De Filippis

 

De Filippis-Delfico

 

(Teramo, 1820)

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Stemma famiglia De Filippis-Delfico, Teramo, 1820

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Delfico

(Napoli, sec. XVIII)

(Teramo, sec. XV)

Stemma famiglia De Filippis, Napoli, sec.XVIII

Stemma famiglia Delfico, Teramo, sec.XV

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Quel maggio del 1856 …

l'esordio in musica di Melchiorre De Filippis Delfico a Teramo

di Luciana D'Annunzio

In "Notizie dalla Delfico", n. 1/2008, Media, Selva Piana di Mosciano S. Angelo

Durante il lavoro di riordinamento del complesso documentario relativo al fondo Polizia Borbonica presso l'Archivio di Stato di Teramo in un fascicolo, contenente composizioni in versi manoscritti da autorizzarsi per la stampa, con vera sorpresa ne ho trovato alcuni dedicati al musicista e pittore caricaturista teramano Melchiorre De Filippis Delfico (1). Il mio stupore derivava dal fatto che, da tempo, avevo vanamente "tentato di trovare" una testimonianza della presenza artistica del musicista nel teatro Corradi di Teramo, unico attivo in città dal 1792 al 1868, perché non mi sembrava possibile che ciò non si fosse mai verificato (2).

Alcuni dei versi, indirizzati all'illustre concittadino "Per gratitudine ed affetto" sono a firma di Pietro Corradi, proprietario dell'omonimo teatro e di Carlo Campana, insegnante di matematica presso il Real Collegio S. Matteo di Teramo e datati 8 maggio 1856, altri recanti la dedica "I concittadini estatici… nella sera del 10 maggio 1856 plaudenti offrivano" sono di Andrea Palombieri, insegnante di lingua italiana nel predetto Collegio.

In quel periodo, nel teatro cittadino era allestita la stagione musicale di primavera, appaltata alla Compagnia in musica di Raffaele Maccaferri di Ancona per la produzione de' Il Trovatore, della Luisa Miller e de' I Masnadieri(3).

L'incidente accaduto al tenore Eugenio Concordia, la rottura di una gamba, rischiava di far saltare la rappresentazione de' Il Trovatore, con notevole danno per gli artisti della compagnia (4) cosicchè, Melchiorre De Filippis Delfico (5), trovandosi a Teramo per un altro evento importante come si dirà più avanti, ed informato dell'accaduto improvvisò in scena la parte del protagonista Manrico con "la tradizionale filantropia degli avi illustri" e "per l'altrui soccorso prestò l'opera sua" come annoverano il Campana ed il Corradi.

Il successo dovette essere notevole perché, in una lettera del 5 giugno 1856 a firma di Giovanni Marcozzi, deputato ai Pubblici spettacoli e diretta all'Intendente per la soluzione di una controversia tra l'impresario Maccaferri e due artisti della Compagnia, egli scrive che "…per la generosità del Signor Delfico… sono in cassa cento e più ducati a vantaggio dell'impresa per le due serate che si fecero fuori abbonamento (6)." Nel Giornale d'ItaliaDivagazioni della Domenica del 21 dicembre 1913, Guido D'Agostino in un articolo dedicato a Melchiorre De Filippis Delfico riporta l'evento con le parole di Emidio Agostinoni "…Inutile dire che il teatro fu preso d'assalto, e così il poeta, musicista e caricaturista cantò senza prova, come avesse avuto al suo attivo dieci anni di carriera, e fu tanta la sorpresa e la festa che vollero riportarlo a casa in trionfo, in alto, sulle spalle, tra i bagliori di una fiaccolata improvvisata (7)".

Questo avvenimento costituì, senza dubbio, l'esordio di Melchiorre nella città natale. E' lui stesso, infatti, a darne conferma in una lettera da Napoli del 13 maggio 1857 diretta alla madre Marina, nella quale, informandola del grande successo avuto nella prima dell'opera Don Pasquale di Donizetti, tra l'altro scrive "…Un trionfo più completo non si poteva desiderare. Non trovo parole da potervelo esprimere. E' andato tanto bene, che per tutta Napoli si parla con entusiasmo di questa cosa. Domenica a sera, nell'istesso giorno in cui io l'anno passato debuttai costì col Trovatore, o debbuttato (sic) qui col Don Pasquale (8)."

