La Città di Teramo, custode, in fondo al suo cuore, di sante
memorie, ha reso qualche volta postumi onori ai pensatori, ai
poeti, agli scienziati, agli uomini politici nati fra le sue
mura o dappresso ad esse. Ma amor del vero ci consenta di
soggiungere che, se fu vivo il fiore del ricordo di Melchiorre
Delfico, di Giannina Milli, di Vincenzo Comi, e se furono
opportunamente rievocate, presto o tardi, le nobilissime figure
di Filippo Masci e di Fedele Romani; se si rese giusto omaggio,
in vita, ad Antonio Dionisi prima, ed a Francesco Savini, poi,
non adeguatamente, peraltro, è stata illustrata l’opera di altri
eminenti abruzzesi, dopo la lor morte. Pochi sanno oggi,
infatti, che era Giuseppe Devincenzi, cospiratore ed esule
durante la preparazione del Risorgimento italiano; deputato,
senatore, ministro dopo raggiunta l’unità d’Italia. Pochissimi
ricordano il senatore Irelli, sebbene egli sia stato il
cittadino più importante di Teramo nella seconda metà del secolo
scorso: uno degli artefici del movimento di ribellione prima
del’60, fu, dopo, in Teramo, primo Sindaco e primo Senatore del
Regno, e può dirsi che sia stato anche un precursore del
fascismo teramano, non pure per amor patrio, ma anche perché
agiva fascisticamente, e cioè, senza aver riposo mai, senza
prudenti sottintesi, senza chiacchiere vane allorché urgeva
andare verso il popolo, rimasto lungo tempo oppresso, e privo di
utili opere assistenziali. Dell’astronomo Vincenzo Cerulli,
mancato alla Scienza recentemente, in tutta Europa notissimo,
non si parla, malgrado le promesse di are votive del dì dei
funerali. Non è questo, però, l’argomento che noi oggi
desideriamo di trattare. Né, accennando all’oblio in cui son
lasciati alcuni insigni figli della Provincia di Teramo,
pensiamo che sia sempre opportuno indire commemorazioni o
innalzare busti o dar nomi a strade in loro onore. Anche per
ottenere contributi agli studi sarebbe più utile e bello che i
competenti, con interessanti pubblicazioni, illustrassero, in
occasioni propizie, la feconda attività dei Teramani non invano
vissuti.
Tra essi gli uomini, pur modesti, e perciò dimenticati dai più,
che, al tempo della compressione borbonica, agevolarono anche
nell’Abruzzo teramano il compimento della riscossa nazionale,
dovrebbero essere rammentati, se non per altro, perché furono
gli antesignani nel concetto che oggi si ha della Patria, dopo
la guerra mondiale, ad opera del Regime disperditore di ogni
sovversiva negazione dello Stato.
Tripoti
Antonio e Nicola Marozzi,
Gammelli, Bucciarelli, Troiano e
Filippo [De Filippis] Delfico ed altri patrioti, processati
e condannati dalla Gran Corte Criminale di Teramo nel 1849,
insegnarono come si ami e come si serva la Patria, che
desiderarono una e grande. Nell’Archivio Provinciale di Stato si
conservano i processi politici di tal Corte contro codesti
venerandi cittadini, e ognuno, che la Storia volesse far maestra
di vita, potrebbe consultare quelle carte.
Lasciamo, del resto, il preambolo di questo scritto, poiché
soltanto uno dei vecchi patrioti teramani,
Filippo [De
Filippis] Delfico, forse più di ogni altro semplice e
buono, desideriamo questa volta di evocare fugacemente
attraverso il carteggio di personalità del suo tempo. Abbiamo la
soddisfazione e l’onore di tenere fra le mani, con religioso
rispetto, alcune lettere autografe inviate al
[De Filippis]
Delfico, l’una dal Presidente del Comitato generale
Patriottico «Italia e Vittorio Emanuele», sedente in Napoli nel
giugno del 1861, costituito per i provvedimenti pel dono d’armi
e sussidi, per la guerra, al generale Garibaldi; le altre da
Pietro Marrelli; una infine, di Federico Salomone, indirizzata
ad Antonio Caretti, e da questi trasmessa a [De Filippis]
Delfico. Dobbiamo il possesso di tale importante, se pur breve,
epistolario, passato all’Archivio Provinciale di Stato,
all’affettuosa cortesia del figlio di
Filippo [De Filippis] Delfico, il nobil uomo Faust [De
Filippis] Delfico, il quale sul finire dell’anno 1932-XI, ci
fece la gradita consegna di così preziosi cimeli perché egli non
ha dimenticata l’amicizia che avvicinò il Padre suo al Padre di
chi scrive queste righe.
Ecco, dunque, il carteggio.
