
Varco primo la soglia del cortile non senza commozione; non avverto
neppure il portinaio che si profonde in saluti al nuovo ospite, nè altri
inservienti che mi accompagnano con le valigie e l' ombrello. Salgo l'ampio scalone in istile impero e sono assorto come se nella penombra
dovessi vedere in cima con passo claudicante (7)
muovermi incontro la veneranda figura di un vecchione; accelero i passi
come per impedire al vegliardo di farmi tanto onore : «Prego, signor
cavaliere, non si disturbi, sono io che ... .e siamo alla porta
d'ingresso; ognuno mi dà luogo, decisamente l'ospite sammarinese ha la
precedenza sempre e dovunque. Salvatore, caro tipo di domestico
tradizionale, mi dà il ben venuto, mi toglie di mano il cappello, m'aiuta a levarmi l'impermeabile e m'accompagna ad un cenno del conte,
nella stanza preparata per me.
II palazzo è disabitato da trent'anni, ed i
proprietari stabilitisi sulle amene colline o sulla ridente spiaggia di
Montesilvano, non vi fanno che rare e fuggevoli apparizioni. Il conte
Marino ha fatto questa grande eccezione per me; egli non me lo dice, ma
lo intravvedo, lo intuisco, n'ho conferma dalle risposte di Salvatore.
Egli ha ridato la vita a questo palazzo per una settimana: domestici,
arredamento, argenterie, cristallerie, biancheria, tutto è stato
mobilitato per ricevere l'illustre ospite, illustre in quanto é
inviato per incarico del Comitato Governativo
pro monumento a Melchiorre Delfico.
Quanto i Delfico ammirino ed apprezzino quel che
San Marino fa per il grande antenato, solo chi ha dimestichezza con loro
può dire: così il conte Marino, il fratello Luciano, la contessa Alba e
la Baronessa Bice, la quale volle nel settembre scorso con la figlia,
ora sposa, visitare la vetta ov'ebbe ospitalità il profugo teramano nel
1799, la casa ov'egli dimorò più d'un lustro e dove, nacque Marina, la
nonna.
La camera ove sono alloggiato, enorme di quadratura
e di volume, è terza da sinistra a destra, d'una teoria di sette vaste
sale, che davano un tempo, per mezzo di artistico cavalcavia, nell'ampio giardino pensile, strappato ora dal palazzo come un arto dal
corpo. Questa stanza è a me destinata per il lavoro e per il riposo, e
prima comincia il lavoro.
La Biblioteca
Io, Savorini, il conte Marino, Cicognani, due
domestici, saliamo al piano superiore ove giacciono, come in un riposo
sepolcrale, migliaia di volumi, rotoli di pergamene, fasci ponderosi di
manoscritti. Vi si vede l' abbandono, vi si sente il deserto, fors'anche
regna un pò di disordine : la mano sapiente e paziente di Savorini mai
prima d'ora vi ha potuto metter ... la mano (8).
Quanti segreti, quanti misteri racchiudono quelle
vecchie carte? Esse si presentano agli sguardi avidi dello studioso con
tutta la loro lusinga, con tutto il loro fascino e destano la voluttà di
scoprirle, di penetrarne l' animo, di assaporarle tutte con uno sguardo,
con un amplesso. Tutto si accumula. Salvatore vorrebbe scuotere un pò
la polvere di su quei fasci di carte annose ed itteriche; ma Savorini,
vestito color di polvere come si addice a buon bibliotecario, toglie a
lui di mano il piumino: "Volete saper spolverare questa roba meglio di
me?" = Salvatore cede mortificato: "Facite pure, professò".
La valanga delle cartoffie, come una salma traslata
da una tomba secolare, viene portata in mesto corteo (non mancano neppur
le candele, perchè nella biblioteca ampia e ricca non v'è luce
elettrica) in camera mia, pronta per il domani.