L'altra manifestazione importante per la quale il musicista si trovava a Teramo era stata fortemente desiderata dalla popolazione ed accuratamente organizzata dalla Municipalità cittadina. Era una festa di ringraziamento in onore di S. Berardo e della Madonna delle Grazie, patroni della città, da celebrarsi nei giorni 18, 19, 20 e 21 maggio 1856, poiché per loro intercessione la città di Teramo era stata preservata dal colera. Infatti, nei primi mesi del 1855 il morbo si era diffuso nelle limitrofe province marchigiane, estendendosi con rapidità nei luoghi vicini. Nella provincia aprutina le vittime furono numerose mentre, nel capoluogo si registrarono solamente sporadici casi, come dimostrano gli stati di salute redatti quotidianamente dalle autorità preposte (9).

In realtà la festa era stata programmata per il settembre 1855 ma, una recrudescenza del contagio, l'aveva fatta rimandare al maggio del successivo anno. I preparativi, infatti, erano iniziati già dal mese di aprile quando, il sindaco di Teramo Giustino De Albentiis, a seguito della delibera del Decurionato, inviava delle lettere per prendere i preliminari contatti con artisti, musicisti, artigiani, tappezzieri e pirotecnici. In particolare, così scriveva a Melchiorre De Filippis Delfico residente a Napoli "…apprezzando la sua valentia nella bell'arte musicale che la qualità di concittadino, ha creduto pregarla per la composizione di qualcuna delle musiche solite ad eseguirsi in simili circostanze. Io adempio, della mia parte, con sommo compiacimento, l'incarico di farle tale richiesta, persuaso che l'amore del proprio paese vincerà qualunque ostacolo e saprà imporle dei sacrifici... (10)"

La risposta non si farà attendere dimostrando il grande legame che il musicista ha con la sua città "…mi veggo troppo onorato dell'incarico ricevuto… Però debbo farle osservare, che pria di darle una definitiva risposta, fa d'uopo conoscere quale sarà il genere di detta musica, se Oratorio, Messa di Gloria, o Vesperi; più bisogna assolutamente che sappia quali saranno gli esecutori, e specificatamente la quantità e qualità delle voci… La prego intanto di credere che dal canto mio farò di tutto per prestarmi ad un invito tanto lusinghiero, e che tanto mi onora."

Il sindaco in risposta gli comunicava che "… il desiderio che nutresi [è] di sentire un Oratorio composto e diretto da lei… Ed affinché ella possa con ogni suo comodo occuparsi della bisogna potrà richiedere qualche suo amico poeta e librettista di costà a comporre la poesia dell'Oratorio… Io le trasmetto una copia della vita del Santo Vescovo Berardo che potrà esser utile al Poeta per attingervi le notizie opportune…" Il musicista, dopo aver affidato al poeta Domenico Bolognese (11) la scrittura dei versi, fa sapere che il tipo di composizione richiesta, a Napoli non è conosciuta ed allora il sindaco, il 4 maggio, nell'inviare tre libretti composti per altra occasione scriveva che "… qualora il tempo mancasse per un nuovo soggetto potrà il Poeta sceglierne uno fra i tre che più torni al genio suo e di Lei e dandogli una forma di lirica a seconda del gusto attuale e delle esigenze della musica… da cantarsi in Chiesa in onore del nostro Patrono il S. Vescovo Berardo e di Maria SS. delle Grazie, a rendimento di grazie che gli dobbiamo per la valevole protezione mostrataci in particolare nell'ultima invasione del tristo morbo, il cholera…" aggiungendo che "… le voci che si adibiranno saranno quelle di Basso, Contralto, Tenore, di secondo Basso e forse anche di un Soprano. L'orchestra sarà completa, i cori numerosi, poiché si avrà una compagnia in musica…" Per far sì che il musicista potesse dedicare maggior tempo alla composizione e ritenendo il periodo troppo breve, il sindaco si premurò di scrivere al Ministro segretario di Stato dell'Interno, dove il Delfico era impiegato "…mi fo ardito presentare all'E. V. le più calde e fervorose preghiere anche a nome di questo Decurionato, perché si compiaccia di accordare al S. Delfico un congedo di trimestre a contare dal 1 giugno, affinché possa occuparsi della composizione della musica non solo, ma recarsi in questa sua patria a dirigerla…" Non si ha notizia sulla concessione del permesso.