La lettera del Presidente del Comitato Centrale «Italia e
Vittorio Emanuele» si riferisce alla raccolta di fondi in
prossimità di giorni di azione. Essa dice:
Italia e Vittorio Emanuele
Comitato Generale Patriottico
di Provvedimenti
pel dono d’armi e sussidi
per la guerra al
Generale Garibaldi
______
Napoli, 2 giugno 1861
CARICO SPADA
Signore,
L’Invitto Generale Garibaldi per suo pregiato foglio del 24 aprile
ultimo premurò questo Comitato Centrale a liquidare tutti gli incassi
della soscrizione alla Spada e dare conto di tutto al Comitato di
Provvedimento in Genova.
A tanto raggiungere non si è mancato di avvisare tutti i nostri
particolari corrispondenti. Appelliamo ancora Voi onde con quello
spirito di patriottismo che v’informa vogliate liquidare prestamente la
gestione tenuta a tale oggetto rimettendo a questo Comitato nella
persona del Direttore Luigi De Negri le somme raccolte, i fogli di
soscrizione ed i bilanci delle spese. Farete di tutto un verbale
spedendo qui copia, e dichiarerete sciolto il Comitato. Quando avrete
data la ragione su indicata faremo pubblicare su dei giornali le vostre
durate fatiche per patriottica opera, e ve ne renderemo i più vivi
ringraziamenti.
Salute e fratellanza
Pel Comitato
Il Presidente
f.to A. Salvati |
Accanto alla firma è il timbro, dove con caratteri rossi è
scritto «Italia A Garibaldi – Comitato Centrale».
Ci duole, in mancanza di ulteriori carte, di non sapere in quale
misura Teramo, ad iniziativa di Filippo [De Filippis] Delfico,
contribuì alla provvista di fondi e di armi per l’azione di
Garibaldi. Interessante sarebbe conoscere i conti di
quell’impresa per giudicare anche sotto tale aspetto il
patriottismo teramano, di cui si ebbero tante prove nelle
vicende di ogni tempo.
La lettera di Federico Salomone ad Antonio Caretti, brevissima,
rivela, fra le righe, l’ardimento, pur senza armi, di militi che
ebbero l’ardente passione di Roma. Se anche non diretta a
Filippo [De Filippis] Delfico, la trascriviamo egualmente:
Sett. 1867 Aquila
Caro Caretti,
Al Sig. Giordano ho dato le istruzioni a voce.
Egli col concorso di altri deve organizzare e fornirvi di armi e
mezzi, essendone noi affatto privi.
Cooperati anche tu.
Ti saluto
Federico Salomone |
Pasquale Giordano, di Teramo, era un collaboratore schietto,
fedele, integro di Filippo [De Filippis] Delfico e dei maggiori
esponenti della nostra patriottica provincia, allora confine con
lo Stato Pontificio, e perciò in particolare tensione dello
spirito pubblico.
Seguono cinque lettere di Pietro Marrelli, scritte da Aquila al
[De Filippis] Delfico:
Mio caro Filippo,
Antonio Caretti – il prode e generoso avanzo dei Mille – lo strenuo
soldato delle patrie battaglie, con un pugno di giovani ardenti è già
entrato nel territorio pontificio. I compagni suoi di costà lo seguono
con pari coraggio ed abnegazione. Fra poco saranno sotto le mura di
Roma, prossima ad insorgere, come già sono insorte Viterbo ed altri
luoghi delle province Romane.
Garibaldi, il prigioniero di Alessandria, ha sempre fatto appello
alla coraggiosa e robusta gioventù abruzzese; e per verità chi più di
noi deve sentire il dovere di aiutare i vicini fratelli di Roma?
L’aspirazione nazionale di conquistare la propria Capitale; e di
liberarla dal servaggio e dalla codarda ira, abbia compimento per opera
degli Abruzzesi a preferenza di qualunque altro italiano. Questo fatto
formerebbe una pagina di storia gloriosa ed imperitura pel nostro
Abruzzo, il quale – nelle attuali emergenze – dovrebbe unire in un
fascio tutte le volontà e tutti i mezzi di cui può disporre.
Un fraterno saluto
aff.mo
Pietro Marrelli |
Mio caro Filippo,
Senti Vitelli. Inviami subito tutti i fucili preparati da Troiano, ma
subito. Raduno danari. – Da Aquila partono giovani – tutti armati –
circa 700. – Tutto va bene. Giordani e Forti sono partiti ieri sera con
forte colonna. – Caretti sarà certo nel campo a Nereto.
Dovrei dirti mille cose, ma manca il tempo; a Tutti codesti amici un
abbraccio fraterno.
Addio, amami, credimi.
Aquila, 17 ottobre 67.
Tuo
P. Marrelli |
Caro Delfico,
Poche parole all’ultima tua.
Roma è insorta. Garibaldi è in Rieti, ed oggi forse passerà per qui.