La tavola e i convitati
Per il domani, dico, perché s'avvicina l' ora
della cena e già sono convenuti nei saloni gl'invitati che il conte
Marino ha voluto per fare onore all'ospite prediletto. Ed alla tavola,
imbandita sempre delle più eccellenti vivande e dei vini più squisiti
per opera di mastro Gaetano, il più celebre cuoco d'Abruzzo, si siedono
sempre nuovi convitati. Tutta una teoria di gentiluomini viene per
conoscere il professore, cittadino di quella Repubblica che tutti
conoscono attraverso la storia che ne scrisse il loro grande Melchiorre,
e della quale bramano conoscere tutte le vicende ulteriori: ecco l' avv.
comm. Francesco Rodomonte, (il colto e faceto don Ciccio) Segretario
Generale della Provincia; il cav. Alberto Scarselli (9)
dell'Archivio di Stato; il comm. avv. Luigi Paris (10),
fine e colto giurista; il comm. Antonini, Consigliere della Corte
d'Appello di Trieste e cittadino teramano; il sig. Alberto Guerrieri,
familiare dei Delfico;
il prof. Lorenzo De Sanctis; il cav. uff.
Giovanni Fabbri,
editore delle Opere Complete di Melchiorre Delfico, ed il figlio
Pasquale pubblicista e scultore che, ha ritratto in gesso anche un busto
del Delfico; il capitano Franchi (11), presidente della Lega Navale; l'
avv. comm. Giovanni D'Intino; il
barone Giuseppe De Cesaris - Troly; il cav. Lodovico Ciavarelli; l' avv.
Giacomo Bassino (12);
ed altri che la memoria forse dimentica, non il cuore, e non ultimi il
caro prof. Savorini e l' amico cav. Cicognani.
Tutti questi signori (senza signore, perocchè ogni
fruscio di seriche vesti è bandito dal palazzo Delfico che sembra un
cenobio a ristretta clausura) vogliono conoscere San Marino, tutti
vogliono sapere; e per tutti il sottoscritto, coadiuvato efficacemente
dall'amico e quasi concittadino Cicognani, ha una spiegazione, una
notizia, un'informazione sulla storia, sulla costituzione, sulle
vicende antiche e recenti, or tristi or liete, di questa millenaria
Repubblica, miracolo di longevità e di saggezza, amata e rispettata
sempre dai Grandi, vilipesa e minacciata solo talvolta dai reprobi.
Dovrei avere cento libri per accontentare le brame
di tutti; ma la parola tiene le veci del libro. La mia parola, così
avara di solito, fluisce come una vena a perenne zampillo; m'accorgo d'avere anche delle possibilità come oratore, tanto più che manca
quell'apparato e quella moltitudine di uditori d'occasione o di convenienza
che mi paralizzerebbe la lingua e la fantasia. Nessuna parvenza di
discorso; se talvolta la foga delle parole s'accalora, è l' entusiasmo
che le anima, la patria che le ispira; ed è buon segno che un
Sammarinese si senta eloquente in favor del Paese fuori dei brevi
confini!
Non pochi di questi illustri signori mi offrono
pubblicazioni con dediche entusiastiche ed affettuosissime: Il cav. uff.
Fabbri mi dona un pregevole volume di Concezio Rosa sulla preistoria e
la storia d'Abruzzo da lui edito e in segno di omaggio deferente e
come ricordo affettuoso di un editore che ebbe costante l'ammirazione
per la bella Repubblica di San Marino, e che ebbe la ventura di
ripubblicarne la storia in età giovane, dalle carte del concittadino
Melchiorre Delfico»; e scrive ancora: Possa il primo centenario
della morte del Delfico che sarà con egual fede e con eguale amore
celebrato in San Marino e in Teramo, essere l'anello migliore delle
sempre più stringenti relazioni fra i due paesi, auspice il chiarissimo
prof. Balsimelli, ospite oggi graditissimo di questa città».
Il conte Marino mi offre due libri del nonno
Gregorio De Filippis-Delfico, buon poeta in rapporto d'amicizia
persino col Leopardi.
II cav. Alberto Scarselli,, fa omaggio di alcuni
suoi pregevoli opuscoli = Al gentile e chiaro ospite . . .