Il riacutizzarsi del morbo non consentì, però, lo svolgimento della festa prevista per il mese di settembre ed il sindaco si vide costretto ad informare tutti gli artisti e le maestranze coinvolte sulla necessità del rinvio al maggio del 1856. Melchiorre nel prendere atto della notizia l'8 agosto 1855 comunica al sindaco "Mi pregio farle conoscere che la musica del noto Oratorio - dal titolo Barac (12) - è diggià compiuta, le parti di canto e di orchestra son cavate e tutto è all'ordine… Spero intanto che la suddetta mia musica, riesca di pieno gradimento a cotesti miei concittadini, assicurandola che dal canto mio, ò fatto ogni sforzo per ben riuscire nell'intento, anzi per vieppiù ingrandire il mio lavoro, vi ò aggiunto una Sinfonia, appositamente scritta per introduzione del cennato Oratorio." Nel dare notizia dell'opera del librettista così scrive " Domenico Bolognese ha terminato il suo lavoro, e l'accerto che non poteva riuscire di mio maggior gradimento. E per novità di concetto, e per la chiara allusione al nostro S. Berardo ed alla Madonna delle Grazie, e per la felicissima verseggiatura mi ha immensamente ispirato. Anche il noto letterato Giulio Genoino (13) che l'ha inteso n'è contentissimo…"

La festa finalmente ebbe luogo, con un programma ricco di avvenimenti sia sacri che profani, annunciata dal sindaco De Albentiis e solennizzata nei giorni 18, 19, 20, 21 maggio 1856. Ai riti liturgici accompagnati dalle musiche appositamente composte da Camillo Bruschelli, maestro di cappella della cattedrale aprutina, eseguite da coro ed orchestra ed ai cortei, presenziati da tutte le autorità religiose, civili e militari, che sfilarono per tutte le vie cittadine "rischiarate da splendida illuminazione", per tutti i quattro giorni si alternarono "armoniosi concenti di Bande musicali…corse di berberi…elevazione di gran numero di aerostati… svariati giochi popolari e fuochi d'artificio composti da valenti pirotecnici con isvariatissime appariscenze…". Nelle serate poi del 20 e del 21 si cantò l'Azione Sacra "… allusiva alla circostanza, di cui la musica [fu] parto del fecondo ingegno del Signor Melchiorre De Filippis Delfico de' Conti di Longano nostro onorevole Concittadino che gentilmente ne fa dono alla patria…" e nel Teatro Corradi si diede nuovamente "la tanto applaudita" opera Il Trovatore di Verdi.

Nella relazione sull'ordine pubblico che inviò al Direttore della Polizia generale in Napoli per sottolineare l'imponenza e la solennità dell'evento Santo Roberti, Intendente della provincia di Teramo, così commentava "… previo mio permesso celebrarono [la festa] con una pompa veramente straordinaria, giacchè la spesa, la quale fu il prodotto delle offerte volontarie, ascese a poco meno di ducati tremila… Numerosi, e direi meglio infiniti furono gli spettatori che vi concorsero dai diversi comuni di questa e di altre provincie ed anche dall'estero… (14)"

 

Le notizie biografiche di Melchiorre ci presentano un personaggio estroso dalla precoce e creativa genialità artistica espressa nella musica come nel teatro ed affidata alla prodigiosa e fervida matita per eccellenti caricature.