Abbiamo bisogno di armi, munizioni, e di denari. Invece di spedire al
Comitato Centrale di Firenze i denari, perché non si spediscono qui, ove
arrivano tutti i giovani dell’Abruzzo?
Spedisci la cassa di cui mi parli.
Ti abbraccio di cuore.
Aquila, 24 ottobre 1867
Tuo
P. Marrelli |
Mio caro Filippo,
Eccoti il ricevo delle somme inviatemi pei signori Caretti, Giordano
e Forti, e per i cinque individui già partiti.
Il denaro è tuttora presso di me, e non ho creduto mandarlo alla
ventura. Come saprò ove si trovano i suddetti Caretti, Giordano e Forti,
sarà mia cura far loro tenere tutto.
Scriverò intanto a qualche amico, che abbisognando, loro dei mezzi
pecuniari, li fornisse per conto mio.
Ti avverto in ultimo che i cinque individui da te spediti vennero
quasi nudi e scalzi. Come ciò sia in contradizione a quello tu dicevi,
non saprei dirtelo.
Salutami Troiano e gli altri amici.
Ti abbraccio di cuore.
Aquila, 27 ottobre 1867
Tuo
Pietro |
Aquila, 9 novembre 1867
Mio caro Delfico,
La perdita del valoroso soldato, dell’intemerato cittadino, Antonio
Caretti, è stata grave. L’Italia ha perduto uno dei suoi più strenui
figli; Teramo un amico affettuoso e solerte milite. La sua compagna ha
perduto la metà della vita sua. Possa il sangue di tanto martire e di
tanti altri accelerare il trionfo della giustizia e della libertà.
Federico Salomone è profondamente addolorato della morte del suo
Aiutante Maggiore, ed ei non ha nulla dell’estinto patriota. Prenderò
conto delle carte.
Tanto le L.425, destinate per Caretti, quanto le L. 150 per i signori
Giordani ed altri, dietro dispaccio del sig. Pasquale Giordano da Rieti,
28 ott. ultimo, così concepito: Sono Scandriglia – Fratello ferito –
spedito denaro mio e di Caretti - Giovanni Ferri – Rieti – servitevi
telegrafo. – Io rispondeva nello stesso giorno: Giovanni Ferri - dite
Giordano posta oggi riceverà vaglia denaro ricevuto da Teramo. Ed in
fatti con due vaglia postale rimetteva ad esso Signor Ferri 425 per
Caretti e 150 per Giordano ecc. Di questo invio non ebbi risposta né da
Ferri, né da Giordano. So che quest’ultimo sia già tra voi.
Prendetene conto.
Eccoti un vaglia postale di L.300. Delle altre somme inviate te ne
darò conto con altra mia.
Il sig. Vulpiani non ha relazione in Civitavecchia.
Ti stringo di cuore la mano e credimi sempre.
Aff.mo
Pietro Marrelli |
Pietro Marrelli, nato a Lucoli il 24 maggio 1799, morì ad Aquila
il 7 giugno 1871. Condannato nel 1850 a ventiquattro anni di
lavori forzati in Procida, fu profugo a Londra. Dopo l’ingesso
di Garibaldi a Napoli venne nominato Prodittatore ad Aquila.
Antonio Caretti, al quale il Marrelli allude nelle lettere a
Filippo [De Filippis] Delfico, era milanese e fu Aiutante
Maggiore della Guardia Nazionale di Teramo. Cadde a Mentana il 3
novembre 1867. E’ ricordato «per durabil segno d’onore» in una
lapide murata sotto la Loggia del nostro Comune.
Federico Salomone, del quale abbiamo trascritta una lettera, fu
colonnello garibaldino. Esule dopo il 1848, prese parte alle
campagne del 1858 e del 1866. Fu Aiutante di campo del Generale
Garibaldi a Mentana nel 1867. Venne eletto deputato al
Parlamento nelle Legislature 9ª, 10ª e 13ª per i Collegi di S.
Demetrio ne’ Vestini, di Napoli e di Cittaducale. Nel 1881,
ritiratosi dalla vita parlamentare e rimasto in onorata povertà,
accettò un impiego, nell’Amministrazione Comunale di Napoli, in
qualità di Direttore della Guardie Daziarie! Morì a Napoli il 12
aprile 1884. La sua salma, trasportata ad Aquila, ivi riposa, in
quel cimitero.
Nulla aggiungiamo alle notizie e alle impressioni avanti
raccolte. Non al fine di giungere a considerazioni di indole
politica, in rapporto al tempo in cui agirono Filippo [De
Filippis] Delfico e i suoi commilitoni, abbiamo riesumate le
lettere avute, bensì per rendere un tributo di venerazione al
vecchio uomo preclaro, del quale ancora, dopo quasi trenta anni
trascorsi dal giorno della sua morte, ricordiamo il paterno
sorriso. |