Pasquale Fabbri figlio dell'editore,
pure fa dono di scritti "All'egregio prof. Francesco Balsimelli della gloriosa
Repubblica di San Marino, per deferente omaggio e per ricordo della
terra che dette i natali allo Storico della Repubblica".
La sala da pranzo risuona di voci in lunghe
conversazioni colte e facete, ed ogni giorno gli ospiti cambiano come
per un turno prestabilito, ed ogni, giorno s'ha occasione di ripetere
con amore le stesse cose per soddisfare le stesse domande. Tutti s'interessano allo stesso modo delle cose della Repubblica, pronti a
scoppi di entusiasmo e d'indignazione.
Il conte Marino
II conte Marino, ormai edotto delle nostre vicende,
ne parla talvolta con compiacimento, talvolta con disgusto:
"Chi ha potuto tramare contro l' innocente
Repubblica ? Quali figli degeneri volevano macchiarsi di patricidio? Chi
sono questi Coriolani, questi Catilini in miniatura?" L'immagine di Catilina impotente tramatore di stragi e di eccidi, lo attrae; ma
"anche San Marino - esclama rivolto agli ospiti ‑ ha il suo Cicerone, e
la congiura è stata sventata e il tradimento posto alla gogna".
L'ammirazione per la Repubblica è grande in lui; un'ammirazione
disinteressata e d'una spontaneità rara. Egli ha voluto il libro
della giustizia sammarinese, l'ha letto con cognizione di causa e con
competenza di avvocato; egli lo farà leggere, si che per suo tramite
potrà giungere in alto.
Il conte Marino ha voluto anche conoscere,
attraverso le notizie fornitegli, le Autorità della Repubblica, ha
voluto compiacersi con loro, in una lettera che la Segreteria conserva,
per quanto 1a Repubblica fa in onore del grande antenato; ha promesso di
venire sul Titano come in pellegrinaggio per sciogliere un voto, così
come la sorella Bice ha fatto lo scorso settembre, e non agogna altro
che di allacciare tra San Marino e la sua famiglia quei nodi che primo
strinse Melchiorre ed il conte di Longano rinnovellò.
Ero presente io nelle sue sale quando, per
agevolare l'associazione patriottica della Lega Navale, non esita a
promettere al Presidente Capitano Franchi, che avrebbe ceduto la parte
migliore del suo palazzo per una sede decorosa di quell'Associazione;
ma una clausola volle che fosse sancita, quella che in occasione dei
festeggiamenti teramani a Melchiorre Delfico, la Lega Navale lasciasse
temporaneamente liberi i locali per potervi ospitare le Autorità
Sammarinesi.
Chi non conosce in Abruzzo la liberalità di questo
Signore cui nessuna opera benefica, nessuna istituzione patriottica, può
mancare d'essergli grata ?
Schivo di cariche e di onori, dopo aver vissuto la
sua ora di vita pubblica e politica ed essere stato anche deputato dell'ordine, si è ritirato romanamente alla vita dei campi, non per sterile
assenteismo o per gretta misconoscenza; lasciando il posto all'inondante marea della nuova giovinezza, guardandone con entusiasmo la
trionfale ascesa. Nessuno dimentica che le prime decine di migliaia di
lire per alimentare il movimento fascista nella provincia di Teramo,
furono spontaneamente offerte dal conte Marino Delfico.
Teramo e San Marino
Anche di questo si parla a tavola. e sulle poltrone
dei salotti senz'ombra d'accademia o di convezionalismo; ma l'argomento principale d'ogni conversazione è la Repubblica di San
Marino. E tale argomento ritorna al Ristorante degli uccelli ove
Cicognara [sic, ma Cicognani] ha voluto una sera convitare alcuni amici,
al Casino Civico, ove si offre all'ospite sammarinese dagli
amici ormai comuni una cordiale e squisita cena, al salotto di casa Savorini; sacrario d'arte, e d'amore, ove le mani gentili di donna
Clotilde [sic, ma Carlotta] (13), use al pennello e al bulino, e della figlia contessa Salvoni (14)
servono con signorilità un the; sempre e dovunque.