Vorrei, a questo punto, aggiungere qualche dettaglio relativo al suo carattere ed alla sua vita sulla base di documenti, alcuni dei quali, probabilmente inediti.

Terzogenito di Gregorio De Filippis, conte di Longano e di Marina Delfico, pronipote dell'omonimo filosofo, storico e giurista, Melchiorre nasce a Teramo il 28 marzo 1825. Come testimoniano le caricature autobiografiche  (15) manifesta precocemente il suo interesse per l'arte avviandosi allo studio della musica, probabilmente con Camillo Bruschelli, insegnante di pianoforte, dal 1829, presso il Real Collegio S. Matteo (16) e maestro di cappella della Cattedrale aprutina.

In una affettuosa lettera, il fratello Troiano, studente in Napoli, così gli scrive: " Caro Melchiorre ho ricevuto la tua letterina colla quale fra l'altre cose mi dici che desideri un assortimento di corde ed io già te l'ho preso … L'altra sera sentii uno spartito al S. Carlo che per la prima volta si rappresentava in Napoli il quale fece un furore, esso è il Giuramento di Mercatante (sic), avrei voluto che fossi stato con noi per farti sentire che musica divina ed in che maniera eseguita. Ti esorto a studiare con calore la musica giacchè se tu fossi in Napoli vedresti com'è ammirato e stimato un giovane che si sa distinguere in questa bella arte… (17)"

L'esortazione del fratello non sarà certamente vana!

Il versatile Melchiorre frequenta, con merito, anche la locale scuola di disegno sotto la guida del pittore Pasquale Della Monica il quale, proprio grazie all'aiuto del suo amico Gregorio De Filippis Delfico, aveva raggiunto Teramo nell'ottobre del 1821 perchè compromesso nei moti carbonari di Napoli. Solo pochi mesi dopo, il 16 febbraio 1822, ottiene la nomina di Maestro di disegno presso il Real Collegio S. Matteo (18), in sostituzione di Muzio Muzii (19) esonerato per motivi politici.

Il talento per l'arte dell'adolescente Delfico si mette in evidenza già nel "pubblico saggio" che il Della Monica aveva organizzato nella sala comunale nel maggio del 1839, in occasione del quale aveva presentato "Un'accademia ed un corso di anatomia" a lapis, opera che l'anonimo recensore del Giornale Abruzzese annovera tra "le produzioni degne di lode e… che hanno maggiormente fissata l'attenzione degli osservatori (20)."

Trasferitosi a Napoli nel 1841 per compiere gli studi letterari sotto la guida dell'umanista monsignor Antonio Mirabelli, si distingue rapidamente per il suo genio versatile di poeta, pittore, giornalista, musicista e filodrammatico tanto che, nel settembre 1845, viene allestita al Teatro Nuovo la sua prima opera Il carceriere del 1793, accolta favorevolmente dal pubblico napoletano e sulla quale un anonimo critico commenta "… considerato nei rapporti della sua verde età di men che quattro lustri, e della nessuna esperienza in fatto di cose teatrali, è ben ragguardevole anche agli occhi della ghiacciata e severa critica… (21)"

Accanto a tanta versatilità e genialità artistiche Melchiorre manifesta, tuttavia, alcune intemperanze di carattere e qualche "dimenticanza" verso i famigliari e non solo, come è possibile cogliere nelle lettere che il padre Gregorio, frequentemente, invia a Napoli dove si trovavano anche i fratelli Troiano e Filippo. In quelle del 25 marzo e del 5 aprile 1844, ad esempio, il padre gli ricorda di rispondere a Carlo Ginaldi per "l'affare" di cui lo aveva incaricato ed aggiunge "…né mai rispose e ringraziò D. Andrea Palombieri della lettera e de' libretti di fichi secchi inviatigli per mezzo mio: faccia dunque l'una e l'altra risposta, e cominci dal chiedere scusa della tardanza (22)."

Nella lettera del 13 dicembre 1844 il genitore lamentandosi di non avere loro notizie "… raccomanda nuovamente a Melchiorre le commissioni che ricevè prima e dopo della partenza. Ed io, per me [scrive] gli ricordo il catalogo delle piante di Torino… Lodovico è impaziente di veder giungere i pastori, Margherita le sedie e Bernardino i colori e la tela (23)" oppure, nella successiva del 23 dicembre, dove gli viene chiesto di far sapere l'uso che farà, per poterlo approvare, della "gratificazione" ricevuta perché non venga spesa "in cose superflue e di lusso (24)."

I richiami si fanno insistenti, per il tramite di Troiano, in due missive dei primi mesi del 1845. Nell'una gli "…raccomanda di spingere Melchiorre ad eseguire le incombenze che ebbe dalla famiglia nonché a dare categoriche risposte a varie domande che in varie lettere gli [aveva] fatto…" nell'altra lo rimprovera per non aver dato sue notizie e di non aver soddisfatto le commissioni ricevute esortandolo con le seguenti parole "….badi egli dunque che, se per ora gli ho dimezzato il mensile, continuando così, glielo leverò in tutto e prenderò delle altre misure, che poco certo gli potranno piacere. E' un colpevole oblio verso la sua famiglia questo che egli usa, ed un saggio di ingratitudine certamente non aspettato. Se egli è insuscettibile di rendergli i piccoli servigi pe' quali le sorelle ed i fratelli si erano raccomandati, ne passi l'incarico ad altri… ma non continui a fare scioccamente il sordo perché gliene verrà male (25)."

In realtà, un provvedimento in tal senso era stato già preso in precedenza dal padre Gregorio come si evince da una accorata lettera di Melchiorre, inviata da Napoli il 22 luglio 1843 alla madre Marina dove tra l'altro scrive "…sembrami impossibile come Papà abbia potuto fare questa cosa [sospensione di mesata]; giacchè sono molti giorni che sto senza prendere neppure u grano di caffè…continuando…sarò ridotto, o a fare un debito, o pure a vendermi il mio violino; cosa che più facilmente farò se non mi mandate qualche cosa, ed al più presto possibile; ve ne supplico… Sono stato ardito dirvi queste cose, ma a voi solo; dappoichè sapendo che Papà trovasi a Montesilvano potrete avere questa mia senza sua saputa, e mandarmi così anche qualche cosetta".

Non desta meraviglia, a questo punto, la lettera che Melchiorre invia da Teramo al fratello Troiano il 6 settembre 1844 nella quale, informandolo del disastroso viaggio fatto, scrive "…Ti prego di fare le mie parti col Sig. D. Giovanni il quale mi perdonerà se non ancora ho adempito al mio dovere, ma nella ventura posta spero di poter scrivere sia a lui che D. Checchina alla quale dirai… che non l'ho potuta servire riguardo alla somma che gentilmente m'improntò pel mio viaggio, ma subito che ritornerà papà non dimenticherò di parlargliene. Intanto se vedi zio Giovannino (26) gli dirai che in questa posta è stato impossibile lo scrivergli ma che non trascurerò di farlo… P. S. ti raccomando di pulirmi qualche volta il pianoforte scoprendolo interamente (27)."

Non è sempre facile regolare un talento artistico!

 

Per gratitudine ed affetto Teramo 8 maggio 1856

 

Onorate il chiarissimo cittadino

Melchiorre De Filippis Delfico

che per lo altrui soccorso

presta l'opera sua.

Onorate la virtù

di Melchiorre De Filippis Delfico

che non isdegna

calcare le patrie scene

onde bene altri n'avesse.

Onorate

Melchiorre De Filippis Delfico

chè con melodioso canto

rapisce gli animi

lenisce l'altrui dolore.

L'atto magnanimo

di Melchiorre De Filippis Delfico

pone ne suoi concittadini

eterna memoria.

                                              Pietro Corradi

 

Degli avi illustri

La tradizionale filantropia

Melchiorre De Filippis Delfico

Smentita non volle.