Le accoglienze fatte all'ospite sammarinese sono
state una manifestazione incontenibile di simpatia verso la gloriosa
Repubblica e una dimostrazione di gratitudine per gli onori che ella si
appresta a tributare a Melchiorre Delfico. Tutti ammirano il bozzetto
dello scultore Saroldi (15)
e si compiacciono dell'opera che ritrae nel caratteristico
atteggiamento di pensatore, nel leggiadro costume del primo '800, la
figura perfetta di Melchiorre Delfico, del Melchiorre di mezza età
(visse 91 anni) dall'aspetto giovanile ancora, del tempo appunto delle
Memorie Storiche. Molti degli amici testè conosciuti fanno parte
del Comitato Teramano per la celebrazione del centenario, comitato di
cui è Presidente Onorario S. E. l'onorevole. Acerbo. Si pensa già di
organizzare carovane automobilistiche e motociclistiche, si parla (e
l'idea fu espressa dall'on. Savini (16),
allora Podestà, nel Gabinetto del nostro Segretario di Stato il 26
aprile 1934) di treni popolari Teramo - San Marino; pare che tutta
Teramo voglia riversarsi nell'estate del 1935 in Repubblica per
partecipare ai festeggiamenti del grande Cittadino comune.
Lo studioso al lavoro
Tutto questo entusiasmo serve d'incitamento allo
studioso che sente il peso della responsabilità assunta: bisogna non
deludere le speranze.
E in vero miglior ambiente per concentrarsi ed
ispirarsi non si poteva trovare. Nella quiete della vasta mia camera,
basta volgere l'occhio d'attorno. Vecchie incisioni di Melchiorre e di
Orazio Delfico sono appese alle pareti; un quadro di considerevoli
dimensioni, opera del senator Troiano Delfico padre del conte Marino,
rappresenta la famiglia del conte di Longano che fu sposo a Marina; in quella stessa camera
riposavano Orazio e Diomira Delfico quando nella notte del 26
settembre 1798 a viva forza fu strappato dal talamo il consorte e
portato in prigione col padre
Gian Bernardino e con lo zio Melchiorre in
altre stanze del palazzo, lasciando fra il pianto e le grida la
giovanissima moglie incinta di quella creatura che morirà poi nell'esilio sammarinese. Una pregevole Madonna d'ignoto autore
quattrocentesco, troneggia custodita in un grande armadio a vetri.
Aggiungi quei cari caratteri ormai domestici ai miei occhi come al mio
cuore, quelle pagine che tante memorie e tanti sentimenti destano
nell'animo. Ecco l' abbozzo delle Memorie Storiche che rivela
tutte le fonti dirette e indirette donde scaturì la nostra storia; ecco
lettere di Melchiorre e di suoi amici; ecco estratti di archivio, copie
di documenti; ecco persino una Novena dedicata al Patrono Marino
pel quale il Delfico aveva una venerazione speciale. Si potrebbe, io
penso, interessare l' Autorità ecclesiastica e proporla come la novena
ufficiale da recitarsi. per la festa del 3 settembre. Di tutto per la
festa del 3 settembre. Di tutto prendo appunti, molte cose integralmente
trascrivo. Un mese e forse più sarebbe stato necessario per fare una
esplorazione accurata e minuziosa; ma il tempo ne sospinge e devo
affrettare. Ho ragione di credere però che nulla di qualche importanza
mi sia sfuggito.
Finito il mio lavoro, quelle carte, come dopo la
ricognizione di una Reliquia, sono tornate in mesto accompagnamento
nell'arca non invano violata; ma un considerevole fascio di manoscritti
è rimasto fuori, accuraamente disposti, impacchettati e legati con sopra
annotato di mio pugno: - Carte riguardanti la Repubblica di San Marino,
promesse alla medesima in dono dal conte Marino Delfico. - E possiamo
star certi che la promessa sarà mantenuta.
F. B. [Francesco Balsimelli (17)] |