                                                Carlo Campana

 

Al degno erede del nome e del genio

Del Gran Melchiorre Delfico

Chè alla sventura del valente Tenore

Don Eugenio Concordia

Ispirato da filantropico sentimento

La parte improvvisava di Manrico

Nell'opera del Trovatore

I concittadini estatici

Verso chi accresce tanta gloria al nome teramano

Questa corona di eletti fiori

Nella sera del 10 maggio 1856

Plaudenti offrivano.

                                                     Andrea Palombieri

_______________

(1) Archivio di Stato di Teramo d'ora in poi A.S. Te, Polizia Borbonica, b. 291, f. 19. Per la pubblicazione dei versi, la cui trascrizione è riportata in appendice, occorreva l'autorizzazione dell'autorità religiosa, dell'Intendente e della persona a cui erano dedicati. Infatti, alla frase "se ne permette la stampa" seguono le firme del revisore Canonico Bonviveri, del Vicario aprutino Arcidiacono Piercecchi, del Segretario generale d'Intendenza Moscati ed infine la firma del musicista seguita da "Accetto la presente composizione" e "Gradisco la presente Epigrafe".

(2) La ricerca è stata particolarmente approfondita in occasione, soprattutto, della pubblicazione sull'attività del teatro Corradi, vedi L. D'Annunzio, Il Teatro Corradi, in Notizie dalla Delfico, A. XVII - 2003, nn. 1-3.

(3) A.S.Te, Polizia Borbonica, b. 632, f. 2.

(4) A.S.Te, Ibidem, b. 263, f. 15.

(5) La presenza a Teramo di Melchiorre De Filippis Delfico è dovuta, inoltre, al matrimonio della sorella Margherita, celebrato il 29 maggio 1856. Per questo evento, sempre nel fondo Polizia Borbonica, b. 291, f. 19, si trova una composizione di A. Nardi dal titolo "La perla teramana" da autorizzarsi per la stampa, che Francesca Michitelli  - Valentini "Nel giorno lietissimo in cui la nobile ed egregia teramana Signora D. Margherita De Filippis – Delfico giurava fede di Sposa all'ottimo e gentile aquilano Signore Don Michele Iacobucci" quale "attestato di amicizia e congratulazione sincera esultante offriva".

(6) A.S.Te, Ibidem, b. 263, f. 15.

(7) Biblioteca Provinciale "M. Delfico"Teramo, B.A.-G- III- 8/2. In realtà l'Agostinoni riporta l'episodio come se si fosse verificato nel 1877 quando, a Teramo, fu data l'opera del Delfico Il Parafulmine.

(8) I documenti sono stati gentilmente concessi, con permesso di pubblicazione, dagli eredi De Filippis Delfico ai quali esprimo sentiti ringraziamenti.

Nella lettera, inoltre, Melchiorre dà notizia del pubblico "imponente" presente alla prima del Don Pasquale data a Napoli nel teatro privato del Sig. de la Field, "…oltre al Re di Baviera e suo seguito, vi erano tutti i nostri Principi Reali e Principesse. Il Nunzio Apostolico e tutti gli Ambasciatori stranieri; oltre poi le principali dame napoletane, e tutta la primissima nobiltà. Vi assicuro che ci à voluto un po' di faccia tosta per cantare dinnanzi a questi Signori…Vi accerto che io ne sono soddisfattissimo… e molto lusingato dalle lodi che ò ricevute dai maestri, da' professori d'orchestra, ed in particolare da Mercadante, il quale mi ha colmato di lodi…che veramente lusingano troppo il mio amor proprio…".

(9) A.S.Te, Intendenza Borbonica, b. 245/c, f. 356

(10) Archivio Storico Comunale Teramo, b. 82, f. 15, div. III, sez. I. Lo stesso invito era stato rivolto all'altro musicista teramano Luigi Badia (Teramo 1819-Milano 1899) che, per impegni assunti con il Teatro Regio di Torino, è costretto a rinunciare. Il fascicolo contiene tutta la corrispondenza con cantanti, musicisti, artisti, direttori di bande, maestranze e la relativa contabilità per la realizzazione della festa.

(11) Archivio Storico Comunale Teramo, b. 82, f. 15, div. III, sez. I. Il sindaco De Albentiis conferma l'incarico al Bolognese al quale saranno corrisposti 40 ducati, mentre la composizione del Delfico sarà gratuita, gli saranno però pagati 33,20 ducati d'argento per la copiatura e raddoppi delle parti di canto e d'orchestra dell'Oratorio, per riduzione della banda, per la carta da musica.

(12) Biblioteca Provinciale "M. Delfico" Teramo, B.A.-G-III-8/2-5, Barac, Azione Sacra, scritta da Domenico Bolognese e posta in musica da Melchiorre De Filippis Delfico…, Teramo, Tipografia Quintino Scalpelli, 1856.

(13) Poeta e sacerdote (1771-1856), coltivò la letteratura e le belle arti tra le quali la musica. Fu bibliotecario e censore per le opere teatrali presso il Ministero dell'Interno.

(14) A.S.Te, Polizia Borbonica, b. 477, f. 10.

(15) Nelle caricature autobiografiche, la cui visione mi è stata gentilmente permessa dagli eredi De Filippis Delfico, Melchiorre, illustra con semplici ma efficaci pennellate i suoi primi passi nello studio della musica. Nella tavola datata 1832 "e poi dicono che non studio?..." è alle prese con le esercitazioni di solfeggio, in quella del 1833 è seduto al pianoforte, affiancato dal maestro in atteggiamento di dargli uno "scoppolone" e nella successiva del 1834 con "difficoltà da superarsi" abbraccia un violino, sempre affiancato da un maestro.

(16) A.S.Te, Intendenza Borbonica, b. 52/b, f. 21.

(17) A.S.Te, Archivio Delfico, b. 13, f. 158/c. La lettera non è datata, considerando però che l'opera di Saverio Mercadante è rappresentata per la prima volta al Teatro alla Scala di Milano l'11 marzo 1837,è da considerarsi successiva a questa data.

(18) C. Savastano, Gennaro Della Monica, 1836-1917, Edigrafital, Teramo, 2004, pag. 20 e 51.

(19) A.S.Te, Intendenza Francese, b. 95, f. 2259. Per interessamento del Ministro dell'Interno Zurlo, che aveva individuato nella persona di Muzio Muzii neodiplomato maestro di pittura a Napoli, il soggetto idoneo a dirigere una scuola di disegno, il 17 maggio 1811 fu inaugurata a Teramo la Scuola comunale di Disegno, con sede nell'ex convento di S. Domenico.

(20) P. De Virgiliis, Varietà, n. IV, Belle Arti, in Giornale Abruzzese di Scienze Lettere e Arti, vol. 10, a. 4, Napoli, 1839.

(21) F. Seller, Musicisti teramani a Napoli nell'Ottocento. Formazione e produzione. in Musica e Società a Teramo, Andromeda Editrice, Teramo, 1999.

(22) A.S.Te, Archivio Delfico, b. 12, f. 154, nn. 6, 7.

(23) A.S.Te, Ibidem, b. 12, f. 154, n. 23.

(24) A.S.Te, Ibidem, b. 12, f. 154, n. 25.

(25) A.S.Te, Ibidem, b. 12, f. 154, nn. 26, 30.

(26) Il riferimento è a Giovanni Genovese, nato dal secondo matrimonio di Aurora Cicconi, vedova di Troiano De Filippis e nonna paterna di Melchiorre, col barone Michele Genovese. Appassionato melomane e cantante, amico di Giuseppe Verdi, esegue spesso concerti con il nipote nei salotti dei nobili napoletani.

(27) A.S.Te, Archivio Delfico, b. 12, f. 154, n. 18.

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Ringrazio il dott. Fausto Eugeni e la dott.ssa Lina Ranalli per le importanti ed utili indicazioni.